La pubblicità

Informazione, persuasione o segnalazione?

 

In economia la strategia di comunicazione è strettamente legata alla natura del bene che si intende veicolare. Esistono tre tipologie di beni:

  • di ricerca”: beni le cui caratteristiche possono essere accertate dal consumatore prima dell’acquisto. Ne sono un esempio gli articoli per la casa, dalle vettovaglie fino alla biancheria, dove i sensi di vista e tatto, in particolare, possono predeterminarne l’accertamento e di conseguenza l’acquisto;
  • d’esperienza”: beni per i quali le caratteristiche possono essere accertate solo all’atto dell’acquisto. Un buon esempio può essere tratto dal mercato degli arredi e degli imbottiti, per il quale la verifica delle caratteristiche declamate del prodotto passa dal momento della consegna e della quotidianità domestica. 
  • di fiducia”: per questa tipologia di beni le caratteristiche non possono essere accertate nemmeno dopo il loro consumo od acquisto. Ne fanno parte gli immobili fino allo stadio avanzato, che considera anche le finiture quali pavimenti e rivestimenti, ed alcuni articoli dell’impiantistica, sia elettrica che termoidraulica. Per queste categorie merceologiche il cliente può determinare la bontà dell’opera solo con il passare del tempo ed in base alle proprie aspettative pregresse, giacchè le caratteristiche di tali beni promosse in fase commerciale rimangono difficilmente quantificabili in senso oggettivo.

 

A seconda della tipologia del bene, da parte del consumatore finale cambiano radicalmente le dinamiche di percezione del prodotto, del suo prezzo e delle logiche che conducono o meno al suo acquisto. Per tale motivo è indispensabile per le aziende di produzione concentrare le proprie indagini esplorative anzitutto sul bene che intendono immettere o mantenere sul mercato, in seconda battuta sulla natura del messaggio di comunicazione di cui si dovranno avvalere, data l’importante variazione di costo tra pubblicità classica o tabellare Above The Line rispetto alla pianificazione Below The Line (si veda l’articolo “Introduzione alla comunicazione”).

 

Una prima identificazione della linea di comunicazione da ipotizzare è riconducibile alla distinzione tra informazione e segnalazione:

  • la pubblicità informativa descrive l’esistenza del prodotto, le sue caratteristiche e le condizioni di vendita;
  • la pubblicità persuasiva, invece, si propone come obiettivo l’alterazione delle preferenze del consumatore.

La terza tipologia pubblicitaria è caratterizzata da messaggi impliciti:

  • nella segnalazione, infatti, la quantità di messaggi pubblicitari è più importante del contenuti dei messaggi stessi. Non vengono veicolate informazioni specifiche del prodotto, tuttavia possono essere trasmesse in senso indiretto. Il messaggio realmente percepito dall’utente è quindi: “Stiamo spendendo molti soldi per informarvi che stiamo facendo pubblicità!”.

Unendo le classificazioni suddette di beni con la frammentazione delle tre tipologie pubblicitarie, un esempio che permette di comprendere appieno le logiche potrebbe riguardare i beni di esperienza:

  • nel tempo T1 (tempo attuale, presente) un certo numero di nuove varietà di uno stesso genere di prodotto viene lanciato sul mercato. In questo momento i consumatori potenziali sanno che alcuni beni saranno di buona qualità, mentre altri di bassa qualità. Per le scelte di consumo serve quindi una verifica;
  • se un’azienda vende già nel tempo T1, allora la sua qualità sarà nota ai consumers già al tempo T2 (futuro prossimo);
  • in caso contrario regnerà incertezza da parte del target, con conseguente leva al ribasso sul consumo di quel marchio.

 

Nella percezione del consumatore tipo, campagne pubblicitarie pressanti e molto costose determinano l’idea che prodotti di alta qualità si permettono un’alta pressione pubblicitaria (e quindi un alta spesa), mentre prodotti di bassa qualità, che nell’immaginario collettivo dovrebbero peraltro disporre di margini unitari più alti, un’altrettanto bassa spesa in comunicazione.

Il meccanismo psicologico è incentrato sul pensiero che le aziende che vendono prodotti di alta qualità guadagnano dall’indurre i consumatori a provare i loro prodotti poiché pronte alla verifica dell’esperienza post acquisto del bene, mentre per i prodotti di bassa qualità la pubblicità rimane bassa perché non supererebbero il verdetto nell’esperienza diretta dell’acquirente.

 

La conclusione è pertanto che il vantaggio informativo indiretto della pubblicità può essere maggiore del suo costo. Tale considerazione giustifica uno dei punti chiave esaminato nell’articolo “Aspetti fisiologici l’edilizia” sulle dinamiche del Ciclo di vita del settore.

 

Per ulteriori approfondimenti:

“Economia industriale”, di Luis Cabral – Edizioni: Carocci

 

 

 

Fare comunicazione

Comunicare significa letteralmente “mettere in comune” messaggi che esprimono intenzioni, sensazioni, pensieri, sentimenti ed informazioni.

La prima istanza della comunicazione è che esista un emittente ed un destinatario del messaggio, che attivano tra loro una relazione. In questa accezione le “pubbliche relazioni” sono tutte quelle attività che consapevolmente vengono realizzate da un’organizzazione per entrare o rimanere in sinergia con i suoi pubblici influenti.

L’attività di comunicazione, dunque, deve essere consapevole e programmata, trasparente e corretta. Sono ormai tantissimi gli strumenti di comunicazione a disposizione di un’azienda.

 

Una suddivisione logica, utilizzata fino a poco tempo fa, divideva gli strumenti di comunicazione in due grandi categorie, suddivise da una linea: Above The Line e Below The Line.

Sopra la linea (Above the line), le azioni che abbisognano delle operazioni di addizione e sottrazione tra le entrate e le voci di spesa, il profitto lordo che è il risultato dell’attività operativa.

Sotto la linea (Below the line) solitamente vengono poste le spese di bassa entità con scarsa incidenza sul conto economico, le quali possono dunque essere aggiunte in un secondo momento pur non essendo state messe in preventivo.

La attuale necessità delle aziende di integrare piani di azione Above e Below the line ha generato un terzo neologismo, il cosiddetto “Through the line”, che sintetizza tutte le azioni di comunicazione in un “Piano editoriale”, il quale modula i contenuti (“Content strategy”) a seconda degli strumenti e canali adottati, secondo le strategie più opportune a seconda del medium e dei relativi contenuti che vi si vogliono mediare.

 

Il che NON significa dunque spalmare il medesimo argomento lungo tutti i canali di comunicazione a disposizione!

Redigere un piano editoriale significa anzitutto avere svolto analisi aziendale, tenendo presente mission e vision dell’azienda committente, aver inteso correttamente i piani di marketing mix e strategico PRIMA della pianificazione della comunicazione.

 

In seconda battuta la redazione del piano editoriale esige una buona conoscenza di tutti gli strumenti di comunicazione, dei loro utenti e delle modalità di relazione che ognuno di essi attiva. Delle tempistiche impiegate per il loro aggiornamento, dello stile di comunicazione che ognuno prevede, della forma mentis con la quale i messaggi vengono interpretati a seconda della forma di meta comunicazione impiegata, quale semantica, semiotica e linguistica.

Ognuno di questi canali di comunicazione pertanto dovrà essere vagliato scrupolosamente in termini di targettizzazione, velocità, misurabilità, acquisizione di contatti.

 

A tal fine un buon piano editoriale deve prevedere un numero adeguato di strumenti di comunicazione, quantificati e determinati a seconda dei contenuti e delle reali esigenze dell’impresa, favorendone inoltre la cosiddetta “immagine coordinata” sia off che on line.

Di contro all’azienda va ricordato che ogni campagna di comunicazione  incrocia non solo chi è interessato in quel preciso istante all’offerta, bensì soprattutto chi al momento non ha tale esigenza. Per tale motivo un intervento di comunicazione efficace prevede un investimento costante con la finalità di catturare anche l’attenzione di consumatori potenziali anziché, fattore purtroppo assai comune, il mero consumatore reale, che andrà invece fidelizzato.

 

Ulteriori approfondimenti:

nell’immagine di copertina l’agenzia pubblicitaria brasiliana Moma ha creato questi poster dei principali social network di oggi, come sarebbero stati pubblicizzati negli anni ’60 e ’70.   https://momapropaganda.com.br

Emozioni condivise.

Fiducia e condivisione: due aspetti di fondamentali per la gestione del content marketing.

Gli stessi algoritmi dei principali motori di ricerca invitano alla pubblicazione di contenuti altamente condivisibili, contraddistinti da utilità, qualità ed interesse, nonché dal loro grado di emozionalità.

Queste le “regole” per permanere attivamente nel web.

Come definire quindi tali contenuti, soprattutto a scopo pubblicitario ed aziendale?

Anzitutto definendo l’emozione primaria più prossima ai valori che guidano l’identità dell’impresa.

Successivamente gestendo in modo appropriato e frequente le interazioni:

numerose ricerche hanno evidenziato come a determinati contenuti corrispondano dei pattern emozionali, che dipendono dagli argomenti e dalle parole utilizzate.

E’ certo, inoltre, che i partner di conversazione possano influenzare le emozioni e gli argomenti degli altri, soprattutto in considerazione che ad ogni emozione è connesso un vocabolario di riferimento che scatena una o più azioni a seconda del gergo utilizzato.

Ne consegue un approfondimento delle emozioni secondarie: esse sono complesse e hanno bisogno di più elementi esterni o pensieri eterogenei per essere attivate.

Esse si definiscono in:

  • allegria, sentimento di piena e viva soddisfazione dell’animo;
  • speranza, tendenza a ritenere che fenomeni o eventi siano gestibili e controllabili e quindi indirizzabili verso esiti sperati come migliori;
  • perdono, sostituzione delle emozioni negative che seguono un’offesa percepita (es. rabbia, paura) con delle emozioni positive (es. empatia, compassione).
  • Gelosia, stato emotivo che deriva dalla paura di perdere qualcosa che appartiene già al soggetto;
  • invidia, stato emozionale in cui un soggetto sente un forte desiderio di avere ciò che l’altro possiede;
  • offesa, danno morale che si arreca a una persona con atti o con parole;
  • vergogna, reazione emotiva che si prova in conseguenza alla trasgressione di regole sociali.
  • Rimorso, stato di pena o turbamento psicologico sperimentato da chi ritiene di aver tenuto comportamenti o azioni contrari al proprio codice morale;
  • ansia, reazione emotiva dovuta al prefigurarsi di un pericolo ipotetico, futuro e distante;
  • nostalgia, stato di malessere causato da un acuto desiderio di un luogo lontano, di una cosa o di una persona assente o perduta, di una situazione finita che si vorrebbe rivivere;
  • rassegnazione, disposizione d’animo di chi accetta pazientemente un dolore, una sfortuna;
  • delusione, stato d’animo di tristezza provocato dalla constatazione che le aspettative, le speranze coltivate non hanno riscontro nella realtà.

Lo psicologo R. Plutchik arriva quindi a ipotizzare le relazioni fra emozioni rappresentandole con un modello strutturale tridimensionale a forma di cono: 

  • la dimensione verticale rappresenta l’intensità delle emozioni
  • la circonferenza definisce il grado di somiglianza fra emozioni
  • la polarità è rappresentata dalle emozioni opposte nel cerchio.

Il collegamento delle emozioni tra loro si può stabilire sulla base di tre caratteristiche: 

intensità, somiglianza e polarità. 

Uno dei suoi postulati include anche l’idea che alcune emozioni siano primarie e altre siano derivate o miste, nello stesso senso in cui esistono colori primari e colori misti.

Plutchik scrive:“(…) Per molte parole nel lessico delle emozioni, in genere è possibile trovare altre parole che suggeriscono una versione più intensa o più debole di quell’emozione. (…) la maggior parte delle emozioni si collocano in punti diversi lungo dimensioni implicite d’intensità”.

Un secondo punto da sottolineare è che le emozioni variano nella somiglianza reciproca. 

Questa caratteristica è chiaramente evidente nel caso di sinonimi quali paura e spavento (che possono semplicemente riflettere punti vicini lungo la dimensione dell’intensità), ma vale anche per le dimensioni principali. La dimensione di rabbia, per esempio, è più simile alla dimensione di disgusto (antipatia, disprezzo) che alla dimensione di gioia (allegria, entusiasmo). 

In generale, si presume che gli stati emozionali siano sensazioni suscitate da modificazioni immediate di una situazione (per esempio, vincere a una lotteria, essere minacciati, perdere il lavoro), o da modificazioni fisiologiche temporanee (per esempio, avere molta fame, avere un gran mal di testa, farsi massaggiare). 

Una recente ricerca americana (Liu et al., 2017), condotta su 181 studenti universitari tra i 18 e 20 anni, conferma come la pubblicazione di aggiornamenti, tweet e hashtag sui propri profili siano collegati allo stato emotivo del momento

Un’altra ricerca, stavolta condotta da M. Guerini e J. Staiano, ha indagato il rapporto fra la viralità e le emozioni

I risultati sembrano aver accertato che le persone hanno le stesse probabilità di commentare o votare un post a prescindere dall’emozione positiva o negativa che questo può suscitare. 

L’ipotesi è che ciascuna emozione abbia una valenza, sia essa positiva o negativa, un livello di eccitazione, che è elevato per emozioni come la rabbia o basso per emozioni come la tristezza, e dominanza, ovvero il livello di controllo che una persona ha su questa emozione. 

Da una parte si trovano emozioni travolgenti quali la paura, mentre dall’altra abbiamo emozioni che le persone possono scegliere di provare, quali l’ispirazione.  

Guerini e Staiano spiegano che:

  • i post tendono a generare più commenti quando sono associati ad emozioni di eccitazione (quali felicità o rabbia) ed emozioni di impotenza (quali paura e tristezza); 
  • al contrario, le valutazioni sullo stato emotivo trasmesso da un articolo sono più frequenti quando il contenuto è associato ad emozioni che i lettori sentono di poter controllare maggiormente. 

In ultimo, i fondamenti della condivisione, obiettivo del content marketing, si possono così sintetizzare:

  • alla base della condivisione ci sono le emozioni primarie (gioia, fiducia, paura, sorpresa, tristezza, attesa, rabbia e disgusto);
  • per stimolare la condivisione è preferibile utilizzare i termini connessi alle emozioni che si vogliono comunicare (nel titolo, nel corpo del testo, nel copy per la condivisione) e un visual affine;
  • i contenuti positivi solitamente hanno un maggiore grado di influenza sugli altri, pertanto si prestano maggiormente alla condivisione e meno al commento;
  • le persone condividono contenuti utili per rimarcare la propria intelligenza;
  • le persone condividono contenuti interessanti per stringere o rafforzare i propri legami sociali.

Per ulteriori approfondimenti:

Plutchik, R. (2002). Emotions and Life: Perspectives from Psychology, Biology, and and Evolution. Editore Amer Psychological Assn 

Plutchik, R. (1995). Psicologia e biologia delle emozioni. Editore Bollati Boringheri. 

Valori in vetrina

L’avvento dei mass media ed in particolare l’ultimo trentennio ha decretato un excursus dei valori della nostra società facilmente riscontrabile nelle pubblicità natalizie di casa nostra.

Se negli anni ’60 e ’70 gli spot inneggiavano al contesto locale, ai rapporti solidali dei piccoli borghi come Motta nel 1975 ed alla nobiltà d’animo come la bontà, nell’esempio del Panettone Alemagna, già negli anni ’80   entrarono sulla scena internazionale valori ritenuti condivisi a livello globale, per lo meno condivisi nei Paesi industrializzati e caratterizzati da potere d’acquisto.

Note aziende dolciarie italiane svilupparono le proprie campagne pubblicitarie su valori via via sempre più individuali: Melegattiregala la fortuna” a pochi eletti, Bistefani di contro “regala la qualità” dei propri prodotti.

E mentre Bauli e Paluani si concentrano sul “Natale dei bambini”, i Baci Perugina vengono destinati solo a chi è stato buono, perché “un bacio è qualcosa di più”.  In questo contesto di destrutturazione dei valori sociali, Coca Cola lancia ancora l’ormai conclamato spot che ne determinò in modo indissolubile il legame col Natale.

La pubblicità qui sponsorizza uno dei valori chiave del brand: il piacere di stare insieme, di festeggiare con amici e parenti. La Coca Cola non è più una bibita, bensì il simbolo di festa e di comunione.

Dopo il 2010 il mondo dell’advertising delle ricorrenze lega gli stessi prodotti a costrutti indennitari molto diversi  da quelli storici: la stessa Coca Cola che inneggiava al “cantare insieme… in magica armonia” ora esorta a fare il regalo solo a “chi rende speciale il tuo Natale”. La vigilia di Natale di Bauli nel 2015 è stata lavorativa fino a tarda sera: al rientro a casa dall’ufficio una famiglia dai contorni non troppo definiti accoglie in soggiorno il povero lavoratore. Mulino Bianco chiede orami da anni a Babbo Natale la propria lista dei desideri, invertendo le posizioni, con la differenza che se nel solo 2002 è un bimbo, fresco di sana ingenuità a scrivere al barbuto,  mentre già nel 2013 si trova il single Banderas con la fidata gallina Rosita nel noto mulino, intenti nella scelta di tre ridotti biscotti da lasciare in dono. La solitudine di Babbo Natale, solitamente giustificata dalla grande mole di letterine piovute innanzi al caminetto e dai preparativi dei pacchi natalizi, sembra essere diventata la nostra solitudine, nell’attesa che dal camino sopraggiunga il pensiero di qualcuno che ci abbia giudicati speciali.

In tutto questo contesto si possono leggere i connotati dell’era globale più recente, determinata da crisi economica, di lavoro e di legami familiari sempre più esili.  Il ritorno a valori più tradizionali e connaturati alle identità locali potrebbe portare ad un cambiamento favorevole non già alla definizione di “potere d’acquisto” come intimato dalle grandi multinazionali, bensì al ritorno del concetto di “valore aggiunto”, stavolta dell’individuo nella propria collettività anziché del prodotto/servizio offerto.

 

Queste ed altre riflessioni ai seguenti link: