La scelta dell’emozione

Il tema centrale più attuale che plasma i grandi obiettivi del marketing ed i risultati sottesi alla strategia aziendale è connaturato nell’esplorazione delle emozioni che l’azienda vuole, deve, comunicare. 

Il marketing emozionale, come già detto, gioca un ruolo sempre più rilevante nel panorama commerciale odierno: senza di esse l’uomo non sarebbe più in grado di decidere, quindi di agire.

Nelle scelte di consumo il sistema emotivo, automatico e inconscio, risulta molto più celere del  sistema razionale, controllato e conscio. 

I marketer più aggiornati si servono di inneschi emotivi nelle loro campagne: il cardine risiede nei valori che l’impresa decide di perseguire, nella mission e nella vision aziendale e nelle identità o modalità d’uso delle linee di prodotti e servizi erogate.

Le emozioni sono il punto di partenza per la creazione o la gestione di un marchio, che sappia generare maggiore empatia con i consumatori. Se l’emozione è positiva, si trasformerà in una sensazione piacevole, portando la persona ad avere forti associazioni con il marchio, che lo farà durare nel tempo e ci permetterà di raggiungere la tanto attesa fedeltà del cliente.

Solo successivamente all’identificazione del marchio, le emozioni devono essere analizzare e sintetizzate con coerenza nel marketing mix e nelle fasi di comunicazione dell’azienda: dalla pubblicità, nei punti vendita, nei processi dei centri di assistenza al cliente, dall’uso del prodotto e dalle risorse umane che si interfacciano a nome dell’impresa verso il proprio mercato di riferimento. 

Di fatto, esistono ancora molteplici definizioni del termine emozione che comportano un certo grado di accordo e di disaccordo tra gli autori; una delle teorie maggiormente utilizzate, sebbene non troppo recente, è estrapolata da R. Plutchik, creatore della “ruota delle emozioni”.

Il suo saggio rimane per ora la rassegna più dettagliata delle ricerche neurobiologiche sulle emozioni:  

L’emozione è un insieme complesso di interazioni tra fattori soggettivi e oggettivi, mediate da sistemi neurali/ormonali, che possono

  • dare origine a esperienze affettive come sensazioni di attivazione e di piacere/dispiacere; 
  • generare processi cognitivi come effetti percettivi emotivamente rilevanti, valutazioni, processi di etichettamento; 
  • attivare aggiustamenti fisiologici di vasta portata alle condizioni elicitanti; 
  • portare a un comportamento che è spesso, ma non sempre, espressivo, finalizzato e adattativo.

Nella sua ruota, Plutchik compone otto emozioni primarie, cioè quelle innate e presenti in ogni popolazione, ed otto emozioni secondarie, originate dalle primarie ma derivate dall’interazione sociale e dalla cultura di appartenenza. Ciascuna di esse è associata ad un colore, che rappresenta la sua intensità, identificando dapprima le emozioni primarie per poi spiegare le emozioni miste od i miscugli di emozioni che derivano da esse. 

In questo articolo verranno anzitutto approfondite le emozioni primarie, che in anni più recenti (2008), P. Ekman, psicologo americano, definì così:

  • rabbia, generata dalla frustrazione che si può manifestare talvolta anche attraverso l’aggressività;
  • paura, emozione dominata dall’istinto che ha come obiettivo la sopravvivenza del soggetto ad una situazione pericolosa;
  • tristezza, si origina a seguito di una perdita o da uno scopo non raggiunto. 

Questo primo insieme di emozioni primarie vengono spesso utilizzate nelle campagne che  promettono ai clienti che un prodotto/servizio specifico permetterà di evitare o superare la situazione che temono. 

I nordamericani parlano spesso di Fear of Missing Out (FOMO): è la paura di perdersi qualcosa, rimanere fuori dal giro. I marketer fanno leva su questa sensazione per indurre gli utenti all’acquisto. 

Per esempio menzionando un’offerta che scadrà presto o sottolineando i benefici esclusivi di cui godono gli iscritti a un certo programma fedeltà. 

Lo stesso meccanismo viene spesso ripreso in un’emozione secondaria, quale il senso di colpa, quando il prodotto o servizio offerto può alleviare il problema sul quale l’utente si è concentrato. Un esempio sono le campagne promozionali per il dimagrimento.

  • Gioia, stato d’animo positivo di chi ritiene soddisfatti tutti i propri desideri;
  • sorpresa, si origina da un evento inaspettato, seguito da paura o gioia. 

Questo secondo insieme genera stati d’animo positivi, dai quali perviene una miscellanea generante la fiducia, sentimento vitale e fondamentale per qualsiasi relazione a lungo termine. 

Un marcato esempio di facile interpretazione si rileva nei servizi che garantiscono modalità di pagamento e di spedizione sicure e tempestive, oppure nella ripresa di recensioni positive e di altre testimonianze sulla bontà del prodotto acquistato. 

Per generare fiducia, trasparenza e chiarezza sono elementi essenziali per tutte le comunicazioni e le attività promozionali. Tuttavia i valori sono soggettivi e sono alla base delle nostre priorità e delle nostre scelte. 

Un cliente motivato all’acquisto dovrà pensare che sta facendo un affare, ovvero vorrà percepire un valore. Le promo “paghi due prendi tre” o le pratiche di rimborso si propongono di garantire un valore reale al cliente. 

Sospeso tra questo secondo insieme di emozioni ed il prossimo, a seconda dell’uso di concetti significativi espressi nella comunicazione, c’è il senso di appartenenza, sul quale si radica il desiderio di essere parte di una comunità, contraddistinta da valori sociali condivisi. 

A questa tipologia di comportamento corrisponde frequentemente il ricorso al “social media marketing”, ovvero alla creazione ed alla gestione di contenuti e campagne incentrate sui social network che si propongono la condivisione di una visione collettiva tesa a rafforzare la relazione tra clienti e marchio. 

Le aziende coltivano il senso di appartenenza dei clienti facendoli sentire membri di una grande famiglia (gioia) oppure di una cerchia esclusiva (distacco dalle altre cerchie).

Iconografia Riva, esclusiva Sofia Loren
  • Disprezzo, sentimento e atteggiamento di totale mancanza di stima e disdegnato rifiuto verso persone o cose, considerate prive di dignità morale o intellettuale;
  • disgusto, risposta repulsiva caratterizzata da una comunicazione corporale specifica.

Un largo esempio è l’utilizzo della leva della competizione: essa è una sensazione negativa ma che ci motiva perché ci spinge ad agire per raggiungere o superare gli altri. I clienti ricevono la sensazione che ciò che è stato acquistato li renderà migliori dei loro pari.

Un esempio tipico è certamente espresso dai vari prodotti di lusso, ma tale feed back si può adattare a qualsiasi oggetto.

Similmente questo tipo di emozioni viene spesso ripreso anche nella ricerca della propria leadership dall’utente: essa contraddistingue quei consumatori che ricercano l’innovazione e che desiderano provare dei prodotti per primi per poi parlarne esprimere il proprio, immediato, giudizio.

E’ pertanto necessario evidenziare la novità del prodotto; occasionalmente l’azienda propone una sorta di lista d’attesa a cui iscriversi via mail per essere avvisati prima degli altri, o contraddistingue la linea di prodotto anticipatamente al lancio sul mercato quale “limited edition”. 

In una prima analisi, dunque, sarebbe sufficiente iniziare a chiarire a quali valori si ispira il marchio aziendale e definire, pertanto, quale tipo di relazione l’azienda si propone di instaurare e mantenere con il proprio targetgroup. 

Invero, questo tipo di riflessione dovrebbe identificare l’emozione primaria alla quale il “sistema impresa” (di cui il marketing fa parte integrante), si vorrà ispirare in tutte le scelte da compiersi. 

Per ulteriori approfondimenti:

Ekman, P. (2008). Te lo leggo in faccia. Riconoscere le emozioni anche quando sono nascoste. Editore Amrita, collana Scienza e Compassione. 

Rendere felice l’utente

E’ consuetudine pensare al marketing quale disciplina per organizzare le vendite in modo adeguato, richiedendo all’impresa stessa di produrre ciò che può vendere e partendo dalla valutazione dei bisogni, dei desideri, delle attese, delle richieste dei consumatori.

L’inversione della vecchia impostazione commerciale secondo cui l’impresa deve riuscire a vendere tutto ciò che è in grado di fabbricare è stata ormai attuata da tempo.

Tuttavia l’inesorabile evoluzione di internet sta portando la comunicazione a rivedere anche le logiche dei modelli di business associati al marketing strategico, attraverso il “content marketing”.

Questo ha lo scopo di attrarre utenti tramite la creazione e diffusione di contenuti pertinenti

Tali contenuti non devono per forza avere carattere pubblicitario, ma informativo e/o illustrativo. La battaglia dell’attenzione si vince con i contenuti, attraverso i quali raggiungere e stimolare l’interesse di potenziali clienti.

In merito al web marketing, il vecchio ed il nuovo approccio sono riassumibili con due termini:

  • L’Inbound marketing indica una modalità di marketing centrata sull’essere trovati da potenziali clienti (outside-in).

Esso è in contrasto alla modalità tradizionale, detta anche 

  • outbound marketing (inside-out) che è imperniata su un messaggio direzionato unicamente verso il cliente. 

Con l’Inbound si passa dall’Interruption (“interrompere”) al Permission Marketing: l’audience va conquistata fornendo contenuti interessanti e utili per il target di riferimento, non interrotta.

Gli strumenti di cui l’Inbound marketing si avvale sono:

  • il contenuto, fondamento essenziale della strategia, attraverso il content marketing
  • l’analisi SEO (Search Engine Optimization), volta a migliorare e mantenere la visibilità di un sito web sui vari motori di ricerca
  • il SEM, ovvero l’analisi semiologia atta a generare traffico qualificato verso un determinato sito web
  • il Social Media Marketing e l’analisi SMO (simile al SEO ma incentrata sui social network).
Inbound Marketing

I vantaggi dell’inbound marketing possono essere estesi a qualsiasi organizzazione o tipo di azienda che utilizzi il “canale” Internet (sito web in primis) come mezzo di comunicazione con clienti esistenti e potenziali. 

La creazione di campagne di Inbound e la sua gestione sono tutt’altro che semplici, pertanto sarebbe auspicabile un aiuto da parte di agenzie specializzate in tale ambito.

Sinteticamente, ognuna delle quattro fasi si basano su:

  • la capacità di essere trovati su Internet attraverso le parole chiave che potenziali clienti usano per cercare la risoluzione ad un problema in contesti affini al business che l’organizzazione conduce.
  • capire cosa fanno i potenziali clienti una volta arrivati sul sito web: il tempo di permanenza su una pagina, le preferenze in ordine di argomento etc.;
  • individuare con precisione il problema, la soluzione od il prodotto con la maggiore attrazione. Questo punto viene chiamato anche “conversione” (dall’inglese “conversion”), in quanto racconta all’organizzazione in che modo potenziali clienti diventano tali. Da passante “ignaro” a potenziale cliente.
  • il monitorare attraverso report periodici i dati quantistici, ovvero tracciare, misurare ed ottenere una semplice reportistica che fornisca all’organizzazione informazioni utili a comprendere come migliorare il sito web, quali social network sono più efficaci ed efficienti, cosa piace e cosa non si sintonizza con i potenziali clienti, e soprattutto come avviene la conversione da potenziale cliente a cliente vero e proprio. Quali fattori contribuiscono in modo decisivo, cosa deve essere migliorato o abbandonato.

Il successo, ma anche l’insuccesso o, nei casi peggiori, il danno all’immagine di un’azienda derivano anche e soprattutto dall’uso sapiente e consapevole della propria comunicazione e degli strumenti utilizzati nelle relazioni. Internet può essere un facilitatore, un ottimo intermediario se ben utilizzato. Ma le caratteristiche che lo contraddistinguono dagli altri canali di comunicazione, pubblicitaria e non, espongono gli effetti ad un potenziale ed irreversibile algoritmo, quello delle logiche di Google e degli altri motori di ricerca. Internet è quindi necessario, ma non indispensabile: tutto dipende dall’uso mirato e consapevole che ne si intende fare. 

L’Italia in salotto

Al convegno organizzato da Google “Il Made in Italy e la sfida digitale” svoltosi a Roma il 9 ottobre del 2013, il rapporto sinergico tra digitale ed eccellenze italiane è stato interpretato dal caso di Berto Salotti. “Il mondo digitale, nel 2000, era un’opportunità nuova per raccontarci (…) ll web ci ha permesso di collegare la Brianza al resto del mondo, è un canale attraverso il quale rendere disponibili ovunque prodotti fatti a mano e su misura, come se ci fosse un laboratorio artigiano sotto casa di ognuno”.

In questo estrapolato dell’intervista al CEO Filippo Berto, la sintesi di come artigianalità, tradizioni e volti risaltino il radicamento sul territorio dell’azienda brianzola, contemporaneamente alla sua innovazione e rivoluzione digitale. Un chiaro esempio di come l’era digitale possa permettere alle aziende italiane di piccole o medie dimensioni di essere ancora competitive sul mercato estero, se non addirittura “distintive”! Secondo la ricerca Googler-Doxa infatti maturità digitale ed export hanno un impatto diretto anche sul fatturato: le imprese digitalmente avanzate dichiarano in media che il 24% del fatturato derivante dall’export è realizzato proprio attraverso il canale digitale.

Berto infatti prosegue: “Sarebbe un errore concentrarsi su una competizione basata sul prezzo. Oggi le aziende artigiane hanno a disposizione degli strumenti incredibili per distribuire nel mondo e comunicare il valore della manifattura italiana. (…) Noi ci proviamo ogni giorno attraverso nuove idee, nuovi approcci nella produzione e nella distribuzione, nuovi modi di comunicare attraverso lo storytelling, un sito e un blog tradotto in sei lingue”. Nato nel 2004, Bertostory è stato il primo esempio di corporate blog di settore. “Grazie al blog ed ai social network possiamo dialogare con i nostri clienti, mostrare lo stato di avanzamento di una produzione o raccontare “live” progetti. Più che conservare, bisognerebbe “preservare” il saper fare del nostro tessuto produttivo”.

Dall’approfondimento del caso di Berto Salotti, alcune precisazioni in merito alla comunicazione digitale: l’azienda ha un’anima reale, rappresentata dalla sua storia, altrettanto reale e da raccontare. Il suo claim, “La tua tappezzeria sartoriale”, pone saggiamente l’accento sul valore del lavoro artigianale dell’azienda, fatto di facce e di mani, oltre che di un “saper fare” tipico del nostro territorio, tutto italiano. I valori aziendali vengono espressi in modo chiaro e diretto, perché essi esistono e sono condivisi e “sentiti” da tutto il team, che ad oggi vanta venticinque componenti. Stare nel web non significa spalmare la comunicazione su tutti i social network a disposizione, bensì costruire un percorso contenutistico e scegliere coerentemente con gli argomenti salienti i canali più corretti di espressione.

Per ulteriori approfondimenti:
Berto Salotti

Il grande schermo.

Le ragioni che riguardano la pubblicità al cinema si fondano principalmente sulle motivazioni del suo pubblico.

I report Cinetel in Italia evidenziano che il numero di biglietti staccati al cinema nell’ultimo triennio è in ascesa, confermando anche un aumento degli incassi e del numero di film distribuiti. Il trend vede in particolare un ritorno nelle sale dei giovani tra i 20 e i 34 anni, forte del fascino che la sala è riuscita a riproporre (fonte: Rapporto Giovani di Istituto Toniolo, Fondazione Cariplo e Intesa Sanpaolo). Il cinema ha un ottimo potenziale a livello pubblicitario. 

Trailer de La Dolce Vita, 1960.

Si è più volte trattato l’interesse peculiare di un mezzo pubblicitario per il cosiddetto “target di riferimento” e negli articoli precedenti sono state individuate alcune strategie per rendere uno spot appetibile e/o emozionante, al fine di conquistare l’attenzione del potenziale consumatore.

Il cinema rappresenta il mezzo dal quale tali scelte possono essere pre-determinate: la scelta del film al quale associare una campagna pubblicitaria ed i contenuti che la stessa dovrebbe avere,  riguarda in particolar modo la trama ed i momenti salienti del film, il tipo di emozione che essi  generano ed i valori (la morale) che la pellicola vuole comunicare, valori i quali devono essere coerenti ed in linea con la propria cultura aziendale.

Un facile esempio: 

nel film di animazione “La bella addormentata nel bosco” di Disney del 1959, il principe colpisce mortalmente la strega Malefica al cuore con la sua spada, la quale muore precipitando in un burrone.

In Maleficent, live action del 2014, Malefica, ritrovata la felicità giovanile, fa rifiorire la brughiera e dichiara la giovane Aurora quale nuova regina, incoronandola.

A quale delle due versioni fareste corrispondere la vostra azienda?

In merito ai protagonisti, già nella fase di casting gli attori vengono selezionati non solo per la loro capacità di recitazione, ma anche in base alla personificazione dei vari personaggi, vagliandone le caratteristiche fisiche (quali aspetti fisici ed estetici, storici etc.) sui quali lo spettatore riformula la propria immagine, con le medesime logiche utilizzate nella scelta di un testimonial nella pubblicità in tv. Le neuroscienze infatti hanno approfondito il legame tra i neuroni specchio ed i processi di imitazione ed emulazione, attraverso l’empatia.

In Italia negli ultimi vent’anni il numero di spettatori entrati nelle sale si è raramente scostato dalla soglia dei 100 milioni di biglietti staccati. Solo le uscite dei film di Checco Zalone hanno permesso di vedere numeri in forte crescita, segnale che il pubblico italiano si è ritrovato nella nuova comicità.

Un esempio chiarificatore:

“Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto” è un film del 1974 di Lina Wertmüller, diventato una pellicola di culto, ‘“Perchè (come spiega l’attore protagonista, Giancarlo Giannini) racconta una bellissima esperienza, ovvero di due persone che inizialmente si odiano che si ritrovano a contatto con l’infinito e la natura, con la freschezza della vita (…)”. Il remake del 2002 ad opera del regista Guy Ritchie, ed interpretato da Adriano Giannini nel ruolo che fu del padre, e Madonna, fu invece un flop totale ai botteghini. Sebbene i due attori fossero già noti, la loro immagine non venne correttamente associata alla trama della celeberrima pellicola da parte del pubblico, che vide un’icona dell’anticonformismo sovrapporsi al ruolo di una classica nobildonna e un figlio d’arte incarnare i panni di suo padre.  

Per quanto riguarda il pubblico (ovvero il target di riferimento), è da puntualizzare il fatto che le sale cinematografiche sono localizzate in un dato raggio chilometrico dai principali centri urbani e che durante le proiezioni il pubblico è impossibilitato allo zapping, mantenendo perciò una soglia dell’attenzione molto più alta rispetto ad altri media. 

Tuttavia sul grande schermo sono arrivati, oltre ai film, anche eventi live e molti altri contenuti alternativi, consentendo anche una maggiore differenziazione del prezzo del biglietto e differenziazione del target. La maggior parte delle proiezioni anticipano o seguono i principali trends sociali del momento.

La Grande Bellezza ed il cinema d’essai

Le preferenze per particolari generi cinematografici a parte, vedono i ragazzi fino ai 30 anni preferire gli horror, gli action-movie e i fantasy, apprezzando generalmente la serialità e le storie brevi. 

Il pubblico adulto, invece, è per le pellicole d’essai ed alla ricerca di contenuti storici e sociali.

E’ inoltre possibile distinguere il target in base alla struttura prescelta: il pubblico dei multisala e dei multiplex sceglie queste strutture per l’innovazione tecnologica, i film in cartellone (principalmente blockbuster) e l’offerta di contorno alla sala. Il pubblico delle piccole sale cittadine, più maturo e abituato al cinema di un tempo, predilige i film di qualità e talvolta i cineforum

Per il 2019 l’obiettivo del mercato cinematografico è di allungare la stagione, con buone pellicole anche d’estate: in questa stagione le giornate sono più lunghe ed i bambini non vanno a scuola, quindi c’è più tempo da poter dedicare alla famiglia ed alle attività condivise. 

In conclusione, per ipotizzare il rendimento di una campagna pubblicitaria al cinema ed ottimizzare gli investimenti futuri, è bene ricercare report che permettano di comprendere il numero di ingressi ai cinema selezionati, i film più gettonati (attenzione poi ad analizzare le tematiche descritte in questo articolo), giorni e fasce orarie più seguite.

Per ulteriori approfondimenti:

Gli albori di ciò che fu definito “La Dolce Vita” italiana:

https://saper.altervista.org/quando-indro-montanelli-vide-per-la-prima-volta-la-dolce-vita/