Identità tradizionali

Il periodo natalizio rappresenta da sempre la dicotomia tra il credo cristiano ed i culti affini, ed il business commerciale. Determinarne l’animo più storico risulta difficile: sia nella tradizione folcloristica dei presepi che nella storia del più recente Babbo Natale, si mescolano intenti commerciali più o meno diretti a valori sociali più profondi.

 

L’Italia partenopea porta avanti ancora oggi la tradizione dei presepi: la parola viene dal latino praesepe o praesepium e che vuol dire “mangiatoia“. Il presepe ha origine dalle antiche rappresentazioni sacre del periodo delle feste natalizie, dalla quali san Francesco avrebbe tratto l’idea del presepe, realizzandolo per la prima volta in un bosco presso Greccio, nel Natale del 1223. Solamente alla fine del ‘200 apparvero rappresentazioni artistiche della Natività. La tradizione si estende nei secoli successivi con presepi monumentali in marmo o in legno, realizzati e conservati in chiese dell’Italia centro meridionale dove resterà forte la passione fino a trasformarla in arte pregiata. E’ nella prima metà del 1600 che incomincia a nascere la figura dell’artista che si dedica anche alla creazione di pastori.

Le statuette realizzate dai migliori artigiani arrivarono a costare delle vere fortune.

Storicamente ai presepi si contrappone la tradizione di Santa Claus nei paesi anglofoni: san Nicola, vescovo di Myra (città situata nell’odierna Turchia), di cui la maggior parte delle narrazioni riportano che ritrovò e riportò in vita cinque fanciulli, rapiti ed uccisi da un oste, e che per questo era considerato il Protettore dei bimbi. Alcuni studiosi tendono ad identificare nella figura del dio Saturno (una delle più importanti divinità italiche, patrono dell’agricoltura e dei defunti) una di quelle che ha ispirato il mito di Babbo Natale. Anticamente presso i romani dal 17 al 23 dicembre, in concomitanza con il Solstizio d’Inverno, si svolgeva la festività dei Saturnali, una festività religiosa durante la quale era consuetudine scambiarsi dei doni e intrattenersi in grandi banchetti e feste per celebrare l’abbondanza ricevuta durante l’anno. Successivamente con l’avvento del Cristianesimo la figura del dio Saturno fu sostituita con quella di San Nicola, mentre le usanze eccentriche di questa festività (come il travestirsi e fare scherzi rompendo il comune ordinamento sociale) vennero assorbite dal Carnevale, la cui celebrazione avviene poco prima dell’inizio del periodo della Quaresima che precede le celebrazioni pasquali. il folclore dei popoli germanici narrava che il dio Odino (Wodan) ogni anno tenesse una grande battuta di caccia nel periodo del solstizio invernale, accompagnato dagli altri dei e dai guerrieri caduti.

 

La tradizione germanica arrivò negli Stati Uniti d’America attraverso le colonie olandesi di New Amsterdam, rinominata dagli inglesi in New York, ed è all’origine dell’abitudine moderna di appendere una calza al caminetto per Natale, simile per certi versi a quella diffusa in Italia il 6 gennaio all’arrivo della Befana.

Una parte essenziale nella trasformazione di san Nicola in Babbo Natale spetta a Clement Clarke Moore, il quale nel 1823 scrisse la poesia A Visit from Saint Nicholas nella quale rappresentò il santo di origine anatolica come un elfo rotondetto, con barba bianca, vestiti rossi orlati di pelliccia, alla guida di una slitta trainata da renne e latore di un sacco pieno di giocattoli. Secondo alcuni il vestito rosso di Babbo Natale sarebbe opera della Coca-Cola: originariamente infatti, tale vestito era verde, sarebbe divenuto rosso solo dopo che, negli anni ’30, l’azienda utilizzò Babbo Natale per la sua pubblicità natalizia, e lo vestì in bianco e rosso, come la scritta della sua famosa bibita. Tuttavia Coca-Cola non fu la prima ad usare la figura moderna di Babbo Natale nelle sue pubblicità, ma venne preceduta in questo dalla White Rock Beverages, per la vendita di acqua minerale nel 1915 e per la vendita di ginger ale nel 1923.

Valori in vetrina

L’avvento dei mass media ed in particolare l’ultimo trentennio ha decretato un excursus dei valori della nostra società facilmente riscontrabile nelle pubblicità natalizie di casa nostra.

Se negli anni ’60 e ’70 gli spot inneggiavano al contesto locale, ai rapporti solidali dei piccoli borghi come Motta nel 1975 ed alla nobiltà d’animo come la bontà, nell’esempio del Panettone Alemagna, già negli anni ’80   entrarono sulla scena internazionale valori ritenuti condivisi a livello globale, per lo meno condivisi nei Paesi industrializzati e caratterizzati da potere d’acquisto.

Note aziende dolciarie italiane svilupparono le proprie campagne pubblicitarie su valori via via sempre più individuali: Melegattiregala la fortuna” a pochi eletti, Bistefani di contro “regala la qualità” dei propri prodotti.

E mentre Bauli e Paluani si concentrano sul “Natale dei bambini”, i Baci Perugina vengono destinati solo a chi è stato buono, perché “un bacio è qualcosa di più”.  In questo contesto di destrutturazione dei valori sociali, Coca Cola lancia ancora l’ormai conclamato spot che ne determinò in modo indissolubile il legame col Natale.

La pubblicità qui sponsorizza uno dei valori chiave del brand: il piacere di stare insieme, di festeggiare con amici e parenti. La Coca Cola non è più una bibita, bensì il simbolo di festa e di comunione.

Dopo il 2010 il mondo dell’advertising delle ricorrenze lega gli stessi prodotti a costrutti indennitari molto diversi  da quelli storici: la stessa Coca Cola che inneggiava al “cantare insieme… in magica armonia” ora esorta a fare il regalo solo a “chi rende speciale il tuo Natale”. La vigilia di Natale di Bauli nel 2015 è stata lavorativa fino a tarda sera: al rientro a casa dall’ufficio una famiglia dai contorni non troppo definiti accoglie in soggiorno il povero lavoratore. Mulino Bianco chiede orami da anni a Babbo Natale la propria lista dei desideri, invertendo le posizioni, con la differenza che se nel solo 2002 è un bimbo, fresco di sana ingenuità a scrivere al barbuto,  mentre già nel 2013 si trova il single Banderas con la fidata gallina Rosita nel noto mulino, intenti nella scelta di tre ridotti biscotti da lasciare in dono. La solitudine di Babbo Natale, solitamente giustificata dalla grande mole di letterine piovute innanzi al caminetto e dai preparativi dei pacchi natalizi, sembra essere diventata la nostra solitudine, nell’attesa che dal camino sopraggiunga il pensiero di qualcuno che ci abbia giudicati speciali.

In tutto questo contesto si possono leggere i connotati dell’era globale più recente, determinata da crisi economica, di lavoro e di legami familiari sempre più esili.  Il ritorno a valori più tradizionali e connaturati alle identità locali potrebbe portare ad un cambiamento favorevole non già alla definizione di “potere d’acquisto” come intimato dalle grandi multinazionali, bensì al ritorno del concetto di “valore aggiunto”, stavolta dell’individuo nella propria collettività anziché del prodotto/servizio offerto.

 

Queste ed altre riflessioni ai seguenti link:

Progettare tradizione

Nella cultura italiana ed in particolare del centro sud, la tradizione del Natale è fortemente legata alla progettazione ed all’allestimento del presepio.

Le regole e le tecniche per poterne realizzare uno nel pieno rispetto delle sue origini non è dissimile alla progettazione di una qualunque architettura urbana. E’ consigliabile iniziare da un bozzetto, che dovrà tenere conto della distribuzione delle scene principali secondo criteri noti e dell’illuminazione.

 

La struttura del presepe classico presenta la grotta in primo piano affiancata da pastori in adorazione ed Angeli, quindi il sacro monte con altri pastori accompagnati da greggi ed Angeli in volo che annunciano la buona novella, ed in lontananza il corteo dei Re Magi. Secondo la tradizione vengono figurati i tre episodi narrativi evangelici, la Nascita nella grotta-stalla. Nei secoli scorsi alla scena dell’Annuncio vennero lasciate poche interpretazioni agli architetti presepari, che nelle loro scene avevano solitamente degli angeli che in un alone di luce portano la Novella ai pastori addormentati. La Taverna, invece, fu fonte di creazione di molte variazioni, delegate alla creatività sia gli artisti sia ai committenti. Questo episodio si dovrebbe riferire alla mancata ospitalità alla Sacra Famiglia.

Qui si vanno ad affiancare una serie di episodi spesso d’ispirazione popolare e popolana che fanno da corollario.

 

 

Ci sono poi alcune questioni scenografiche degne di nota da affrontare:

  • la linea d’orizzonte del presepe scenografico deve permettere di collocare il presepe ad un’altezza pari all’altezza della visuale dell’osservatore di modo che lo spettatore possa avere l’impressione di far parte della scena e del paesaggio;
  • il punto di fuga in un presepe deve essere posto ad una distanza dal punto di osservazione pari al doppio della profondità del presepio che vogliamo costruire. Per dare maggiore profondità conviene sempre creare delle quinte che spezzano la scena e diminuire i volumi delle costruzioni e dellgli oggetti,ovviamente anche delle statue ed i colori andranno ad attenuarsi, diventando più spenti e cupi;
  • sarà poi necessario individuare eventuali elementi paesaggistici, quali montagne, muri e declivi del terreno, avendo cura di evidenziarne topograficamente le salienze nella planimetria.

 

L’elemento chiave di un bel presepe casalingo, di fatto, rimane la partecipazione: il vero protagonista è Gesù bambino, pertanto la chiave di lettura più ingenua e pura sarà sempre il momento in cui i bambini potranno partecipare alla sua costruzione ed alla comprensione della storia narrata dalla Bibbia e della tradizione del  presepio.


Per ulteriori approfondimenti tecnici:

https://www.dioramapresepe.com/tecniche-come-fare-un-presepe-e-bozzetti/

Minimalismo culturale

La cartolina augurale di Prossemica di quest’anno è di ispirazione minimalista.

Non ci sono segni allegorici propri del Natale riferiti alla tradizione del presepio o del Babbo vestito di rosso:

la scelta è voluta e si riferisce al quesito di quale sia realmente la percezione di queste festività del nostro Paese.

Nell’articolo di marketing sono state approfondite le origini storiche delle due principali tradizioni natalizie.

L’Italia parrebbe divisa a metà: al centro sud l’allestimento del presepe rappresenta un momento centrale della preparazione al Natale, mentre più a nord, variandone il nome di regione in regione, l’arrivo della festività è demandato a Sant’Ambrogio, patrono di Milano, che assume tratti celebrativi similari al San Nicolas da cui è derivato il più recente Santa Claus, quest’ultimo festeggiato ancora oggi nelle zone del Trentino Alto Adige, per concludere con il comune Babbo Natale altrove.

 

 

Ci siamo quindi posti l’interrogativo di quale sia la prossima dimensione più intima dell’Avvento in Italia, tutta,  provando a depurarne il significato dagli esiti commerciali a cui ormai ci siamo abituati.

Da queste considerazioni la scelta è ricaduta su una grafica minimal, che costituirà la base per gli anni venturi e che verrà determinata e ridefinita dalle osservazioni dei principali fatti che stanno determinando la nostra coscienza sociale e nazionale, per ridefinire un’identità ormai persa nei “valori” globali delle grandi multinazionali.  Non a caso, nei principali motori di ricerca le immagini riferite all’Avvento riportano le candele, l’analisi del Natale ricade sul colore rosso e in tutte le definizioni del noto Babbo e dell’albero addobbato, mentre il presepe propone scatti fotografici della maestria degli artigiani costruttori tralasciando la scena della natalità.

 

I recenti fatti che hanno cronologicamente narrato le vicende di casa nostra riportano tuttavia alcuni valori condivisi: il soccorso nei terribili terremoti del centro Italia, la cooperazione e la collaborazione attiva e disinteressata della popolazione, la relatività della politica, la crisi economica e del lavoro che ha creato i nuovi poveri, l’accoglienza ai profughi etc. sono il nuovo volto che si sta svelando.

 

Ripartiamo da qui, alla conclusione di un anno particolare nella storia di Prossemica, che ne ha dettato il credo più profondo e la rinnovata coscienza di voler vedere un Paese emergere dall’oblio. Questo il nostro più sentito augurio per l’anno venturo.