La ricerca di emozioni.

Il contenitore Carosello: felicità, benessere e… pubblicità.

Pubblicità e consumi sono fenomeni strettamente connessi:

il comportamento dei consumatori infatti è basato solo in minima parte su processi razionali.

Altri “meccanismi” vengono generato dai cosiddetti “neuroni specchio”: scoperti all’inizio degli anni ’90 dallo scienziato G. Rizzolatti, essi sono cellule presenti nel cervello che si attivano non solo quando si esegue un’azione, ma in modo analogo anche quando a compierla è un’altra persona. 

La “pubblicità” propone  racconti  e  rappresentazioni  delle  marche  e dei prodotti che le persone usano o useranno, allo scopo di orientarne le scelte individuali.

Tale approccio, dunque, integra fenomeni  psicofisiologici  e  neuropsicologici  (interni, non  direttamente  osservabili)  con  fenomeni  psicologici,  nella  narrazione  che  la persona fa dell’esperienza di fruizione ed elaborazione del messaggio (l’esterno, l’osservabile). 

Alcune ricerche del neuromarketing hanno dimostrato che lo spettatore era in grado di identificare alcuni marchi quando il prodotto pubblicizzato veniva integrato nella trama di un racconto,  assumendo un significato autonomo all’interno della narrazione.

Tali analisi hanno infatti confermato l’importanza di un logo nell’evocazione dell’immagine del brand (ad esempio Coca-Cola, Disney o Apple vengono richiamati alla mente e influenzano le nostre percezioni anche quando non li notiamo consapevolmente).

I racconti degli anni ’60: il pupazzo Provolino impersonato da Raffaele Pisu.

Il “neuromarketing”, dunque, indaga le percezioni inconsce dei consumatori nelle loro manifestazioni. Esso è un ambito della psicologia applicata che analizza l’impatto del marketing e della comunicazione sulla mente dei consumatori, misurando le reazioni del cervello dei consumatori a determinati stimoli visivi/uditivi, esplorando la connessione tra emozioneed attività elettromagnetica del cervello.

Le informazioni generate da questi test vengono spesso sfruttate a livello di marketing dalle aziende con l’obiettivo di generare “cose” che emozionino il più possibile il consumatore.

La capacità di un’azienda di costruirsi un’immagine distinta e una personalità forte consente di orientare verso di sé i desideri dei consumatori che si identificano o aspirano alla visione proposta.

Ad oggi le applicazioni del neuromarketing si estendono a sei ambiti particolari:

  • Branding: attraverso la misurazione del grado di relazione tra utenti ed il brand, ovvero l’analisi dell’idea che il consumatore ha di un’azienda;
  • Product design: nella misurazione della reazione dei consumatori a particolari prodotti e innovazioni.
  • Pubblicità: l’osservazione della reazione del pubblico ad una pubblicità, con lo scopo di avere  feedback certi su come rendere la pubblicità più accattivante.
  • Vendita nei negozi:il posizionamento dei prodotti all’interno di un negozio allo scopo di influenzare le scelte di consumo; l’analisi dello stesso ambiente, quali luci, i colori utilizzati e tutti gli altri aspetti che possono influenzare la propensione all’acquisto.
  • User Experience di un sito web nell’influenza delle emozioni di un visitatore.
  • Intrattenimento: film, serie TV, libri, musica.

Per ulteriori approfondimenti:

Lindstrom M., Neuromarketing. Attività cerebrale e comportamenti d’acquisto, Apogeo Editore

Gallucci F., Marketing emozionale e neuroscienze, Egea

Babiloni F., Meroni V., Soranzo R., Neuroeconomia, neuromarketing e processi decisionali, Springer Verlag

Morin C., Neuromarketing: the new science of consumer behaviour, www.academia.edu 

Rendere felice l’utente

E’ consuetudine pensare al marketing quale disciplina per organizzare le vendite in modo adeguato, richiedendo all’impresa stessa di produrre ciò che può vendere e partendo dalla valutazione dei bisogni, dei desideri, delle attese, delle richieste dei consumatori.

L’inversione della vecchia impostazione commerciale secondo cui l’impresa deve riuscire a vendere tutto ciò che è in grado di fabbricare è stata ormai attuata da tempo.

Tuttavia l’inesorabile evoluzione di internet sta portando la comunicazione a rivedere anche le logiche dei modelli di business associati al marketing strategico, attraverso il “content marketing”.

Questo ha lo scopo di attrarre utenti tramite la creazione e diffusione di contenuti pertinenti

Tali contenuti non devono per forza avere carattere pubblicitario, ma informativo e/o illustrativo. La battaglia dell’attenzione si vince con i contenuti, attraverso i quali raggiungere e stimolare l’interesse di potenziali clienti.

In merito al web marketing, il vecchio ed il nuovo approccio sono riassumibili con due termini:

  • L’Inbound marketing indica una modalità di marketing centrata sull’essere trovati da potenziali clienti (outside-in).

Esso è in contrasto alla modalità tradizionale, detta anche 

  • outbound marketing (inside-out) che è imperniata su un messaggio direzionato unicamente verso il cliente. 

Con l’Inbound si passa dall’Interruption (“interrompere”) al Permission Marketing: l’audience va conquistata fornendo contenuti interessanti e utili per il target di riferimento, non interrotta.

Gli strumenti di cui l’Inbound marketing si avvale sono:

  • il contenuto, fondamento essenziale della strategia, attraverso il content marketing
  • l’analisi SEO (Search Engine Optimization), volta a migliorare e mantenere la visibilità di un sito web sui vari motori di ricerca
  • il SEM, ovvero l’analisi semiologia atta a generare traffico qualificato verso un determinato sito web
  • il Social Media Marketing e l’analisi SMO (simile al SEO ma incentrata sui social network).
Inbound Marketing

I vantaggi dell’inbound marketing possono essere estesi a qualsiasi organizzazione o tipo di azienda che utilizzi il “canale” Internet (sito web in primis) come mezzo di comunicazione con clienti esistenti e potenziali. 

La creazione di campagne di Inbound e la sua gestione sono tutt’altro che semplici, pertanto sarebbe auspicabile un aiuto da parte di agenzie specializzate in tale ambito.

Sinteticamente, ognuna delle quattro fasi si basano su:

  • la capacità di essere trovati su Internet attraverso le parole chiave che potenziali clienti usano per cercare la risoluzione ad un problema in contesti affini al business che l’organizzazione conduce.
  • capire cosa fanno i potenziali clienti una volta arrivati sul sito web: il tempo di permanenza su una pagina, le preferenze in ordine di argomento etc.;
  • individuare con precisione il problema, la soluzione od il prodotto con la maggiore attrazione. Questo punto viene chiamato anche “conversione” (dall’inglese “conversion”), in quanto racconta all’organizzazione in che modo potenziali clienti diventano tali. Da passante “ignaro” a potenziale cliente.
  • il monitorare attraverso report periodici i dati quantistici, ovvero tracciare, misurare ed ottenere una semplice reportistica che fornisca all’organizzazione informazioni utili a comprendere come migliorare il sito web, quali social network sono più efficaci ed efficienti, cosa piace e cosa non si sintonizza con i potenziali clienti, e soprattutto come avviene la conversione da potenziale cliente a cliente vero e proprio. Quali fattori contribuiscono in modo decisivo, cosa deve essere migliorato o abbandonato.

Il successo, ma anche l’insuccesso o, nei casi peggiori, il danno all’immagine di un’azienda derivano anche e soprattutto dall’uso sapiente e consapevole della propria comunicazione e degli strumenti utilizzati nelle relazioni. Internet può essere un facilitatore, un ottimo intermediario se ben utilizzato. Ma le caratteristiche che lo contraddistinguono dagli altri canali di comunicazione, pubblicitaria e non, espongono gli effetti ad un potenziale ed irreversibile algoritmo, quello delle logiche di Google e degli altri motori di ricerca. Internet è quindi necessario, ma non indispensabile: tutto dipende dall’uso mirato e consapevole che ne si intende fare. 

Pubblicità in TV

Nel 1987 una Lorella Cuccarini all’apice del successo riuscì a strappare alla Carrà la palma di “più amata dagli italiani” diventando il nuovo volto delle cucine Scavolini, sodalizio che perdurò per molti anni. La fama a livello nazionale dell’azienda pesarese deriva principalmente da due “ingredienti”:

  • l’intuizione, negli anni ’60, della richiesta del mercato di cucine componibili, come racconta lo stesso Valter Scavolini: «All’inizio facevano mobili tipo credenze o, come si diceva allora, buffet», «Poi abbiamo visto che il mercato era interessato a un nuovo tipo di cucina, quella componibile, basata cioè su moduli coordinati. E ci siamo buttati»;
  • un budget importante nella pubblicità, con molta tv all’inizio, seguita negli anni Duemila dalla campagna “Kitchens”, l’allegato in carta stampata che dalle riviste di settore è passato sui quotidiani raggiungendo una tiratura di quasi 20 milioni di copie.

Mentre il settore degli arredi continua a mantenere salda la sua presenza sul piccolo schermo, proponendo la propria offerta al target “famiglia”, lo stesso non accade per altri scomparti della filiera edile e dell’architettura, sebbene per determinate produzioni la comunicazione massiva potrebbe essere tranquillamente presa in esame.

Probabilmente la motivazione è da rintracciare al contesto locale che ha caratterizzato fino ad oggi la maggioranza delle aziende edili del residenziale: piccole e medie realtà radicate sul territorio regionale o provinciale che preferivano il mezzo stampato o le emittenti locali per promuovere il proprio marchio. Questa logica per tali aziende è ancora in voga: lo dimostrano i numeri degli spazi commerciali acquistati sui giornali, in particolare, a tiratura limitata delle varie provincie italiane. Vediamone i motivi:

L’obiettivo delle attività di comunicazione in generale è influenzare la motivazione, la percezione, la valutazione o il comportamento dell’individuo. La comunicazione viene ad esempio utilizzata per aumentare l’interesse verso un prodotto, per modificare comportamenti del consumatore che creano ostacoli alla vendita o all’uso del mio prodotto, per creare fidelizzazione.

Le fasi per lo sviluppo di una comunicazione efficace attraverso le diverse attività Above e Below The Line sono le seguenti:

  • Fase 1: identificazione del pubblico obiettivo. A chi si desidera rivolgersi (pubblico specifico o generico), potenziali clienti o utilizzatori attuali, ecc.
  • Fase 2: individuare gli obiettivi, cosa dire, come dirlo, dove e quando.
  • Fase 3: definizione del messaggio.
  • Fase 4: scelta dei mezzi o del mix.
  • Fase 5: definizione del budget.

Ne consegue che aziende che dispongono di una rete commerciale ed operativa che copre tutto il territorio nazionale, valicando talvolta i confini del Bel Paese in favore della propria presenza anche in altri Stati, quali ad esempio alcune produzioni della prefabbricazione nell’edilizia in legno o delle ristrutturazioni ad alta competenza, od imprese che producano e vendano beni assimilabili alla scelta del consumatore finale, soprattutto in ottemperanza delle caratteristiche del design, quali ad esempio sistemi e corpi di illuminazione o di produzione demotica e termoidraulica, di complementi di arredo e di biancheria per la casa etc., possono vagliare i mezzi di comunicazione Above The Line quali strumenti diretti ad implementare il Core Business dell’azienda.

Per ulteriori approfondimenti sul Case history di Scavolini e la cucina componibile:

Scavolini e la TV

SWOT edile

Klimahouse: la fiera internazionale per l’efficienza energetica e il risanamento in edilizia, si propone di mettere in risalto una serie di alternative tecniche ed economiche in grado di garantire un notevole risparmio energetico. Dalle varie visite ai padiglioni del Klimahouse, provando ad interpretare le proposte degli espositori nell’ottica del cliente finale, come decisore e fruitore potenziale delle aziende esponenti, abbiamo preso in esame tre aziende a titolo di esempio, potenzialmente simili, tutte operati nel settore dell’edilizia in legno e tutte con sede in Alto Adige.

Ipotizzando un consumatore prettamente razionale, il confronto didascalico derivante dal solo materiale di comunicazione proposto in fiera è il seguente:

L’analisi non favorisce il processo decisionale del consumatore: le tre aziende sono similari in merito a storia, sostenibilità del prodotto e promìse.

La differenziazione delle tre aziende viene parzialmente determinata invece dalle dimensioni del gruppo dove l’Azienda 3 risulta più coincisa (sebbene questo fattore abbia alcune valenze positive nell’emisfero emotivo di alcuni consumatori), dai settori dei tre gruppi, sebbene tutta la trilogia proponga strutture residenziali in legno, dalle tecniche di produzione ed in particolare dal prodotto di punta per le prime due aziende, ed infine dallo stile che vede nella personalizzazione un benefit fondamentale per i propri utenti, sebbene questi ultimi raramente posseggano tutte le informazioni necessarie per poter scegliere le finiture in autonomia. Il villaggio espositivo della prima azienda potrebbe facilitare l’utente in merito alle opzioni di consumo. Su questo punto saliente insiste infatti la seconda azienda, provando a pre-determinare quattro stili di tendenza per orientare il consumatore circa lo stile architettonico e le rifiniture, comprensive degli arredi.

Tutte queste considerazioni che spesso nelle PMI vengono lasciate alla mente della direzione, trovano uno strumento specifico nel marketing: si tratta della matrice SWOT.

La formulazione di un’ipotetica SWOT di una di queste tre aziende, scelta del tutto casualmente e svolta a mero titolo esemplificativo, giacchè tale analisi implica per necessità di cose la profonda conoscenza dell’organizzazione interna, cosa che di certo la fiera non può offrire, potrebbe essere questa:

La SWOT dunque è uno strumento di pianificazione strategica di un progetto e/o di un’impresa. 

L’analisi può riguardare l’ambiente interno (analizzando punti di forza e di debolezza) o esterno di un’organizzazione (analizzando minacce ed opportunità).

A partire dalla definizione dei quattro quadranti e dalla combinazione dei punti cardine individuati, è quindi possibile sapere con esatta certezza se un obiettivo pianificato sia ammissibile o meno e, nel primo caso, procedere all’individuazione degli input per la generazione di possibili strategie aziendali.