I fondamenti aziendali

Nell’introduzione al marketing, è necessario chiarire anzitutto i concetti fondamentali dell’organizzazione “impresa”: la trattazione fondamentale verte su cinque fattori chiave atti ad individuare l’identità ed il sistema di valori, inteso come l’insieme degli scopi che contraddistinguono la strategia, il core business e l’ambiente nei quali essa opera.

La centralità degli argomenti di marketing è fondata su tre aspetti salienti:

  • la mission, ovvero la “dichiarazione di intenti”, lo scopo ultimo di un’impresa od organizzazione, nonché la giustificazione della sua esistenza. Solitamente la mission viene determinata dalla risposta, in un unico motto, a tre domande: chi siamo? Cosa vogliamo fare? E perché lo facciamo?
  • la vision, utilizzata nella gestione strategica del marketing aziendale, ed atta ad indicare ipotetici scenari futuri che possano rispecchiare i valori, gli ideali e le aspirazioni degli obiettivi determinati e delle azioni prefissate. Nel management aziendale, la vision delinea inoltre gli obiettivi di lungo termine e l’interpretazione del ruolo dell’azienda nel contesto economico e sociale al quale essa si rivolge;
  • la promise, ovvero la promessa che l’organizzazione o l’azienda citano per il raggiungimento di un intento comune con il consumatore del prodotto o servizio. Questa dinamica è fondamentale perché costituirà le basi sulle quali verranno erette le dinamiche del rapporto. La promise si esprime nell’unione di mission e vision aziendali mediante la comunicazione. 

Il processo di chiarimento e definizione di valori, missione e visione aziendale inizia con la creazione di un team di progettazione che deve avere al suo interno i rappresentanti di tutti i settori dell’organizzazione.

Il processo prevede le seguenti fasi:

  • individuare i valori condivisi: Robert Haas, presidente e amministratore delegato della Levi Straus afferma che ”I valori di un’azienda, ciò per cui essa esiste, quello in cui crede chi ci lavora, sono fondamentali per il suo successo competitivo. In realtà, sono loro che guidano l’azienda”;
  • esaminare il contesto attuale: per poter progettare il futuro, occorre avere le idee chiare sullo stato attuale dell’organizzazione, dei suoi prodotti, mercati, tecnologie, competenze, risorse. Si può anche partire dall’analisi storica dell’organizzazione per riscoprire lo spirito e l’energia dei fondatori, per passare poi ad analizzare le opportunità e i pericoli, i punti di forza e le aree di miglioramento, il contesto sociale, culturale e politico e concludere con un’approfondita analisi del bi-sogni dei clienti;
  • definire la mission:  essa, come detto sopra, determina in modo univoco il valore aggiunto di un’organizzazione, differenziandola dalle altre;
  • creare una vision: la visione, come suddetto, è l’immagine consapevole di ciò che vogliamo essere e creare nel futuro. Essa pertanto costituisce la guida per le scelte e le decisioni di ogni giorno e nella collettività interna; come ci ricorda Nikos Kazantsakis, scrittore e poeta greco del primo novecento, che afferma: “Credendo appassionatamente a qualcosa che ancora non esiste, lo creiamo. Quello che non esiste è tutto ciò che non abbiamo desiderato a sufficienza”.
  • realizzare la visione. Si tratta di portare i risultati del processo nella realtà quotidiana, andando a definire con chiarezza sia le capacità e i comportamenti coerenti con i valori, la missione e la visione che abbiamo definito, sia quelli con essi incoerenti. Un’attenta progettazione aziendale verte anzitutto sulla sua cultura e sui suoi sistemi operativi, coinvolgendo tutte le risorse nell’implementazione di precisi piani di azione mirati a realizzare la visione in tutti gli aspetti della vita aziendale, interna ed esterna.

Negli Uffizi

Nel video, trailer del film “La zuppa del demonio” di Davide Ferrario, il rapporto tra autorità, potere, industria ed economia, offre alcuni temi culturali per introdurre l’analisi dell’architettura aziendale che ha segnato l’intero ‘900.

 

Come abbiamo già avuto modo di approfondire, nella OST (Open Space Technology, quella vera, che esime dagli “open space” intesi come meri “spazi aperti”) l’impiego di capacità e competenze organizzative, gestionali e tecniche viene messo al centro dell’azienda, tradizionalmente negli uffici l’architettura degli spazi aziendali argomenta in merito alla centralizzazione della proprietà e della direzione.

 

In effetti, il termine stesso di “ufficio” indica il dovere, il compito inerente alla funzione o alla mansione esercitata, alla carica o al posto ricoperti. Precedentemente esisteva il “gabinetto”, inteso nel significato originario del termine come un piccolo locale adibito ad uso personale, alla stregua di un ufficio, solitamente utilizzato per colloqui riservati o per il ricevimento di ospiti.

In questa chiave architettonica la ridondanza del contenuto viene accentuata sull’ordine gerarchico e sul controllo interno dell’organizzazione aziendale: uffici più grandi, solitamente predisposti nelle zone più soleggiate o affacciate sui panorami circostanti, sono assegnate alla proprietà od all’amministratore delegato. Vi si affacciano gli uffici della segreteria direzionale e l’amministrazione, per poi assegnare via via in “scatole” sempre più piccole ed a comparti stagni le competenze tecniche, gli uffici di “customer” (care, service etc.) ed, infine, il reparto di produzione, solitamente staccato dal resto della compagine “impiegatizia”.

Un esempio storico, tutto italiano si trova della progettazione degli Uffizi di Firenze, che  permettono di capirne le dinamiche e la volontà architettonica, economica, politica e socio-culturale.

A metà del XVI secolo, Vasari fu chiamato da Cosimo a progettare gli uffici che avrebbero dovuto contenere tutte le magistrature cittadine. La peculiarità del progetto fu la risposta ad una esigenza pratica, che consisteva nel fatto che le magistrature non avevano lo stesso ruolo all’interno della città per cui avevano bisogno di spazi architettonici diversi. Uffizi lunghi furono preposti alle magistrature più importanti, Uffizi corti alle magistrature minori. L’ordine architettonico che prevalse fu quello dorico, ad indice di autorevolezza e fermezza, mentre le tre campate di testata vennero contraddistinte da un ordine composito, compromesso voluto da Cosimo stesso.

 

In conclusione, l’Open Space mendace, che ha rappresentato negli ultimi due decenni un vezzo di modernismo in svariate aziende sembra già anacronistico. Il ritorno ai più classici uffici sembra fare capolino a più riprese. Non ci sono architetture giuste o sbagliate, purché ancora una volta l’architettura stessa si faccia interprete dei valori culturali, stavolta riferiti alla corrispondente importanza delle competenze strutturali all’azienda, parafrasando, quindi, le parole di Franco Fortini: “Le parti del discorso come parti della costruzione: l’ingegneria si è unita al paesaggio, è diventata architettura (…)”.

Aspetti fisiologici l’edilizia

La matrice SWOT della piccola ricerca condotta in Klimahouse ha chiarito la rilevanza strategica del marketing: la conoscenza delle aspettative della domanda, sempre più orientata ai bisogni di appartenenza e di identificazione con una classe sociale, che la crisi economica ha ulteriormente avvalorato, e le necessità dell’impresa di raccordarsi al mercato di riferimento in un rapporto sempre più stretto, instaura un ciclo aperto tra il marketing, che entra all’inizio del processo di produzione e va oltre il processo distributivo, con l’orientamento aziendale, secondo un approccio di “adattamento al mercato”.

Gli aspetti fisiologici l’edilizia riguardano in modo sinergico il settore ed i singoli prodotti.

Interpretando graficamente i dati dell’ultimo decennio, il “ciclo di vita del settore” (CVS) attesta una situazione preoccupante. Si sono analizzati i settori edile e delle finiture:

Sono principalmente due i piani sui quali il marketing deve rapportarsi in azienda: uno strategico, l’altro operativo, entrambi in forte connessione al fine di trovare una coerente realizzazione nella gestione del marketing mix.

Rispetto al CVS (Ciclo di vita del settore), il riepilogo situazionale è il seguente:

La fase di declino, inoltre, offre tre ipotesi:

  • la “rivitalizzazione”, derivante principalmente da finanziamenti pubblici e dall’ingresso sul mercato di nuove tecnologie sia costruttive che impiantistiche o di soluzioni alternative, quali i concetti di classificazione energetica dell’immobile fino al passive house;
  • la “pietrificazione”, solitamente citata per il “ciclo di vita del prodotto” (CVP), che nel settore edile vede laterizio e calcestruzzo fossilizzati in modelli economici ormai desueti, con conseguente riduzione della domanda e l’ingresso nella guerra dei prezzi;
  • il “declino”, che conclude la sua massima fase con l’uscita definitiva dal mercato di alcune tipologie edili (ad esempio nell’uso della pietra quale materiale da costruzione).

Esistono molteplici strategie di marketing che possono operare verso un processo di rivitalizzazione di un dato mercato; tuttavia tali politiche aziendali devono essere ricercate ed espresse già in fase di maturità del mercato, poiché una riconversione implica necessariamente dei costi in termini di tecnologie, riorganizzazione aziendale, ricerche di mercato, comunicazione etc. che nella fase di flessione della curva reddituale sarebbero più difficili da sostenere. Senza poi contare il cosiddetto “danno all’immagine” che un’azienda subisce agli albori del declino, danno stimabile con costi maggiori addirittura rispetto all’avviamento aziendale e strategie di marketing complesse che non sempre riescono a garantire un rimarginare della ferita del marchio.

Emozioni condivise.

Fiducia e condivisione: due aspetti di fondamentali per la gestione del content marketing.

Gli stessi algoritmi dei principali motori di ricerca invitano alla pubblicazione di contenuti altamente condivisibili, contraddistinti da utilità, qualità ed interesse, nonché dal loro grado di emozionalità.

Queste le “regole” per permanere attivamente nel web.

Come definire quindi tali contenuti, soprattutto a scopo pubblicitario ed aziendale?

Anzitutto definendo l’emozione primaria più prossima ai valori che guidano l’identità dell’impresa.

Successivamente gestendo in modo appropriato e frequente le interazioni:

numerose ricerche hanno evidenziato come a determinati contenuti corrispondano dei pattern emozionali, che dipendono dagli argomenti e dalle parole utilizzate.

E’ certo, inoltre, che i partner di conversazione possano influenzare le emozioni e gli argomenti degli altri, soprattutto in considerazione che ad ogni emozione è connesso un vocabolario di riferimento che scatena una o più azioni a seconda del gergo utilizzato.

Ne consegue un approfondimento delle emozioni secondarie: esse sono complesse e hanno bisogno di più elementi esterni o pensieri eterogenei per essere attivate.

Esse si definiscono in:

  • allegria, sentimento di piena e viva soddisfazione dell’animo;
  • speranza, tendenza a ritenere che fenomeni o eventi siano gestibili e controllabili e quindi indirizzabili verso esiti sperati come migliori;
  • perdono, sostituzione delle emozioni negative che seguono un’offesa percepita (es. rabbia, paura) con delle emozioni positive (es. empatia, compassione).
  • Gelosia, stato emotivo che deriva dalla paura di perdere qualcosa che appartiene già al soggetto;
  • invidia, stato emozionale in cui un soggetto sente un forte desiderio di avere ciò che l’altro possiede;
  • offesa, danno morale che si arreca a una persona con atti o con parole;
  • vergogna, reazione emotiva che si prova in conseguenza alla trasgressione di regole sociali.
  • Rimorso, stato di pena o turbamento psicologico sperimentato da chi ritiene di aver tenuto comportamenti o azioni contrari al proprio codice morale;
  • ansia, reazione emotiva dovuta al prefigurarsi di un pericolo ipotetico, futuro e distante;
  • nostalgia, stato di malessere causato da un acuto desiderio di un luogo lontano, di una cosa o di una persona assente o perduta, di una situazione finita che si vorrebbe rivivere;
  • rassegnazione, disposizione d’animo di chi accetta pazientemente un dolore, una sfortuna;
  • delusione, stato d’animo di tristezza provocato dalla constatazione che le aspettative, le speranze coltivate non hanno riscontro nella realtà.

Lo psicologo R. Plutchik arriva quindi a ipotizzare le relazioni fra emozioni rappresentandole con un modello strutturale tridimensionale a forma di cono: 

  • la dimensione verticale rappresenta l’intensità delle emozioni
  • la circonferenza definisce il grado di somiglianza fra emozioni
  • la polarità è rappresentata dalle emozioni opposte nel cerchio.

Il collegamento delle emozioni tra loro si può stabilire sulla base di tre caratteristiche: 

intensità, somiglianza e polarità. 

Uno dei suoi postulati include anche l’idea che alcune emozioni siano primarie e altre siano derivate o miste, nello stesso senso in cui esistono colori primari e colori misti.

Plutchik scrive:“(…) Per molte parole nel lessico delle emozioni, in genere è possibile trovare altre parole che suggeriscono una versione più intensa o più debole di quell’emozione. (…) la maggior parte delle emozioni si collocano in punti diversi lungo dimensioni implicite d’intensità”.

Un secondo punto da sottolineare è che le emozioni variano nella somiglianza reciproca. 

Questa caratteristica è chiaramente evidente nel caso di sinonimi quali paura e spavento (che possono semplicemente riflettere punti vicini lungo la dimensione dell’intensità), ma vale anche per le dimensioni principali. La dimensione di rabbia, per esempio, è più simile alla dimensione di disgusto (antipatia, disprezzo) che alla dimensione di gioia (allegria, entusiasmo). 

In generale, si presume che gli stati emozionali siano sensazioni suscitate da modificazioni immediate di una situazione (per esempio, vincere a una lotteria, essere minacciati, perdere il lavoro), o da modificazioni fisiologiche temporanee (per esempio, avere molta fame, avere un gran mal di testa, farsi massaggiare). 

Una recente ricerca americana (Liu et al., 2017), condotta su 181 studenti universitari tra i 18 e 20 anni, conferma come la pubblicazione di aggiornamenti, tweet e hashtag sui propri profili siano collegati allo stato emotivo del momento

Un’altra ricerca, stavolta condotta da M. Guerini e J. Staiano, ha indagato il rapporto fra la viralità e le emozioni

I risultati sembrano aver accertato che le persone hanno le stesse probabilità di commentare o votare un post a prescindere dall’emozione positiva o negativa che questo può suscitare. 

L’ipotesi è che ciascuna emozione abbia una valenza, sia essa positiva o negativa, un livello di eccitazione, che è elevato per emozioni come la rabbia o basso per emozioni come la tristezza, e dominanza, ovvero il livello di controllo che una persona ha su questa emozione. 

Da una parte si trovano emozioni travolgenti quali la paura, mentre dall’altra abbiamo emozioni che le persone possono scegliere di provare, quali l’ispirazione.  

Guerini e Staiano spiegano che:

  • i post tendono a generare più commenti quando sono associati ad emozioni di eccitazione (quali felicità o rabbia) ed emozioni di impotenza (quali paura e tristezza); 
  • al contrario, le valutazioni sullo stato emotivo trasmesso da un articolo sono più frequenti quando il contenuto è associato ad emozioni che i lettori sentono di poter controllare maggiormente. 

In ultimo, i fondamenti della condivisione, obiettivo del content marketing, si possono così sintetizzare:

  • alla base della condivisione ci sono le emozioni primarie (gioia, fiducia, paura, sorpresa, tristezza, attesa, rabbia e disgusto);
  • per stimolare la condivisione è preferibile utilizzare i termini connessi alle emozioni che si vogliono comunicare (nel titolo, nel corpo del testo, nel copy per la condivisione) e un visual affine;
  • i contenuti positivi solitamente hanno un maggiore grado di influenza sugli altri, pertanto si prestano maggiormente alla condivisione e meno al commento;
  • le persone condividono contenuti utili per rimarcare la propria intelligenza;
  • le persone condividono contenuti interessanti per stringere o rafforzare i propri legami sociali.

Per ulteriori approfondimenti:

Plutchik, R. (2002). Emotions and Life: Perspectives from Psychology, Biology, and and Evolution. Editore Amer Psychological Assn 

Plutchik, R. (1995). Psicologia e biologia delle emozioni. Editore Bollati Boringheri.