Architettura?

«Beh, se mi posso permettere, spesso il termine utopia è la maniera più comoda per liquidare quello che non si ha voglia, capacità o coraggio di fare. Un sogno sembra un sogno fino a quando non si comincia a lavorarci. E allora può diventare qualcosa di infinitamente più grande». Adriano Olivetti

Ergo… se l’idea fosse venuta ad un comune mortale, gli avrebbero detto che “non si può fare”. Fortunatamente una visione contro-corrente, un pensiero creativo fuori dagli schemi, è finalmente passato dal cuore dell’Italia.

Come il genio creativo si vuole passi dal design, è soprattutto in un progetto architettonico che la fonte di ispirazione non deve derivare dall’idea del progettista, bensì dal credo della persona che ne verrà ospitata.

Nell’articolo di marketing “Momenti: prospettive” si è rimarcato il ruolo fondamentale e strategico di una cultura aziendale innovativa ed efficace. 

Parimenti è insito nel ruolo del buon progettista delineare le prospettive architettoniche nel rispetto della filosofia dell’impresa, come insegnano le esperienze di alcune aziende che si sono distinte sul panorama internazionale anche per merito degli edifici che le ospitano.

Il Kerakoll GreenLab ha una derivazione ingegneristica e stilistica tratta dai valori sui quali si fondano l’azienda stessa assieme alle caratteristiche del territorio, “ove affiorano le Salse di Nirano, caratteristiche formazioni collinari della zona, e rimanda alla memoria storica dei forni per la produzione della calce”.

Esso è divenuto presto un esempio di design italiano contemporaneo e di integrazione edificio/impianto. Un luogo avveniristico dedicato alla ricerca e allo sviluppo tecnologico nel campo dei materiali naturali da costruzione. Costruito in linea con la vision del gruppo di innovazione, di sostenibilità e di eccellenza architettonica, il laboratorio è la sintesi perfetta di sei temi strategici fondamentali, coniuga la riduzione dell’impatto di CO2 e di altri inquinanti indoor, attraverso lo sviluppo di materiali naturali alternativi al cemento, nell’attenzione alla sismicità che soprattutto negli ultimi anni ha investito la zona, promuovendo lo sviluppo di soluzioni per l’isolamento termico e l’efficienza energetica.

Tecnologia e natura si esprimono in un guscio asimmetrico che prende forma dalla terra e dalle acque sotterranee sospinte verso l’alto dai gas che lo perforano, elementi che simbolicamente si ritrovano nelle pareti massive e nella copertura leggera rivestita in trencadis di ceramica bianca, che appare sospesa e fluttuante. 

Le soluzioni progettuali che hanno portato il GreenLab ad essere una delle costruzioni più innovative in Europa sono state rivolate a Materiali Sani e Naturali, Efficienza Energetica, Fotovoltaico e Building Automation, Gestione delle Acque, Bioclimatica e Illuminazione Naturale.

In sintesi, con una citazione di Steve Jobs,

«design è una parola divertente. Alcune persone pensano che il design significhi come una cosa appare. Ma naturalmente, se si scava più profondamente, significa in realtà come quella cosa funziona».

Reti interconnesse

Il primo messaggio della storia è trasmesso il 24 maggio 1844 alle 8,45. Morse a Washington telegrafa a Vail a Baltimora: “What Hath God Wrought” (“Quali cose ha creato Dio”).

Gli studi di fisica dell’800 hanno cambiato radicalmente il mondo della comunicazione, che da sempre risponde al bisogno umano di arricchire un’immaginario collettivo. 

La comunicazione, nata con l’uomo, si è ulteriormente evoluta attraverso la sua rappresentazione immaginifica, necessaria a raggiungere il maggior numero possibile di destinatari, mitigando confini socio-culturali altrimenti invalicabili (M. Mc Luhan, 1967). La comunicazione ci permette di entrare in relazione con l’altro. Creare relazioni significative è uno dei bisogni fondamentali dell’essere umano.

La prima tecnologia che ha consentito la trasmissione letteralmente istantanea di dati fu il telegrafo; gli studi di fisica sull’elettromagnetismo hanno dovuto impiegare tempo e sforzi, anche attraverso gli interessi delle compagnie dei telegrafi, per dimostrare il valore rivoluzionario di questa invenzione.

All’epoca, infatti, tale sistema non permetteva la conservazione dei dati, ma si distingueva dal consueto servizio postale per la sua natura commerciale, che fece nascere il concetto di “communication provider” (un provider di servizi che ha accesso alle comunicazioni degli utenti). 

Guglielmo Marconi e l’invenzione del telegrafo.

Nel 1970 nasce il primo sito di e-commerce. Da qui inziano a svilupparsi tutti i canali e gli strumenti che oggi conosciamo, come i social media, l’email marketing, arrivando fino ai social media.

La storia dei telefoni cellulari inizia il 3 aprile 1973 quando l’ingegnere senior che lavorava per Motorola, Martin Cooper, ha usato un cellulare per chiamare un potenziale concorrente nel mercato della telefonia mobile. Questa è stata la prima chiamata da un telefono cellulare mai fatta.

Per definizione “il web marketing è la branca delle attività di marketing dell’azienda che sfrutta il canale online per studiare il mercato e sviluppare i rapporti commerciali (promozione/pubblicità, distribuzione, vendita, assistenza alla clientela, etc.) tramite il Web” (Fonte: Wikipedia).  

Questa definizione riassume più di un secolo di studi, di tecnologia e di nuovi bisogni emergenti. 

Martin Cooper e l’invenzione del cellulare.

Ad oggi Internet è pare essere diventato indispensabile: Ma è davvero così?

Dipende dal suo utilizzo. 

Le motivazioni che lo rendono tale risiedono soprattutto sulla sua base dati, la più grande del mondo. Internet offre anche gratuitamente la possibilità di monitorare l’andamento dei trends di mercato e di monitorare di contro l’andamento di un’azienda e dei suoi competitors.

Inoltre permette di entrare in relazione immediata con chiunque, senza alcun limite geografico, sebbene nell’ambiente edile spesso il mercato di riferimento sia ancora vincolato alla zona locale.

La natura commerciale del web deriva dunque principalmente dal controllo dei dati: un messaggio di comunicazione, qualunque esso sia, è in grado di raggiungere istantaneamente un target profilabile e controllabile; i risultati sono misurabili e potenzialmente virali, consentendo un aumento esponenziale dei numeri di feed-back. Ogni messaggio è inoltre riusabile e facilmente adattabile al contesto, con la conseguente riduzione dei tempi e dei costi di ricerca dei contenuti di comunicazione (il cosiddetto “content marketing”).

L’utilizzo del web, dunque, dev’essere analizzato sia in termini passivi che attivi:

talvolta è sufficiente o persona strategico utilizzare il web per l’analisi dei dati, mentre in altri casi il Core Business aziendale abbisogna di comunicazione ed utilizzo attivi di internet.

Interrelazione e tradizione: il Golden Bridge Ba Na Hills in Vietnam

Nel caso in cui il web fosse da intendere attivamente, è bene considerarne fin da ora gli effetti futuri per poter pianificare le prossime azioni di intervento:

  • il Web 1.0 non presume un’iterazione con l’utente, che può solo visualizzare i contenuti senza copartecipare ad essi. 

Le azioni sono le News Group, Advertaising sui Siti, il posizionamento su Motori di Ricerca (attività SEM).

Le competenze che riguardano l’azienda sono di stampo informatico e possono essere esternalizzate a società di consulenza specializzate.

  • Il Web 2.0 apre il  mondo delle interazioni e delle integrazioni con il Web. L’utente può commentare, modificare, condividere quello che incontra. Da utente passivo diventa attivo.

Le azioni riguardano principalmente la gestione della Web Reputation: l’interazione non è più one to one (uno contro uno), bensì one to community (uno contro una comunità virtuale di consumatori).

Le competenze che l’azienda deve possedere si spostano sulle capacità digitali e soprattutto relazionali e comunicative.

  • Il Web 3.0 corrisponde all’attuale evoluzione di internet e delle regole dell’interazione tra utenti. Esso è caratterizzato da una maggiore consapevolezza, e conseguente superiore controllo, dei fruitori riguardo i contenuti di comunicazione e dall’evoluzione grafica dal 2D al 3D. 

Le azioni che vi si riconducono riguardano principalmente la nozione di “web semantico”, per la quale la navigazione non avviene solo per chiavi di ricerca (ricerca terminologica con il SEM) ma per “significati” culturali e letterari. La Realtà è Aumentata, poiché si arricchisce di informazioni prelevate dal web. Si parla già ora di “Internet of things” (internet per pensare), giacchè navigano anche le applicazioni e non solo l’utente. 

In sintesi, il Web 3.0 può essere definito come “Web Potenziato”, caratterizzando la capacità del Web di influire sulla realtà.

Le competenze aziendali di comunicazione, relazione e tecnologia si fondono sull’asset della linguistica e sulla specializzazione di semantica e semiotica

Con un’utente è sempre più attivo, le attività di web marketing dovranno sempre di più andare verso l’interazione, la personalizzazione, creando messaggi mirati e interessanti per ogni segmento di mercato

Il vero interrogativo che una mente imprenditoriale deve ad oggi porti, parlando di web, è posta nell’analisi dei paradigmi di internet, della sua velocità e delle sue necessità, in coerenza ed ottemperanza delle reali necessità dell’impresa.

Il primo indispensabile quesito del marketing deve proporsi lindagine del mercato di riferimento e dei valori che l’azienda promuove

Infatti la prima risposta che internet fornisce è un cambio di paradigma: da un bisogno di valicare i confini culturali e geografici, l’uomo sta tornando, a meno di un secolo, ad una richiesta di personalità, di auto-immaginazione, nella impellente necessità di svincolare i valori globali per ritornare su princìpi culturali tradizionali.

Stand Innovation

Una delle icone italiane che più rimangono impresse all’occhio dello straniero: i panni stesi.

Quanto più di intimo ognuno di noi possegga viene esposto al sole e lambito dal vento, svolazzando tra i palazzi dei bei centri storici, formando linde bandiere che completano il balcone di qualche casa appartata del nostri Bel Paese.

Nella suggestiva fotografia, originariamente intitolata “Stèndin ovation” di Emanuele Minetti, uno scorcio della storica Genova, repubblica marinara profondamente legata alla storia del commercio internazionale, contraddistinta dal settore finanziario risalente al Medioevo, ove, nel 1407, fu fondato il Banco di San Giorgio, prima banca del mondo e fondamento della prosperità della città a partire dalla metà del XV secolo. La ricchezza culturale per storia, arte, letteratura e musica ispirò alcuni versi del Petrarca, che la definì “(…) regale, addossata a una collina alpestre, superba per uomini e per mura. Il suo solo aspetto era in grado di indicarla Signora del mare”.

Mondi diversi_ - Foto di Lena Bell

Ciò che nel gergo del marketing e della pubblicità viene definito come “visual merchandising” appare riduttivo; “visual” (def.) corrisponde al “disegno contenuto nel layout o la parte visiva di un commercial o di un annuncio stampa”, mentre per “merchandising” si intendono “tutte le attività mirate a promuovere le vendite di un prodotto dopo che ha raggiunto il punto vendita; vi rientrano quindi il packaging, l’esposizione o display, le offerte speciali e tutte le iniziative promozionali” (def. da “Il dizionario dei termini di marketing & pubblicità” – Ed. Italia Oggi).

Nonostante le definizioni e le accezioni periferiche che sempre più negli ultimi anni hanno allargato il campo del visual merchandising, rimane ancora una zona d’ombra importante: la trasposizione, il “mettersi nei panni degli altri”.

Il panno è strettamente legato alla persona, pertanto, ai fini di una buona progettazione del merchandising, questa non può in alcun modo esimersi dalla personalità di marca o dallo stile del marchio di produzione o del commercio.

Al blog Prossemica viene demandato il compito di fornire gli strumenti per tradurre il linguaggio del marketing nel gergo tecnico del progetto e del progettista e viceversa. A tal fine l’analisi verrà inizialmente focalizzata su alcuni concetti chiave della psicologia ambientale. Ai progettisti dunque è dedicata non solamente questa categoria, ma in particolare quella del “marketing”.

Analisi in Open Space

Ogni buona azienda traduce nella comunicazione off ed on line i propri tratti distintivi, ricercando ciò che si definisce in comunicazione “l’immagine coordinata”. Queste trattazioni verranno ampiamente affrontate nella categoria Marketing. Ciò che riveste fondamentale importanza in questo articolo, è di come, quando e quanto l’approccio comunicativo venga spesso sfavorito dalla progettazione degli spazi aziendali, primo baluardo della conoscenza del cliente sia potenziale che reale nelle dinamiche che articolano la promìse (def. dal mkt: promessa aziendale) ed i meccanismi psicologici della fedeltà al rapporto tra le due parti.

Una prima divisione che dovrà attivare le fasi creative della progettazione nella distribuzione degli spazi deve essere determinata dal riconoscimento della tipologia di comunicazione a cui tende o vorrà tendere l’azienda:

  • in presenza di aziende contraddistinte dal prodotto o dal servizio offerto, l’analisi deve necessariamente partire dallo studio critico ed analitico del posizionamento del prodotto/servizio e della loro natura, dell’organigramma e delle relative azioni interne, del carattere strutturato dell’offerta, soprattutto in merito agli aspetti local, glocal o global del mercato di riferimento, del marchio e del valore aggiunto definito nelle fasi di marketing e comunicazione, sia antecedenti la rivisitazione degli spazi che in termini di strategia futura;
  • in presenza di brand, invece, l’analisi dovrà imprimere nel brief creativo tutte le caratteristiche della marca, esprimendo appieno le salienze caratteriali della stessa; progettare gli spazi di una marca è equivalente alla progettazione residenziale che si dovrebbe svolgere per un singolo individuo. Le caratteristiche empatiche, lo stile di vita, l’etica ed i valori interni all’azienda devono essere espressi in ogni fase prossemica della gestione del rapporto con i propri interlocutori.

L’analisi sistematica dei metodi della progettazione in termini di comunicazione coerente e coordinata per marchio e marca verrà approfondita man mano assieme ai concetto delle altre tre categorie di Prossemica. Per ora è sufficiente distinguere due macro tipologie di spazi aziendali, mettendo a confronto gli open space con le più tradizionali suddivisioni per uffici.

In pochi conoscono quali siano gel origini dei primi: la tipologia progettuale degli ampi spazi senza barriere si sperimenta nella Open Space Technology, con un’intuizione dell’antropologo americano, Harrison Owen, pioniere della OST e prestato alla consulenza aziendale. La OST è uno strumento di apprendimento informale che agevola la circolazione di informazioni, conoscenze, esperienze all’interno di organizzazioni e permette di affrontare processi di cambiamento quando è necessario un confronto su questioni complesse e dove non esiste una soluzione univoca. Diversamente dalla maggior parte delle dinamiche partecipative infatti, l’Open Space lascia liberi i partecipanti di operare come meglio credono, utilizzando le modalità di lavoro che ritengono più utili e produttive.

L’Open Space Technology può essere uno strumento efficace solo in particolari condizioni:

  • Un serio e reale problema su cui lavorare
  • Un’elevata complessità
  • Molteplici punti di vista
  • Conflittualità diffusa
  • Necessità di trovare una soluzione nell’immediato.

Il luogo ideale dove svolgere una conferenza Open Space Technology deve essere dotato di una stanza abbastanza grande da poter ospitare tutti i partecipanti seduti in circolo ed altre stanze più piccole, facilmente raggiungibili, per i gruppi che si formeranno nelle fasi di lavoro. Lo spazio non deve essere particolarmente strutturato, è importante invece che sia confortevole. Elementi fisici, come tavoli e scrivanie, non servono in quanto occupano spazio ed intralciano i movimenti delle persone. Nella stanza centrale su una parete vengono sistemati cartelloni prodotti dal gruppo, che devono essere ben visibili e facilmente accessibili. Una parte della stanza ospita la zona computer/fotocopiatrice, adibita alla redazione dell’instant report, mentre un’altra sarà la zona dedicata al coffe break. I partecipanti siedono in circolo, il cui centro è vuoto, così che tutti si possano guardare negli occhi e sentire alla pari degli altri. In questo modo, già dal principio si viene a creare una sensazione di uguaglianza e partecipazione.

Nella OST è di fondamentale importanza il ruolo del facilitatore, inteso come moderatore delle dialettiche del gruppo.

 

New York Times

Tutti gli ambienti che non corrispondono a queste tematiche, a tali valori interni ed alle delicate fasi citate, non possono certo definirsi Open Space, bensì solamente spazi architettonici aperti.

Una recentissima ricerca dello Studio Gensler decreta la fine degli aspecialistici posti di lavoro in “Open Space”, verso sistemi di lavoro ibridi, sostenibili e personalizzati a misura d’uomo. Inoltre un articolo del New York Times “The Rise of the New Groupthink” ha sfidato la tendenza attuale sul luogo di lavoro in “spazio aperto” indicando i danni alla concentrazione e focalizzazione sul posto di lavoro a causa di questa tipologia di soluzioni.

Sulla stessa linea, The Atlantic’s Collaborative Workspaces: Not All They’re Cracked Up To Be” parla di singoli stili di lavoro e della la necessità di spazi in grado di soddisfare le esigenze della “personalità” di ogni singolo lavoratore a vantaggio dell’efficienza e della competitività.

 

In Italia, spesso fanalino di coda dell’approccio aziendale alla comunicazione, architetture talvolta divergenti rispetto alle volontà strategiche delle aziende tentano di dare espressione al marchio, ma la maggior parte delle volte dimenticano il reale know how, fatto dalla comunicazione tra le competenze che in quello spazio lavorano.

 

L’intento di questo articolo, così come della nostra Academy, è di sensibilizzare progettisti ed imprenditori sulle tematiche dirette alla “performance” (e non più alla mera “produttività“) dei collaboratori.

L’architettura può essere un ottimo strumento per favorire la contaminazione delle competenze, la collaborazione e la reciprocità, se e solo se sia un’architettura saggia e meditata.

Si demanda ai seguenti link per approfondimenti:

http://www.repubblica.it/salute/2013/06/10/news/lavoro_voce_alta_e_aria_condizionata_per_6_su_10_l_open_space_fa_nascere_conflitti-60799520/

http://www.corriere.it/salute/12_giugno_21/uffici-open-space_0c057d9a-b3d1-11e1-a52e-4174479f1ca9.shtml

https://quifinanza.it/lavoro/lavoro-uffici-open-space-fanno-male-produttivita-umore-impiegati/288367/