Marketing ed etica

Il video spot anni ’80 di Vecchia Romagna Etichetta Nera, il brandy che “crea un’altmosfera”!

Per introdurre la differenza, anche per i non addetti al marketing, di “marchio” e “marca”, abbiamo scelto un paragone di facile interpretazione con un altro settore, comunemente conosciuto in Italia.

Storicamente si sono legati i due concetti a quello di “prodotto”: da questo enunciato deriva l’attuale confusione dei due termini:

  • fino all’avvento delle neuroscienze e della psicologia, nel marketing era prassi considerare il marchio come il “segnale distintivo, con rilevanza e tutela giuridica, che contraddistingue il prodotto, una linea o un’intera gamma;
  • per marca, invece, si intendeva “i prodotti leader sul mercato;
  • ad essi si contrappongono le marche commerciali (prodotti a marchio) che appartengono ad associazioni commerciali e distributive e sono spesso qualitativamente prossimi ai prodotti leader, ma hanno prezzi inferiori”;
  • infine il Superbrand (o megabrand), che si può riassumere per ora nella manifestazione dei casi in cui il nome della marca cannibalizza la tipologia di prodotto, definendone generalmente anche i prodotti delle altre marche (ne sono esempi celeberrimi Coca Cola, Nutella, Martini, Sanbitter etc.).

(Def. da Il Dizionario dei termini di marketing & pubblicità – Ed. ItaliaOggi)

Ad oggi questa distinzione ha mutato il suo volto: la marca (Brand) deriva da un processo ben definito e strutturato, che passa per molte fasi salienti (brand strategy, awareness, development, Image, etc.), tra le quali la brand personality definisce “la somma degli elementi caratterizzanti una marca agli occhi del consumatore”, che costituiranno i tratti distintivi tramite i quali i neuroni specchio saranno in grado di riconoscere una marca in modo differenziato rispetto alle altre. La marca comunica come una persona: si basa quindi sugli asset del linguaggio prevalentemente simbolico, rifacendosi al contesto culturale proprio e dei propri target. Genera emozioni, positive o negative che siano, ricalcando fedelmente sé stessa in ognuno dei frangenti previsti strategicamente nel proprio piano di brand management.

Ai nostri giorni si è affermata la necessità di distinguere affermazioni su prodotti sostenibili da mere strategie di marketing, a tutela del consumatore, e non solo, si sono affermate alcune specifiche tecniche sul marketing etico ed il cosiddetto “Ethical Claim”:

la ISO / TS 17033 , “Dichiarazioni etiche e informazioni di supporto – Principi e requisiti”, stabilisce le modalità concordate a livello internazionale per presentare una rivendicazione etica credibile e fornisce alle organizzazioni un mezzo per corredare informazioni credibili, accurate e verificabili.

Essa trae informazioni dalla serie ISO 14020 sull’etichettatura e le dichiarazioni ambientali, nonché dalle linee guida ITC (International Trade Center) per la fornitura di informazioni sulla sostenibilità dei prodotti come parte del loro programma di informazione dei consumatori 10YPF. Completa anche le linee guida esistenti come le dichiarazioni ISEAL sulla  sostenibilità.

Per ulteriori informazioni:

https://www.iso.org/news/ref2423.html

Stand Innovation

Una delle icone italiane che più rimangono impresse all’occhio dello straniero: i panni stesi.

Quanto più di intimo ognuno di noi possegga viene esposto al sole e lambito dal vento, svolazzando tra i palazzi dei bei centri storici, formando linde bandiere che completano il balcone di qualche casa appartata del nostri Bel Paese.

Nella suggestiva fotografia, originariamente intitolata “Stèndin ovation” di Emanuele Minetti, uno scorcio della storica Genova, repubblica marinara profondamente legata alla storia del commercio internazionale, contraddistinta dal settore finanziario risalente al Medioevo, ove, nel 1407, fu fondato il Banco di San Giorgio, prima banca del mondo e fondamento della prosperità della città a partire dalla metà del XV secolo. La ricchezza culturale per storia, arte, letteratura e musica ispirò alcuni versi del Petrarca, che la definì “(…) regale, addossata a una collina alpestre, superba per uomini e per mura. Il suo solo aspetto era in grado di indicarla Signora del mare”.

Mondi diversi_ - Foto di Lena Bell

Ciò che nel gergo del marketing e della pubblicità viene definito come “visual merchandising” appare riduttivo; “visual” (def.) corrisponde al “disegno contenuto nel layout o la parte visiva di un commercial o di un annuncio stampa”, mentre per “merchandising” si intendono “tutte le attività mirate a promuovere le vendite di un prodotto dopo che ha raggiunto il punto vendita; vi rientrano quindi il packaging, l’esposizione o display, le offerte speciali e tutte le iniziative promozionali” (def. da “Il dizionario dei termini di marketing & pubblicità” – Ed. Italia Oggi).

Nonostante le definizioni e le accezioni periferiche che sempre più negli ultimi anni hanno allargato il campo del visual merchandising, rimane ancora una zona d’ombra importante: la trasposizione, il “mettersi nei panni degli altri”.

Il panno è strettamente legato alla persona, pertanto, ai fini di una buona progettazione del merchandising, questa non può in alcun modo esimersi dalla personalità di marca o dallo stile del marchio di produzione o del commercio.

Al blog Prossemica viene demandato il compito di fornire gli strumenti per tradurre il linguaggio del marketing nel gergo tecnico del progetto e del progettista e viceversa. A tal fine l’analisi verrà inizialmente focalizzata su alcuni concetti chiave della psicologia ambientale. Ai progettisti dunque è dedicata non solamente questa categoria, ma in particolare quella del “marketing”.

La scelta dell’emozione

Il tema centrale più attuale che plasma i grandi obiettivi del marketing ed i risultati sottesi alla strategia aziendale è connaturato nell’esplorazione delle emozioni che l’azienda vuole, deve, comunicare. 

Il marketing emozionale, come già detto, gioca un ruolo sempre più rilevante nel panorama commerciale odierno: senza di esse l’uomo non sarebbe più in grado di decidere, quindi di agire.

Nelle scelte di consumo il sistema emotivo, automatico e inconscio, risulta molto più celere del  sistema razionale, controllato e conscio. 

I marketer più aggiornati si servono di inneschi emotivi nelle loro campagne: il cardine risiede nei valori che l’impresa decide di perseguire, nella mission e nella vision aziendale e nelle identità o modalità d’uso delle linee di prodotti e servizi erogate.

Le emozioni sono il punto di partenza per la creazione o la gestione di un marchio, che sappia generare maggiore empatia con i consumatori. Se l’emozione è positiva, si trasformerà in una sensazione piacevole, portando la persona ad avere forti associazioni con il marchio, che lo farà durare nel tempo e ci permetterà di raggiungere la tanto attesa fedeltà del cliente.

Solo successivamente all’identificazione del marchio, le emozioni devono essere analizzare e sintetizzate con coerenza nel marketing mix e nelle fasi di comunicazione dell’azienda: dalla pubblicità, nei punti vendita, nei processi dei centri di assistenza al cliente, dall’uso del prodotto e dalle risorse umane che si interfacciano a nome dell’impresa verso il proprio mercato di riferimento. 

Di fatto, esistono ancora molteplici definizioni del termine emozione che comportano un certo grado di accordo e di disaccordo tra gli autori; una delle teorie maggiormente utilizzate, sebbene non troppo recente, è estrapolata da R. Plutchik, creatore della “ruota delle emozioni”.

Il suo saggio rimane per ora la rassegna più dettagliata delle ricerche neurobiologiche sulle emozioni:  

L’emozione è un insieme complesso di interazioni tra fattori soggettivi e oggettivi, mediate da sistemi neurali/ormonali, che possono

  • dare origine a esperienze affettive come sensazioni di attivazione e di piacere/dispiacere; 
  • generare processi cognitivi come effetti percettivi emotivamente rilevanti, valutazioni, processi di etichettamento; 
  • attivare aggiustamenti fisiologici di vasta portata alle condizioni elicitanti; 
  • portare a un comportamento che è spesso, ma non sempre, espressivo, finalizzato e adattativo.

Nella sua ruota, Plutchik compone otto emozioni primarie, cioè quelle innate e presenti in ogni popolazione, ed otto emozioni secondarie, originate dalle primarie ma derivate dall’interazione sociale e dalla cultura di appartenenza. Ciascuna di esse è associata ad un colore, che rappresenta la sua intensità, identificando dapprima le emozioni primarie per poi spiegare le emozioni miste od i miscugli di emozioni che derivano da esse. 

In questo articolo verranno anzitutto approfondite le emozioni primarie, che in anni più recenti (2008), P. Ekman, psicologo americano, definì così:

  • rabbia, generata dalla frustrazione che si può manifestare talvolta anche attraverso l’aggressività;
  • paura, emozione dominata dall’istinto che ha come obiettivo la sopravvivenza del soggetto ad una situazione pericolosa;
  • tristezza, si origina a seguito di una perdita o da uno scopo non raggiunto. 

Questo primo insieme di emozioni primarie vengono spesso utilizzate nelle campagne che  promettono ai clienti che un prodotto/servizio specifico permetterà di evitare o superare la situazione che temono. 

I nordamericani parlano spesso di Fear of Missing Out (FOMO): è la paura di perdersi qualcosa, rimanere fuori dal giro. I marketer fanno leva su questa sensazione per indurre gli utenti all’acquisto. 

Per esempio menzionando un’offerta che scadrà presto o sottolineando i benefici esclusivi di cui godono gli iscritti a un certo programma fedeltà. 

Lo stesso meccanismo viene spesso ripreso in un’emozione secondaria, quale il senso di colpa, quando il prodotto o servizio offerto può alleviare il problema sul quale l’utente si è concentrato. Un esempio sono le campagne promozionali per il dimagrimento.

  • Gioia, stato d’animo positivo di chi ritiene soddisfatti tutti i propri desideri;
  • sorpresa, si origina da un evento inaspettato, seguito da paura o gioia. 

Questo secondo insieme genera stati d’animo positivi, dai quali perviene una miscellanea generante la fiducia, sentimento vitale e fondamentale per qualsiasi relazione a lungo termine. 

Un marcato esempio di facile interpretazione si rileva nei servizi che garantiscono modalità di pagamento e di spedizione sicure e tempestive, oppure nella ripresa di recensioni positive e di altre testimonianze sulla bontà del prodotto acquistato. 

Per generare fiducia, trasparenza e chiarezza sono elementi essenziali per tutte le comunicazioni e le attività promozionali. Tuttavia i valori sono soggettivi e sono alla base delle nostre priorità e delle nostre scelte. 

Un cliente motivato all’acquisto dovrà pensare che sta facendo un affare, ovvero vorrà percepire un valore. Le promo “paghi due prendi tre” o le pratiche di rimborso si propongono di garantire un valore reale al cliente. 

Sospeso tra questo secondo insieme di emozioni ed il prossimo, a seconda dell’uso di concetti significativi espressi nella comunicazione, c’è il senso di appartenenza, sul quale si radica il desiderio di essere parte di una comunità, contraddistinta da valori sociali condivisi. 

A questa tipologia di comportamento corrisponde frequentemente il ricorso al “social media marketing”, ovvero alla creazione ed alla gestione di contenuti e campagne incentrate sui social network che si propongono la condivisione di una visione collettiva tesa a rafforzare la relazione tra clienti e marchio. 

Le aziende coltivano il senso di appartenenza dei clienti facendoli sentire membri di una grande famiglia (gioia) oppure di una cerchia esclusiva (distacco dalle altre cerchie).

Iconografia Riva, esclusiva Sofia Loren
  • Disprezzo, sentimento e atteggiamento di totale mancanza di stima e disdegnato rifiuto verso persone o cose, considerate prive di dignità morale o intellettuale;
  • disgusto, risposta repulsiva caratterizzata da una comunicazione corporale specifica.

Un largo esempio è l’utilizzo della leva della competizione: essa è una sensazione negativa ma che ci motiva perché ci spinge ad agire per raggiungere o superare gli altri. I clienti ricevono la sensazione che ciò che è stato acquistato li renderà migliori dei loro pari.

Un esempio tipico è certamente espresso dai vari prodotti di lusso, ma tale feed back si può adattare a qualsiasi oggetto.

Similmente questo tipo di emozioni viene spesso ripreso anche nella ricerca della propria leadership dall’utente: essa contraddistingue quei consumatori che ricercano l’innovazione e che desiderano provare dei prodotti per primi per poi parlarne esprimere il proprio, immediato, giudizio.

E’ pertanto necessario evidenziare la novità del prodotto; occasionalmente l’azienda propone una sorta di lista d’attesa a cui iscriversi via mail per essere avvisati prima degli altri, o contraddistingue la linea di prodotto anticipatamente al lancio sul mercato quale “limited edition”. 

In una prima analisi, dunque, sarebbe sufficiente iniziare a chiarire a quali valori si ispira il marchio aziendale e definire, pertanto, quale tipo di relazione l’azienda si propone di instaurare e mantenere con il proprio targetgroup. 

Invero, questo tipo di riflessione dovrebbe identificare l’emozione primaria alla quale il “sistema impresa” (di cui il marketing fa parte integrante), si vorrà ispirare in tutte le scelte da compiersi. 

Per ulteriori approfondimenti:

Ekman, P. (2008). Te lo leggo in faccia. Riconoscere le emozioni anche quando sono nascoste. Editore Amrita, collana Scienza e Compassione. 

La ricerca di emozioni.

Il contenitore Carosello: felicità, benessere e… pubblicità.

Pubblicità e consumi sono fenomeni strettamente connessi:

il comportamento dei consumatori infatti è basato solo in minima parte su processi razionali.

Altri “meccanismi” vengono generato dai cosiddetti “neuroni specchio”: scoperti all’inizio degli anni ’90 dallo scienziato G. Rizzolatti, essi sono cellule presenti nel cervello che si attivano non solo quando si esegue un’azione, ma in modo analogo anche quando a compierla è un’altra persona. 

La “pubblicità” propone  racconti  e  rappresentazioni  delle  marche  e dei prodotti che le persone usano o useranno, allo scopo di orientarne le scelte individuali.

Tale approccio, dunque, integra fenomeni  psicofisiologici  e  neuropsicologici  (interni, non  direttamente  osservabili)  con  fenomeni  psicologici,  nella  narrazione  che  la persona fa dell’esperienza di fruizione ed elaborazione del messaggio (l’esterno, l’osservabile). 

Alcune ricerche del neuromarketing hanno dimostrato che lo spettatore era in grado di identificare alcuni marchi quando il prodotto pubblicizzato veniva integrato nella trama di un racconto,  assumendo un significato autonomo all’interno della narrazione.

Tali analisi hanno infatti confermato l’importanza di un logo nell’evocazione dell’immagine del brand (ad esempio Coca-Cola, Disney o Apple vengono richiamati alla mente e influenzano le nostre percezioni anche quando non li notiamo consapevolmente).

I racconti degli anni ’60: il pupazzo Provolino impersonato da Raffaele Pisu.

Il “neuromarketing”, dunque, indaga le percezioni inconsce dei consumatori nelle loro manifestazioni. Esso è un ambito della psicologia applicata che analizza l’impatto del marketing e della comunicazione sulla mente dei consumatori, misurando le reazioni del cervello dei consumatori a determinati stimoli visivi/uditivi, esplorando la connessione tra emozioneed attività elettromagnetica del cervello.

Le informazioni generate da questi test vengono spesso sfruttate a livello di marketing dalle aziende con l’obiettivo di generare “cose” che emozionino il più possibile il consumatore.

La capacità di un’azienda di costruirsi un’immagine distinta e una personalità forte consente di orientare verso di sé i desideri dei consumatori che si identificano o aspirano alla visione proposta.

Ad oggi le applicazioni del neuromarketing si estendono a sei ambiti particolari:

  • Branding: attraverso la misurazione del grado di relazione tra utenti ed il brand, ovvero l’analisi dell’idea che il consumatore ha di un’azienda;
  • Product design: nella misurazione della reazione dei consumatori a particolari prodotti e innovazioni.
  • Pubblicità: l’osservazione della reazione del pubblico ad una pubblicità, con lo scopo di avere  feedback certi su come rendere la pubblicità più accattivante.
  • Vendita nei negozi:il posizionamento dei prodotti all’interno di un negozio allo scopo di influenzare le scelte di consumo; l’analisi dello stesso ambiente, quali luci, i colori utilizzati e tutti gli altri aspetti che possono influenzare la propensione all’acquisto.
  • User Experience di un sito web nell’influenza delle emozioni di un visitatore.
  • Intrattenimento: film, serie TV, libri, musica.

Per ulteriori approfondimenti:

Lindstrom M., Neuromarketing. Attività cerebrale e comportamenti d’acquisto, Apogeo Editore

Gallucci F., Marketing emozionale e neuroscienze, Egea

Babiloni F., Meroni V., Soranzo R., Neuroeconomia, neuromarketing e processi decisionali, Springer Verlag

Morin C., Neuromarketing: the new science of consumer behaviour, www.academia.edu