Megatrends e Change Management

L’Italia si è fatta promotore delle politiche Green: basti pensare all’introduzione dei Criteri Minimi Ambientali (CAM), resi obbligatori in particolare negli “appalti verdi” previsti dal Green Public Procurement, alla nascente finanza Green ed agli investimenti ed ai finanziamenti espressi in tale direzione. Questi strumenti di politica ambientale spesso fanno leva sulla domanda pubblica, contribuendo, in modo determinante, al raggiungimento degli obiettivi delle principali strategie europee come quella sull’uso efficiente delle risorse o quella sull’Economia Circolare.

I cosiddetti megatrends si definiscono così come un insieme di potenti forze di cambiamento sociale, demografico, ambientale e tecnologico, paradigmi di profonda trasformazione del nostro mondo. 

I temi dello sviluppo sostenibile e dell’economia circolare, nonché dell’innovazione, stanno cambiando in modo radicale il modo di fare impresa.

Le nuove politiche finanziarie, il sistema di consumo oggi orientato al Green, la mancanza dei mercati internazionali causata dalla pandemia, il basso potere di acquisto e la scarsa propensione al consumo generati dall’incertezza dei mercati, in particolare dal mercato del lavoro, hanno semmai aggiunto ulteriori segnali di cui tenere conto.

Di fronte a tutte queste variabili, molto spesso l’impresa non è in grado di reagire con reattività e soprattutto con coerenza, poiché i cambiamenti repentini del mercato di riferimento possono indurre l’azienda a comprimere i costi ed a mantenere il prodotto (o servizio) stabile.

Questi super trends a cui ci troviamo di fronte, tuttavia, hanno una portata ed una vastità che non si deve sottovalutare: possono rappresentare l’opportunità di “essere tra i primi”, di avvantaggiarsi ricostruendo un’offerta che non sarà più basata sulle mode del periodo o sulla guerra di prezzo, ma che potrebbero mantenere il cosiddetto “valore aggiunto” per lunghi anni, aiutandoci di fatto ad acquisire barriere all’entrata rispetto all’offerta straniera ed a innovare il know how nazionale ed europeo a livello internazionale.

La gestione del cambiamento (Change Management), in generale, ma soprattutto in questo particolare momento storico,  è la fase più complessa in assoluto che un’impresa possa affrontare: ogni strategia di cambiamento presuppone anzitutto di stabilire un obiettivo specifico e realizzabile, possibilmente sostenibile sia in termini di risorse economico-finanziarie dall’impresa, che soprattutto in relazione alle risorse umane e tecnologiche di cui l’azienda disponga già. 

Definite le linee guida, il percorso, vengono definite le strategie di marketing, delle risorse umane, anche delle tecnologie laddove possano ottimizzare uno o più processi, ma soprattutto, fondamentale per poter parlare di sostenibilità del Business, è oggi indispensabile parlare di “strategie dei servizi”.

Un bene, prodotto o servizio che sia, ha un naturale ciclo di vita, che va dalle fasi di sviluppo dell’idea, fino alla fase di declino. Le odierne politiche internazionali puntano all’estensione di periodo di vita; pertanto se un’impresa prima poteva vendere sulla base della quantità in un breve lasso di tempo, ora si troverà a fare i conti con questa impossibilità. Come fare quindi per nobilitare prodotto ed impresa, in modo tale da non arrivare alla sua chiusura? Attraverso lo sviluppo di servizi, che possono ricondursi proprio a tutte le fasi previste dall’economia circolare, quali ad esempio il recupero, il riciclo, ma non solo. Sviluppo sostenibile ed economia circolare, infatti, ci parlano di “sistema”: è necessario fare rete, produrre ricadute benefiche sul territorio, implementare politiche eque, vivibili e realizzabili secondo quanto previsto dal’Agenda 2020/30 ed i suoi 17 Goal, firmati dai governi di ben 193 Paesi.

Responsabilità tecnologica

Tecnologie sottorranee nel 1955
Inaugurazione della metropolitana, Roma – 1955

Verrà un giorno, e non è molto lontano, in cui potremo concludere affari, studiare, conoscere il mondo e le sue culture, assistere a importanti spettacoli, stringere amicizie, visitare i negozi del quartiere e mostrare fotografie a parenti lontani, tutto senza muoverci dalla scrivania o dalla poltrona.

Bill Gates

Gli scenari che si sono aperti nel mondo della tecnologia con l’avvento della #BUL, ovvero Banda Ultra Larga, sono spesso sottovalutati e non vengono presi in considerazione gli aspetti che essa porta a beneficio del nostro lavoro, del modo che abbiamo di svolgerlo e della sostenibilità dello stesso.

Da quanto tempo abbiamo nelle nostre teste la parola Cloud? E da quanto tempo stiamo provando a utilizzarlo con insuccesso? Probabilmente da tanto e troppe sono state le delusioni nello scoprire che questa tecnologia, spesso è risultata acerba. Lo stato di “inutilizzabilità”, però, non è stata solo colpa della pioneristica avventura nel mondo della nuvola ma spesso è o è stata data dalla mancanza di infrastrutture. I sogni visionari di Bill Gates si sono avverati solo grazie al raggiungimento di un livello di connettività tale da rendere realmente fruibile la condivisione dei dati, non solo in ottica social, ma anche in ottica aziendale: esempio agli occhi di tutti oggi è lo smart working.

E’ pronta un’azienda per adottare questo strumento? Il bisogno di un’analisi dell’infrastruttura informatica è ovviamente doverosa, al fine di garantire il corretto metodo di utilizzo, di fruizione e soprattutto la protezione dei dati che vengono veicolati attraverso i canali utilizzati.

E’ pronto l’utente por poter entrare in questo metodo di lavoro? Purtroppo spesso la risposta è no. Non ci siamo fatti trovare pronti, culturalmente parlando, per adottare il lavoro agile. Certo, le recenti vicissitudini hanno obbligato molti datori di lavoro ad adottare questa tipologia di svolgimento dell’attività lavorativa che è anche un potentissimo strumento sia in ottica di sostenibilità che di welfare aziendale, ahimè obbligato come unica soluzione nonché alternativa.

Poter usufruire dei propri dati, siano essi documenti, disegni, progetti, non solo trovandosi in ufficio ma anche “da remoto”, come può per esempio essere “il cantiere”, consultando un disegno che l’utente ha elaborato in ufficio o “da casa”, piuttosto che la possibilità di interconnettere due sedi fisicamente separate, è solo ed esclusivamente possibile grazie alla larghezza di banda che oggi, finalmente, abbiamo a disposizione.

La speranza che questo metodo, entrato forse nel modo sbagliato negli uffici delle aziende e nelle case dei lavoratori, continui a trovare utilizzo e terreno fertile per essere applicato in tutte le sue declinazioni, è forse uno dei grande auspici che può aiutare a pensare in maniera positiva al metodo di lavoro che ci attenderà quando il triste momento in cui ci troviamo ora, sarà finito.

Ringraziamo per la collaborazione nella stesura di questo articolo, il Per. R. Postinghel, di Right Plan.

Confraternite italiane

Il valore delle #relazioni

La comunicazione si trasforma in cultura, la cultura si diffonde: cambia il modo di pensare, cambia il modo di parlare, il mondo diventa una rete.

La relazione è innovazione e l’innovazione amplifica le relazioni, le quali producono conoscenza, oggi condivisa ed in tempo reale.

La pratica di creare una rete di relazioni è molto diffusa tra le imprese e i professionisti da molto tempo prima della nascita di internet. Una pratica che si perde nella notte dei tempi, quando il commercio era circoscritto a comunità locali e si basava sulle relazioni personali all’interno della comunità. Ma con l’industrializzazione, la globalizzazione e l’apertura dei mercati a livello internazionale si è venuti a creare un contesto di lavoro nuovo e diverso in cui la competizione la fa da padrona. Contesto che abbiamo dovuto imparare a conoscere, attraverso un continuo apprendimento, che non ha mai fine.

In questo contesto imprese e professionisti si trovano a operare in situazioni in cui la relazione e la conversazione sono in grado di determinare il successo o il fallimento di un’attività, proprio perché la conoscenza, vera o falsa che sia, si diffonde molto rapidamente attraverso il mondo virtuale.

Attraverso la rete virtuale le conversazioni circolano inevitabilmente con un flusso di informazioni che prescinde dalla volontà dell’impresa. La conversazione non è più controllabile tramite le classiche azioni di pubbliche relazioni. Ora non sono più sufficienti a creare il consenso attorno ad un marchio, un prodotto, un servizio.

L’impresa non è più al centro di un sistema, ma è parte di una rete.

Costruire relazioni per il proprio business, come agire?

Le relazioni di business riguardano le persone, riguardano l’attività di un gruppo che si riconosce e agisce attorno ad obiettivi comuni.

In questo contesto mutevole e fragile ci muoviamo insieme … dai valori di Prossemica è nata la volontà di creare una Confraternita in stile Made in Italy.

Lo scopo è quello di creare conoscenza ed opportunità attraverso la condivisione di competenze, esperienze e relazioni reciprocamente proficue per esaltare le proprie peculiarità e condividere nuove iniziative, nuove collaborazioni, nuove interazioni, nuove conoscenze, nuovi supporti, nuove idee. 

Costruire relazioni di business non è solo per le grandi imprese, ma è per tutti.  Come in ogni relazione, ascoltare e partecipare sono gli elementi essenziali. La partecipazione diventa ancora una volta uno scambio di stimoli, risposte e proposte tra le parti, sia degli individui come singoli che come rappresentanti di un’azienda. 

Al centro ci sono sempre le relazioni.

Le relazioni generano capitale sociale, che è determinato dalla condivisione e dal dialogo, dall’ascolto e dalla partecipazione di ciascuno dei membri. Il rapporto si basa sulla reciprocità ed equità tra le parti. 

Un nuovo contatto si trasforma in relazione quando si sviluppa fiducia e credibilità. Questo è ciò che accade nella Confraternita.

Nella Confraternita le relazioni creano valore nell’ecosistema dell’innovazione, ma attraverso lo stile che conosciamo meglio, il Made in Italy.

Per il resto del mondo l’Italia è un vero e proprio enigma, perchè è l’unico sistema Paese nel quale si riesce a generare valore nonostante le situazioni di caos”  – Philip Kotler

L’Italia è un grande team, creativo, personale, con la propensione alla “personalizzazione”, flessibile, comunicativo, mobile, ma legato alle tradizioni e al territorio; innovativo e risolutivo, “geniale” in tal senso: vi si trovano sempre soluzioni (anche bizzarre) per affrontare ogni tipo di situazione.

Lo stile italiano è quello di tessere relazioni che creano conoscenze e attraverso la collaborazione nascono i maestri dell’innovazione. Lo sviluppo dell’innovazione parte con l’identificazione di un’opportunità e oggi le opportunità  si muovono attraverso la Confraternita, un’infrastruttura sociale esclusiva tutta italiana.

“La persona vive sempre in relazione. Viene da altri, appartiene ad altri, la sua vita si fa più grande nell’incontro con altri. E anche la propria conoscenza, la stessa coscienza di sé, è di tipo relazionale, ed è legata ad altri che ci hanno preceduto.” – Lumine Fidei, 2013 – Papa Francesco.

Marketing ed etica

Il video spot anni ’80 di Vecchia Romagna Etichetta Nera, il brandy che “crea un’altmosfera”!

Per introdurre la differenza, anche per i non addetti al marketing, di “marchio” e “marca”, abbiamo scelto un paragone di facile interpretazione con un altro settore, comunemente conosciuto in Italia.

Storicamente si sono legati i due concetti a quello di “prodotto”: da questo enunciato deriva l’attuale confusione dei due termini:

  • fino all’avvento delle neuroscienze e della psicologia, nel marketing era prassi considerare il marchio come il “segnale distintivo, con rilevanza e tutela giuridica, che contraddistingue il prodotto, una linea o un’intera gamma;
  • per marca, invece, si intendeva “i prodotti leader sul mercato;
  • ad essi si contrappongono le marche commerciali (prodotti a marchio) che appartengono ad associazioni commerciali e distributive e sono spesso qualitativamente prossimi ai prodotti leader, ma hanno prezzi inferiori”;
  • infine il Superbrand (o megabrand), che si può riassumere per ora nella manifestazione dei casi in cui il nome della marca cannibalizza la tipologia di prodotto, definendone generalmente anche i prodotti delle altre marche (ne sono esempi celeberrimi Coca Cola, Nutella, Martini, Sanbitter etc.).

(Def. da Il Dizionario dei termini di marketing & pubblicità – Ed. ItaliaOggi)

Ad oggi questa distinzione ha mutato il suo volto: la marca (Brand) deriva da un processo ben definito e strutturato, che passa per molte fasi salienti (brand strategy, awareness, development, Image, etc.), tra le quali la brand personality definisce “la somma degli elementi caratterizzanti una marca agli occhi del consumatore”, che costituiranno i tratti distintivi tramite i quali i neuroni specchio saranno in grado di riconoscere una marca in modo differenziato rispetto alle altre. La marca comunica come una persona: si basa quindi sugli asset del linguaggio prevalentemente simbolico, rifacendosi al contesto culturale proprio e dei propri target. Genera emozioni, positive o negative che siano, ricalcando fedelmente sé stessa in ognuno dei frangenti previsti strategicamente nel proprio piano di brand management.

Ai nostri giorni si è affermata la necessità di distinguere affermazioni su prodotti sostenibili da mere strategie di marketing, a tutela del consumatore, e non solo, si sono affermate alcune specifiche tecniche sul marketing etico ed il cosiddetto “Ethical Claim”:

la ISO / TS 17033 , “Dichiarazioni etiche e informazioni di supporto – Principi e requisiti”, stabilisce le modalità concordate a livello internazionale per presentare una rivendicazione etica credibile e fornisce alle organizzazioni un mezzo per corredare informazioni credibili, accurate e verificabili.

Essa trae informazioni dalla serie ISO 14020 sull’etichettatura e le dichiarazioni ambientali, nonché dalle linee guida ITC (International Trade Center) per la fornitura di informazioni sulla sostenibilità dei prodotti come parte del loro programma di informazione dei consumatori 10YPF. Completa anche le linee guida esistenti come le dichiarazioni ISEAL sulla  sostenibilità.

Per ulteriori informazioni:

https://www.iso.org/news/ref2423.html