Aspetti fisiologici l’edilizia

La matrice SWOT della piccola ricerca condotta in Klimahouse ha chiarito la rilevanza strategica del marketing: la conoscenza delle aspettative della domanda, sempre più orientata ai bisogni di appartenenza e di identificazione con una classe sociale, che la crisi economica ha ulteriormente avvalorato, e le necessità dell’impresa di raccordarsi al mercato di riferimento in un rapporto sempre più stretto, instaura un ciclo aperto tra il marketing, che entra all’inizio del processo di produzione e va oltre il processo distributivo, con l’orientamento aziendale, secondo un approccio di “adattamento al mercato”.

Gli aspetti fisiologici l’edilizia riguardano in modo sinergico il settore ed i singoli prodotti.

Interpretando graficamente i dati dell’ultimo decennio, il “ciclo di vita del settore” (CVS) attesta una situazione preoccupante. Si sono analizzati i settori edile e delle finiture:

Sono principalmente due i piani sui quali il marketing deve rapportarsi in azienda: uno strategico, l’altro operativo, entrambi in forte connessione al fine di trovare una coerente realizzazione nella gestione del marketing mix.

Rispetto al CVS (Ciclo di vita del settore), il riepilogo situazionale è il seguente:

La fase di declino, inoltre, offre tre ipotesi:

  • la “rivitalizzazione”, derivante principalmente da finanziamenti pubblici e dall’ingresso sul mercato di nuove tecnologie sia costruttive che impiantistiche o di soluzioni alternative, quali i concetti di classificazione energetica dell’immobile fino al passive house;
  • la “pietrificazione”, solitamente citata per il “ciclo di vita del prodotto” (CVP), che nel settore edile vede laterizio e calcestruzzo fossilizzati in modelli economici ormai desueti, con conseguente riduzione della domanda e l’ingresso nella guerra dei prezzi;
  • il “declino”, che conclude la sua massima fase con l’uscita definitiva dal mercato di alcune tipologie edili (ad esempio nell’uso della pietra quale materiale da costruzione).

Esistono molteplici strategie di marketing che possono operare verso un processo di rivitalizzazione di un dato mercato; tuttavia tali politiche aziendali devono essere ricercate ed espresse già in fase di maturità del mercato, poiché una riconversione implica necessariamente dei costi in termini di tecnologie, riorganizzazione aziendale, ricerche di mercato, comunicazione etc. che nella fase di flessione della curva reddituale sarebbero più difficili da sostenere. Senza poi contare il cosiddetto “danno all’immagine” che un’azienda subisce agli albori del declino, danno stimabile con costi maggiori addirittura rispetto all’avviamento aziendale e strategie di marketing complesse che non sempre riescono a garantire un rimarginare della ferita del marchio.

Emozioni condivise.

Fiducia e condivisione: due aspetti di fondamentali per la gestione del content marketing.

Gli stessi algoritmi dei principali motori di ricerca invitano alla pubblicazione di contenuti altamente condivisibili, contraddistinti da utilità, qualità ed interesse, nonché dal loro grado di emozionalità.

Queste le “regole” per permanere attivamente nel web.

Come definire quindi tali contenuti, soprattutto a scopo pubblicitario ed aziendale?

Anzitutto definendo l’emozione primaria più prossima ai valori che guidano l’identità dell’impresa.

Successivamente gestendo in modo appropriato e frequente le interazioni:

numerose ricerche hanno evidenziato come a determinati contenuti corrispondano dei pattern emozionali, che dipendono dagli argomenti e dalle parole utilizzate.

E’ certo, inoltre, che i partner di conversazione possano influenzare le emozioni e gli argomenti degli altri, soprattutto in considerazione che ad ogni emozione è connesso un vocabolario di riferimento che scatena una o più azioni a seconda del gergo utilizzato.

Ne consegue un approfondimento delle emozioni secondarie: esse sono complesse e hanno bisogno di più elementi esterni o pensieri eterogenei per essere attivate.

Esse si definiscono in:

  • allegria, sentimento di piena e viva soddisfazione dell’animo;
  • speranza, tendenza a ritenere che fenomeni o eventi siano gestibili e controllabili e quindi indirizzabili verso esiti sperati come migliori;
  • perdono, sostituzione delle emozioni negative che seguono un’offesa percepita (es. rabbia, paura) con delle emozioni positive (es. empatia, compassione).
  • Gelosia, stato emotivo che deriva dalla paura di perdere qualcosa che appartiene già al soggetto;
  • invidia, stato emozionale in cui un soggetto sente un forte desiderio di avere ciò che l’altro possiede;
  • offesa, danno morale che si arreca a una persona con atti o con parole;
  • vergogna, reazione emotiva che si prova in conseguenza alla trasgressione di regole sociali.
  • Rimorso, stato di pena o turbamento psicologico sperimentato da chi ritiene di aver tenuto comportamenti o azioni contrari al proprio codice morale;
  • ansia, reazione emotiva dovuta al prefigurarsi di un pericolo ipotetico, futuro e distante;
  • nostalgia, stato di malessere causato da un acuto desiderio di un luogo lontano, di una cosa o di una persona assente o perduta, di una situazione finita che si vorrebbe rivivere;
  • rassegnazione, disposizione d’animo di chi accetta pazientemente un dolore, una sfortuna;
  • delusione, stato d’animo di tristezza provocato dalla constatazione che le aspettative, le speranze coltivate non hanno riscontro nella realtà.

Lo psicologo R. Plutchik arriva quindi a ipotizzare le relazioni fra emozioni rappresentandole con un modello strutturale tridimensionale a forma di cono: 

  • la dimensione verticale rappresenta l’intensità delle emozioni
  • la circonferenza definisce il grado di somiglianza fra emozioni
  • la polarità è rappresentata dalle emozioni opposte nel cerchio.

Il collegamento delle emozioni tra loro si può stabilire sulla base di tre caratteristiche: 

intensità, somiglianza e polarità. 

Uno dei suoi postulati include anche l’idea che alcune emozioni siano primarie e altre siano derivate o miste, nello stesso senso in cui esistono colori primari e colori misti.

Plutchik scrive:“(…) Per molte parole nel lessico delle emozioni, in genere è possibile trovare altre parole che suggeriscono una versione più intensa o più debole di quell’emozione. (…) la maggior parte delle emozioni si collocano in punti diversi lungo dimensioni implicite d’intensità”.

Un secondo punto da sottolineare è che le emozioni variano nella somiglianza reciproca. 

Questa caratteristica è chiaramente evidente nel caso di sinonimi quali paura e spavento (che possono semplicemente riflettere punti vicini lungo la dimensione dell’intensità), ma vale anche per le dimensioni principali. La dimensione di rabbia, per esempio, è più simile alla dimensione di disgusto (antipatia, disprezzo) che alla dimensione di gioia (allegria, entusiasmo). 

In generale, si presume che gli stati emozionali siano sensazioni suscitate da modificazioni immediate di una situazione (per esempio, vincere a una lotteria, essere minacciati, perdere il lavoro), o da modificazioni fisiologiche temporanee (per esempio, avere molta fame, avere un gran mal di testa, farsi massaggiare). 

Una recente ricerca americana (Liu et al., 2017), condotta su 181 studenti universitari tra i 18 e 20 anni, conferma come la pubblicazione di aggiornamenti, tweet e hashtag sui propri profili siano collegati allo stato emotivo del momento

Un’altra ricerca, stavolta condotta da M. Guerini e J. Staiano, ha indagato il rapporto fra la viralità e le emozioni

I risultati sembrano aver accertato che le persone hanno le stesse probabilità di commentare o votare un post a prescindere dall’emozione positiva o negativa che questo può suscitare. 

L’ipotesi è che ciascuna emozione abbia una valenza, sia essa positiva o negativa, un livello di eccitazione, che è elevato per emozioni come la rabbia o basso per emozioni come la tristezza, e dominanza, ovvero il livello di controllo che una persona ha su questa emozione. 

Da una parte si trovano emozioni travolgenti quali la paura, mentre dall’altra abbiamo emozioni che le persone possono scegliere di provare, quali l’ispirazione.  

Guerini e Staiano spiegano che:

  • i post tendono a generare più commenti quando sono associati ad emozioni di eccitazione (quali felicità o rabbia) ed emozioni di impotenza (quali paura e tristezza); 
  • al contrario, le valutazioni sullo stato emotivo trasmesso da un articolo sono più frequenti quando il contenuto è associato ad emozioni che i lettori sentono di poter controllare maggiormente. 

In ultimo, i fondamenti della condivisione, obiettivo del content marketing, si possono così sintetizzare:

  • alla base della condivisione ci sono le emozioni primarie (gioia, fiducia, paura, sorpresa, tristezza, attesa, rabbia e disgusto);
  • per stimolare la condivisione è preferibile utilizzare i termini connessi alle emozioni che si vogliono comunicare (nel titolo, nel corpo del testo, nel copy per la condivisione) e un visual affine;
  • i contenuti positivi solitamente hanno un maggiore grado di influenza sugli altri, pertanto si prestano maggiormente alla condivisione e meno al commento;
  • le persone condividono contenuti utili per rimarcare la propria intelligenza;
  • le persone condividono contenuti interessanti per stringere o rafforzare i propri legami sociali.

Per ulteriori approfondimenti:

Plutchik, R. (2002). Emotions and Life: Perspectives from Psychology, Biology, and and Evolution. Editore Amer Psychological Assn 

Plutchik, R. (1995). Psicologia e biologia delle emozioni. Editore Bollati Boringheri. 

Psicologia ambientale

Poco nota in Italia è la branca della psicologia “ambientale” (Environmental Psychology), campo “di frontiera” tra la psicologia e gli altri vari ambiti, sia disciplinari che tecnici, riguardanti problemi attinenti al cambiamento dell’ambiente fisico urbano e che coinvolge le discipline dell’architettura e delle scienze naturali, apportando nel dibattito due delle principali tradizioni teoriche della psicologia della percezione-cognizione e della psicologia sociale.

Alla psicologia ambientale è dedicata la categoria “progettazione”: ogni frangente dell’analisi e della strutturazione di un piano di visual merchandising dovrebbe anzittutto prendere atto dalle fasi primordiali della strategia di marketing del committente. Saper individuare il target, le azioni e le tecniche di vendita, la tipologia dei prodotti offerti, il piano di comunicazione creato dall’azienda ed interpretare correttamente tali variabili in un tempo ed in uno spazio non è facile. Il magazine Prossemica nasce anche da queste esigenze, spesso delineate nei servizi di consulenza offerti ad architetti ed interior designer, al fine di tradurre e mediare il linguaggio economico-commerciale dell’azienda e quello tecnico-progettuale del professionista.

Spazi sociofughi - foto di Clark Street Mercantile
L’interesse alla psicologia architettonica nacque tra gli anni ’60 e ’70, con una serie di sperimentazioni atte all’osservazione pragmatica dell’esistenza di aspetti spazialisociofughi”, volti a scoraggiare l’interazione sociale, o, al contrario, “sociopeti”. R. Sommer elaborerà per primo i concetti di “territorialità umana” e di “spazio personale”(1969 – “Spazio personale: la base comportamentale del disegno progettuale“), contestualmente alla diffusione dell’insoddisfazione crescente verso la progettazione “egocentrica”, vista cioè come volta principalmente a soddisfare i bisogni estetici e di auto-affermazione dell’architetto/progettista e scarsamente centrata sulle esigenze dei destinatari/utenti degli edifici stessi. Molte normative che regolano le costruzioni, pur non basandosi sulla scienza psicologica, sono comunque guidate da assunzioni circa l’impatto psicologico delle forme e dell’ergonomia stesse.

Secondo queste posizioni, Canter (1972 – Psychology for Architects) individua alcuni aspetti critici:
– la necessità di distinguere le esigenze di “adeguatezza funzionale” degli edifici, rispetto a quelle relative la forma;
– la complessità del processo progettuale, in cui nessuno progetta per sé, accentuando invece l’utilità della ricerca psicologica come prezioso contributo in tale direzione.

Spazi sociopeti - foto di Kukuh Himawan Samudro

Secondo Canter e Lee (1974) le principali informazioni che la psicologia può fornire alla progettazione dell’ambiente sono suddivisibili in tre categorie:
le attività della gente: che tipo di attività vengono svolte dalle persone, dove e come sono svolte, come cambiano;
le valutazioni differenziate: quali sono cioè le gerarchie di priorità esistenti tra queste, dal punto di vista sia pratico che valoristico;
il rapporto comportamento/ambiente: conoscere e scoprire i rapporti “interattivi” tra persone ed ambiente.

(Testo di approfondimento: Bonnes e Secchiaroli, Psicologia ambientale – Introduzione alla psicologia sociale e dell’ambiente – Ed. NIS)

Il viaggio dei valori

 

Nel numero 1164-5-6 anno 23 del settimanale Internazionale, questa volta dedicato ai viaggi, Giovanni De Mauro illustra argutamente nel sommario il concetto di “pianificazione”, intesa come “l’obbligo a prefigurare, anticipare, immaginare, fantasticare ciò che di buono e di bello ci si aspetta”, citando Mark Twain, che diceva: “Il viaggio è fatale al pregiudizio, al bigottismo ed alla ristrettezza mentale (…)”.

 

In merito alle tematiche del pregiudizio “geografico” è noto un articolo di Teju Cole, fotografo e scrittore statunitense di origine nigeriana, che sul The New York Times Magazine descrive la propria esperienza di un recente viaggio in Svizzera traendo spunto dall’opinione condivisa secondo la quale “la Svizzera evoca in ognuno di noi una serie di facili associazioni mentali (…) quali i paesaggi da cartolina, il segreto bancario e la puntualità dei treni”. Per gli stessi motivi sono di facile associazione iconica Londra con il suo parlamento ed una cabina telefonica rossa, Parigi con la Tour Eiffel, di Rio De Janeiro la statua del Cristo Redentore. Le metonimie riducono il Kenya al safari, la Norvegia ai fiordi e la Svizzera alle montagne.

Tuttavia il pregiudizio è considerato nella psicologia del consumo come il primo fattore di scelta dell’uomo, perlopiù nella attuale società occidentale ed industrializzata.

Per chi ci abita da sempre, il nostro Paese, l’Italia, è indefinibile, data la variegata cultura geografica, storica, letteraria e soprattutto artistica. Ma nel panorama globale il nostro Stato fu definito dal periodo del rinascimento e del barocco come culla della cultura artistica, esattamente nello stesso momento in cui molti artisti dell’Europa del nord attraversavano i confini montani per giungere a Venezia e Roma e tornavano a casa estasiati e pregni del vissuto che avevano sperimentato nell’arte nostrana.

 

Nel suo articolo Teju Cole analizza la comune esperienza del viaggio anche in senso storico: dal 1861 in Svizzera con l’avvento della stampa e delle guide, “l’intrepido viaggiatore poteva muoversi in terre straniere senza bisogno di persone al seguito o di contatti sul posto. (…) I viaggiatori tendono ad andare dove altri sono stati prima di loro, e forse è anche per questo motivo che la fotografia di viaggio rimane relegata all’ordinario. Se si visitano Zurigo, Città del Capo o Bangkok si scopre che sono molto simili: tra i parchi di divertimenti ci sono somiglianze impressionanti, nei caffè si suona la stessa musica, i centri commerciali sono intercambiabili, i bambini sugli scuolabus si somigliano tutti e gli interni delle case (suddivisi per classe sociale)  rispettano tutti gli stessi standard”.

 

Da queste premesse la nostra analisi tende a ri-cercare le chiavi di lettura dei fattori sociali, economici, politici e strutturali italiani più attuali al fine di ridefinire l’identità valoriale che potrebbe costituire un nuovo punto di partenza dal quale innovare la proposta Made in Italy nell’architettura della nostra ormai passata “Dolce Vita”.