Stand Rinnovation

Progettare uno stand significa progettare il luogo “reale” della comunicazione aziendale.

Le prossime fiere in calendario hanno già riacceso l’interesse verso la progettazione degli stand: visitandole di volta in volta è infatti possibile notare piccole e grandi lacune in termini di coerenza tra l’immagine aziendale di alcuni espositori e lo stand proposto.

Sovente infatti la progettazione di questo spazio viene demandata al gusto estetico ed al know how del progettista.

Tuttavia il nucleo centrale dell’intero processo di progettazione deve vertere anzitutto sulla sua efficacia comunicativa, intesa in primis come rappresentazione aziendale e solo in seconda battuta da criteri di funzionalità.

Il percorso più corretto per tale progettazione dovrebbe iniziare da un brief a cura dell’azienda:

  • analisi preliminare:
  1. scelta della fiera, definita in base al target ed all’immagine dell’evento, che deve essere coerente con l’immagine aziendale;
  2. definizione degli obiettivi dell’azienda e dei ritorni attesi dalla fiera;
  3. budget parziale: affitto dello spazio, progettazione e realizzazione dello stand, allestimento;
  4. budget totale: costi collaterali quali quelli organizzativi, del personale, iniziative varie (buffet, cene, etc.), costi di comunicazione (sia on che off line, nonché brochures, inviti etc.);
  5. individuazione del project manager;
  • brief creativo:
  1. mission, vision, eventuale mantra vision, codice etico e valori aziendali;
  2. marchio: forme, colori (pantone o RAL), font, dimensioni, linee prospettiche ed assonometrie;
  3. analisi e sintesi dell’immagine coordinata dell’azienda;
  4. i prodotti da esporre, secondo ordine gerarchico d’importanza (compresi design da testare);
  5. localizzazione del mercato di riferimento (local, glocal o global);
  6. principale target di riferimento raggiungibile mediante la fiera prescelta;
  • spazi prossemici:
  1. caratteristiche culturali del target potenziale: paradossalmente nei Paesi caldi gli spazi prossemici sono più stretti (nei Paesi Arabi l’abbraccio rappresenta il saluto), viceversa nei Paesi più freddi (in Giappone ad esempio la stretta di mano è surclassata dall’inchino);
  2. definizione delle aree di competenza: tecniche, organizzative e gestionali, relazionali e comunicative.

Dal brief aziendale, l’analisi architettonica a cura del progettista:

  • lettura ed interpretazione corretta del brief creativo esposto dall’azienda committente;
  • progettazione degli spazi prossemici:
  1. spazi di transito e spazi di sosta: a questi ultimi va data una maggiore dimensione per evitare una vicinanza distorsiva tra estranei;
  2. spazi di visione: l’atto del guardare necessita di piccole nicchie ove poter sostare senza che la propria vista o la propria permanenza vengano danneggiate dalle zone di transito;
  3. spazi di relazione: destinati al contesto commerciale, abbisognano di privacy;
  • progettazione architettonica dello stand (interpretando rigorosamente il brief dettato dall’azienda):
  1. scelta della tipologia di stand: aperto o chiuso. Se lo stand è aperto, è possibile determinarne la forma: ad isola, a penisola, ad L, aperto su uno o due lati;
  2. il layout non serve, poiché concetto fuorviante rispetto all’analisi delle competenze aziendali che entreranno in fiera, come illustrato nel brief aziendale;
  3. i percorsi si suddividono normalmente in percorso singolo, multiplo o a ventaglio. Nuovamente l’informazione non deve nascere dal progettista, bensì pervenire dagli spazi prossemici analizzati e richiesti dall’azienda;
  4. ad un’unico livello o multipiano, modulare o su misura, sulla sua forma e sulla definizione dei perimetri e delle altezze;
  5. pareti e soffitti, finiture ed arredi, l’illuminazione, grafica etc. sono infine chiavi di comunicazione di fondamentale importanza: la percezione del visitatore dovrà corrispondere univocamente all’immagine coordinata dell’azienda, al suo universo culturale ed ai valori interni, nonché al piani di marketing e di comunicazione sviluppati al suo interno;
  6. rispetto ai materiali da utilizzare per la costruzione dello stand, alle certificazioni in termini di sicurezza, antincendio etc., sta al progettista invece orientare il proprio committente sulle scelte puntuali.

Affidare la progettazione dello stand ad un buon progettista significa semplicemente condividere con lo stesso l’identità aziendale ed instaurare una relazione a due fatta di ascolto e comprensione, parimenti a come si farebbe nell’incontro tra due persone che abbiano voglia di conoscersi e di presentarsi assieme al mondo esterno.

L’Italia in salotto

Al convegno organizzato da Google “Il Made in Italy e la sfida digitale” svoltosi a Roma il 9 ottobre del 2013, il rapporto sinergico tra digitale ed eccellenze italiane è stato interpretato dal caso di Berto Salotti. “Il mondo digitale, nel 2000, era un’opportunità nuova per raccontarci (…) ll web ci ha permesso di collegare la Brianza al resto del mondo, è un canale attraverso il quale rendere disponibili ovunque prodotti fatti a mano e su misura, come se ci fosse un laboratorio artigiano sotto casa di ognuno”.

In questo estrapolato dell’intervista al CEO Filippo Berto, la sintesi di come artigianalità, tradizioni e volti risaltino il radicamento sul territorio dell’azienda brianzola, contemporaneamente alla sua innovazione e rivoluzione digitale. Un chiaro esempio di come l’era digitale possa permettere alle aziende italiane di piccole o medie dimensioni di essere ancora competitive sul mercato estero, se non addirittura “distintive”! Secondo la ricerca Googler-Doxa infatti maturità digitale ed export hanno un impatto diretto anche sul fatturato: le imprese digitalmente avanzate dichiarano in media che il 24% del fatturato derivante dall’export è realizzato proprio attraverso il canale digitale.

Berto infatti prosegue: “Sarebbe un errore concentrarsi su una competizione basata sul prezzo. Oggi le aziende artigiane hanno a disposizione degli strumenti incredibili per distribuire nel mondo e comunicare il valore della manifattura italiana. (…) Noi ci proviamo ogni giorno attraverso nuove idee, nuovi approcci nella produzione e nella distribuzione, nuovi modi di comunicare attraverso lo storytelling, un sito e un blog tradotto in sei lingue”. Nato nel 2004, Bertostory è stato il primo esempio di corporate blog di settore. “Grazie al blog ed ai social network possiamo dialogare con i nostri clienti, mostrare lo stato di avanzamento di una produzione o raccontare “live” progetti. Più che conservare, bisognerebbe “preservare” il saper fare del nostro tessuto produttivo”.

Dall’approfondimento del caso di Berto Salotti, alcune precisazioni in merito alla comunicazione digitale: l’azienda ha un’anima reale, rappresentata dalla sua storia, altrettanto reale e da raccontare. Il suo claim, “La tua tappezzeria sartoriale”, pone saggiamente l’accento sul valore del lavoro artigianale dell’azienda, fatto di facce e di mani, oltre che di un “saper fare” tipico del nostro territorio, tutto italiano. I valori aziendali vengono espressi in modo chiaro e diretto, perché essi esistono e sono condivisi e “sentiti” da tutto il team, che ad oggi vanta venticinque componenti. Stare nel web non significa spalmare la comunicazione su tutti i social network a disposizione, bensì costruire un percorso contenutistico e scegliere coerentemente con gli argomenti salienti i canali più corretti di espressione.

Per ulteriori approfondimenti:
Berto Salotti

Cersaie Vs. Marmomacc

Prima di esporre in una fiera, studiatela e sceglietela con cura; in fin dei conti sarà il vostro abito e la vostra immagine.

Dal Cersaie alcune considerazioni: la più importante manifestazione nazionale dedicata a pietra naturale, tecnologie, design e formazione continua a crescere, forte della crisi che al contrario attraversa Marmomacc, sebbene quest’ultima abbia avuto un incremento del 13,95% di visite negli ultimi tre anni.

Marmomacc segnala il 64,07% di espositori internazionali. Sono ormai molte le aziende estere, in particolare provenienti da Turchia, Egitto, Brasile ed India, che si interfacciano sul panorama europeo, forti di prezzi più che concorrenziali, esportatori di prodotti che hanno trovato fette di mercato per alcune loro tipologie, non reperibili direttamente sul territorio di casa nostra.

La crisi di Marmomacc sugli espositori europei ed italiani, alcuni dei quali che si sono spostati in Cersaie, deriva proprio da questa massiccia presenza straniera.

In Cersaie abbiamo trovato una suddivisione dei padiglioni intelligente in merito alla tipologia del materiale: dai due ingressi principali ed opposti di Calzoni e Michelino si accede direttamente alle esposizioni di ceramiche per pavimenti e rivestimenti, mentre l’ingresso di Costituzione porta invece alla parte espositiva attribuita alle apparecchiature igenico-sanitarie. Impossibile perdere la bussola, la fiera è organizzata bene.

Tuttavia ci sono alcune perplessità:

  • la Hall 30 ospita “Milleluci: Italian Style Concept“. La quarta mostra collettiva B2B trae la propria ispirazione da “Milleluci”, la trasmissione televisiva andata in onda negli anni ’70 sul Programma Nazionale (ora Rai 1) e ricordata per il format originale proposto. La mostra cllettiva si propone di mettere in relazione una selezione di aziende d’alta gamma con un pubblico internazionale di acquirenti e professionisti alla ricerca di nuovi spunti creativi, nell’unione di prodotti e complementi d’arredo. Le ispirazioni riguardano tre set: Madame Butterfly per il floreale, Grease per il vintage, Millesocial per le geometrie. I tre set, diversamente dalle aspettative generate dal titolo Milleluci (Italian Style Concept) sono disattese: gli scenari della spy story, dei noti musical internazionali, dei cartoon o del western non riguardano in alcun modo la storia del cinema italiano, ne tantomeno promuovono quel Made In Italy che il format enuncia.  https://www.cersaie.it/it/k_milleluci.php
  • la fiera distingue i vari settori merceologici, ma non differenzia in alcun modo le aziende produttrici dalle commerciali, ne tantomeno incorpora una suddivisione per Paese di provenienza. In tal modo non è possibile mettere a confronto diretto prodotti similari nel design o nella tecnica, azione che invece dovrebbe interessare il rivenditore locale nella scelta delle forniture. Le aspettative per gli espositori nei confronti di una fiera così conclamata dovrebbero puntare proprio sulla differenziazione dei prodotti “buoni” rispetto alle “facili imitazioni”. La fiera non permette questo confronto, perpetrando nel mercato una guerra di prezzo che penalizza le produzioni virtuose che innovano rispetto alle altre.
  • Una nota di merito va alla Hall 22, la più innovativa in termini di design e creatività. Custodisce infatti al suo interno materiali non ceramici atti al decoro, quali marmi, appunto, pietre naturali e ricostruite, legni etc. Design e innovazione tecnica sono necessari e propedeutici per aprire il mercato a questa tipologia di prodotti complementari, che differiscono per caratteristiche fisico-chimiche e di lavorazione (spesso artigianale) rispetto alle più classiche ceramiche. L’unico neo della fiera è che a questo genere di bellezza viene dedicato poco spazio, poca attenzione e soprattutto manca di comunicazione.
  • Interessanti gli eventi, sebbene il carattere di gratuità del programma “Cersaie disegna casa tua” depauperi ulteriormente la professionalità dei progettisti dislocati sul territorio nazionale e aumenti la percezione distorta da “Leroy Merlin”, ovvero che chiunque possa arredare casa propria con un minimo di gusto. Oltretutto è bene ricordare che il target corretto della fiera dovrebbero essere proprio i professionisti del settore, non già l’utente finale.

Note a posteriori:

Queste osservazioni non vertono su Cersaie in sè, ne su Marmomacc, bensì su tutte le fiere di settore. Di recente abbiamo visitato la piccola fiera di Trento “Idee Casa” e le medesime osservazioni possono essere facilmente ricondotte anche ad essa. In particolare le fiere più piccole e locali potrebbero essere promosse proprio in merito alle caratteristiche storico-culturali del contesto stesso, che si riflette sui materiali proposti, sulle aziende locali e sulla tradizione abitativa della zona.

Il grande schermo.

Le ragioni che riguardano la pubblicità al cinema si fondano principalmente sulle motivazioni del suo pubblico.

I report Cinetel in Italia evidenziano che il numero di biglietti staccati al cinema nell’ultimo triennio è in ascesa, confermando anche un aumento degli incassi e del numero di film distribuiti. Il trend vede in particolare un ritorno nelle sale dei giovani tra i 20 e i 34 anni, forte del fascino che la sala è riuscita a riproporre (fonte: Rapporto Giovani di Istituto Toniolo, Fondazione Cariplo e Intesa Sanpaolo). Il cinema ha un ottimo potenziale a livello pubblicitario. 

Trailer de La Dolce Vita, 1960.

Si è più volte trattato l’interesse peculiare di un mezzo pubblicitario per il cosiddetto “target di riferimento” e negli articoli precedenti sono state individuate alcune strategie per rendere uno spot appetibile e/o emozionante, al fine di conquistare l’attenzione del potenziale consumatore.

Il cinema rappresenta il mezzo dal quale tali scelte possono essere pre-determinate: la scelta del film al quale associare una campagna pubblicitaria ed i contenuti che la stessa dovrebbe avere,  riguarda in particolar modo la trama ed i momenti salienti del film, il tipo di emozione che essi  generano ed i valori (la morale) che la pellicola vuole comunicare, valori i quali devono essere coerenti ed in linea con la propria cultura aziendale.

Un facile esempio: 

nel film di animazione “La bella addormentata nel bosco” di Disney del 1959, il principe colpisce mortalmente la strega Malefica al cuore con la sua spada, la quale muore precipitando in un burrone.

In Maleficent, live action del 2014, Malefica, ritrovata la felicità giovanile, fa rifiorire la brughiera e dichiara la giovane Aurora quale nuova regina, incoronandola.

A quale delle due versioni fareste corrispondere la vostra azienda?

In merito ai protagonisti, già nella fase di casting gli attori vengono selezionati non solo per la loro capacità di recitazione, ma anche in base alla personificazione dei vari personaggi, vagliandone le caratteristiche fisiche (quali aspetti fisici ed estetici, storici etc.) sui quali lo spettatore riformula la propria immagine, con le medesime logiche utilizzate nella scelta di un testimonial nella pubblicità in tv. Le neuroscienze infatti hanno approfondito il legame tra i neuroni specchio ed i processi di imitazione ed emulazione, attraverso l’empatia.

In Italia negli ultimi vent’anni il numero di spettatori entrati nelle sale si è raramente scostato dalla soglia dei 100 milioni di biglietti staccati. Solo le uscite dei film di Checco Zalone hanno permesso di vedere numeri in forte crescita, segnale che il pubblico italiano si è ritrovato nella nuova comicità.

Un esempio chiarificatore:

“Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto” è un film del 1974 di Lina Wertmüller, diventato una pellicola di culto, ‘“Perchè (come spiega l’attore protagonista, Giancarlo Giannini) racconta una bellissima esperienza, ovvero di due persone che inizialmente si odiano che si ritrovano a contatto con l’infinito e la natura, con la freschezza della vita (…)”. Il remake del 2002 ad opera del regista Guy Ritchie, ed interpretato da Adriano Giannini nel ruolo che fu del padre, e Madonna, fu invece un flop totale ai botteghini. Sebbene i due attori fossero già noti, la loro immagine non venne correttamente associata alla trama della celeberrima pellicola da parte del pubblico, che vide un’icona dell’anticonformismo sovrapporsi al ruolo di una classica nobildonna e un figlio d’arte incarnare i panni di suo padre.  

Per quanto riguarda il pubblico (ovvero il target di riferimento), è da puntualizzare il fatto che le sale cinematografiche sono localizzate in un dato raggio chilometrico dai principali centri urbani e che durante le proiezioni il pubblico è impossibilitato allo zapping, mantenendo perciò una soglia dell’attenzione molto più alta rispetto ad altri media. 

Tuttavia sul grande schermo sono arrivati, oltre ai film, anche eventi live e molti altri contenuti alternativi, consentendo anche una maggiore differenziazione del prezzo del biglietto e differenziazione del target. La maggior parte delle proiezioni anticipano o seguono i principali trends sociali del momento.

La Grande Bellezza ed il cinema d’essai

Le preferenze per particolari generi cinematografici a parte, vedono i ragazzi fino ai 30 anni preferire gli horror, gli action-movie e i fantasy, apprezzando generalmente la serialità e le storie brevi. 

Il pubblico adulto, invece, è per le pellicole d’essai ed alla ricerca di contenuti storici e sociali.

E’ inoltre possibile distinguere il target in base alla struttura prescelta: il pubblico dei multisala e dei multiplex sceglie queste strutture per l’innovazione tecnologica, i film in cartellone (principalmente blockbuster) e l’offerta di contorno alla sala. Il pubblico delle piccole sale cittadine, più maturo e abituato al cinema di un tempo, predilige i film di qualità e talvolta i cineforum

Per il 2019 l’obiettivo del mercato cinematografico è di allungare la stagione, con buone pellicole anche d’estate: in questa stagione le giornate sono più lunghe ed i bambini non vanno a scuola, quindi c’è più tempo da poter dedicare alla famiglia ed alle attività condivise. 

In conclusione, per ipotizzare il rendimento di una campagna pubblicitaria al cinema ed ottimizzare gli investimenti futuri, è bene ricercare report che permettano di comprendere il numero di ingressi ai cinema selezionati, i film più gettonati (attenzione poi ad analizzare le tematiche descritte in questo articolo), giorni e fasce orarie più seguite.

Per ulteriori approfondimenti:

Gli albori di ciò che fu definito “La Dolce Vita” italiana:

https://saper.altervista.org/quando-indro-montanelli-vide-per-la-prima-volta-la-dolce-vita/