Quarta dimensione

La ricerca dedicata al design intende dare importanza ai valori dell’impostazione filosofica della fenomenologia, a riconoscimento dell’intenzionalità con la quale la coscienza conduce alla nozione di una “spazialità umana”, non geometrica ma vissuta, che non può essere esplorata al di fuori del rapporto costitutivo con il mondo.

La prossemica vuole essere una semiologia dello spazio in quanto individua in esso un vero e proprio canale di comunicazione e, nei modi differenti del suo essere organizzato, scopre una serie di messaggi interpretabili con un codice antropologico che, stabilendo regole di equivalenza tra significanti e significati, attribuisce alle varie distanze un diverso valore semantico, sul quale influiscono determinate condizioni di ordine etnologico e psicosociologico. In questo senso si può sostenere che la prossemica riconosce, accanto alle tre note dimensioni dello spazio, l’esistenza di una quarta dimensione di natura culturale (Cit.: Umberto Eco, 1996).

Umberto Eco - foto di Alessio Jacona

Il mapping semiotico degli oggetti aiuta a definire la trama del racconto del prodotto di marca (Brand), secondo quattro tipologie di genere:
Missione: la convergenza dei valori critici e utopici porta alla volontà di superare il presente, di proiettarsi nel futuro, di andare verso il nuovo;
Progetto: mantiene la dimensione volontaristica della missione, ma il precedente impegno collettivo è sostituito dalla ricerca individuale di emozioni;
Euforia: sono i discorsi positivi, rassicuranti. L’euforia contraddistingue le marche che si focalizzano su qualità intrinseche dei loro prodotti e che divertono con l’effetto sorpresa;
Informazione: discorsi legati alla qualità prodotti proposti; solitamente vi si posizionano marche con grandi reti distributive.

Il definirsi della psicologia del consumo e della percezione (degli oggetti) rappresenta le basi dalle quali verrà assunta l’analisi del Made in Italy attuale, con l’obiettivo condiviso di creare una nuova identità, autenticamente innovata.

Native Vs. Digital

Insieme al prodotto, al suo prezzo, alle modalità di distribuzione, alle iniziative di promozione, la pubblicità costituisce una delle ‘leve’ del marketing mix, cioè di quella combinazione di variabili che le imprese decidono di adottare per agire con efficacia sul mercato.

Uno spot televisivo tende ad incrementare la credibilità di un’azienda e promuove il prodotto ad una “platea” molto vasta di persone: solitamente il target delle persone che guardano la tv è estremamente trasversale, tuttavia è bene ricordare che le reti televisive, fanno la differenza.

Anche il contenuto di uno spot ed il linguaggio adottato segnano un confine nella pubblicità televisiva: quello delle televisioni locali solitamente è molto più indirizzato al prodotto, mentre aziende di respiro internazionale preferiscono formule più istituzionali, magari secondo schemi non solo italiani.

Uno dei motivi apparenti per cui le aziende edili scelgono di non avvalersi della pubblicità massiva è rintracciabile nella grave crisi che sta attraversando il settore, alla politica sempre più rituale del massimo ribasso dei prezzi e delle logiche devianti che scatenano una forbice sempre più ampia tra preventivo e consuntivo dei costi.

E’ infatti convenzione comune pensare che la pubblicità in TV sia onerosa.

Tuttavia i costi non sono fissi, ma dipendono da molti fattori, ad esempio:

  • canale
  • fascia oraria
  • popolarità del programma
  • numero di telespettatori
  • posizione (uno spot mandato per primo costa di più che uno mandato dopo 2 minuti e mezzo)
  • periodo di programmazione (mese o stagione)
Palinsesti pubblicitari, alcuni esempi

Oltre ai canali tradizionali, l’avvento delle piattaforme digitali a pagamento sta ridisegnando i confini della pubblicità in TV: Nielsen ne esplicita i dati in un bell’articolo intitolato “Play, rewind, replay: la funzione dei video nel 2017”, da cui trarre il segante estrapolato:

“(…) Nel mese di novembre 2017, gli utenti italiani tra i 18 e i 74 anni che si sono collegati almeno una volta sono 30,3 milioni, il +13% in più rispetto al pari periodo dell’anno precedente (fonte: Audiweb powered by Nielsen). Il 92% degli intervistati fruisce di film, telefilm e spettacoli sintonizzandosi sulle emittenti “tradizionali”, in chiaro o a pagamento. Questo consumo di base viene però integrato dall’accesso ai contenuti disponibili online. L’89% dichiara infatti di fruire abitualmente di contenuti disponibili su una o più piattaforme digitali”.

Statistiche Native Advertising Italia, dati Nielsen

In merito ai canali in streaming on line, il caso di attualità di Netflix, sta facendo scalpore per la  sperimentazione su campioni randomici di utenti anglofoni dell’inserimento di pubblicità tra un episodio ed un altro. Non si tratta di spot pubblicitari esterni, ma dell’inserimento di trailer promozionali relativi a prodotti Netflix, che vengono casualmente inseriti tra un episodio e un altro di una stagione.

Il dibattito verte proprio su tali contenuti, in quanto l’offerta del colosso è disponibile previo abbonamento e perciò contraddistinta dall’assenza di spot pubblicitari.

Ciò consente di analizzare il concetto di Native advertising.

Nell’ultimo quinquennio infatti si assiste all’esponenziale crescita di un’altra forma pubblicitaria, per la quale il contenuto viene sponsorizzato, promosso e visualizzato all’interno dei contenuti offerti al lettori. La pubblicità nativa ha come caratteristica fondamentale quella di non essere assolutamente interruttiva per gli utenti in quanto il messaggio pubblicitario assume le stesse sembianze del contenuto diventandone parte, con l’obiettivo di catturare l’interesse dei lettori.

Nielsen ha misurato per Outbrain, player attivo nel content discovery, 18 campagne di native advertising lanciate in Italia. Questo tipo di advertising consiste in una serie di formati in cui il contenuto sponsorizzato viene proposto con un taglio giornalistico e impaginato con uno stile grafico in linea con quello della sezione o rubrica del sito che lo ospita. Le piattaforme di content discovery, grazie ad appropriati algoritmi, segnalano tali contenuti ai target selezionati.

Il native advertising si propone quale luogo di accrescimento della conoscenza di prodotti e servizi, ma soprattutto come luogo di rilancio del dialogo con il consumatore da parte della marca.

Le performance dipendono ovviamente dalla qualità dei contenuti proposti, intesa secondo una duplice accezione:

  • sia come qualità formale del contenuto (la sua dimensione “estetica”),
  • sia come qualità informativa (a sua capacità di suscitare interesse nei confronti del consumatore).

Il native advertising è pertanto considerato uno strumento che integra efficacemente le altre forme di advertising generali, la cui vocazione è quella di raggiungere ampie audience, supportando sia i KPI (Key Performance Indicator) di brand, sia il livello della stessa comunicazione pubblicitaria.

Le principali forme di Native Advertising che siamo abituati a vedere ogni giorno sono ad esempio i True View di Youtube, i Tweet sponsorizzati e i post sponsorizzati di Facebook, di cui parleremo nei prossimi articoli.

Per ulteriori approfondimenti sui principali listini pubblicitari:

http://www.raipubblicita.it/listini/

http://www.publitalia.it/listini/homeListini.shtml

http://www.skypubblicita.it

Marketing ed etica

Il video spot anni ’80 di Vecchia Romagna Etichetta Nera, il brandy che “crea un’altmosfera”!

Per introdurre la differenza, anche per i non addetti al marketing, di “marchio” e “marca”, abbiamo scelto un paragone di facile interpretazione con un altro settore, comunemente conosciuto in Italia.

Storicamente si sono legati i due concetti a quello di “prodotto”: da questo enunciato deriva l’attuale confusione dei due termini:

  • fino all’avvento delle neuroscienze e della psicologia, nel marketing era prassi considerare il marchio come il “segnale distintivo, con rilevanza e tutela giuridica, che contraddistingue il prodotto, una linea o un’intera gamma;
  • per marca, invece, si intendeva “i prodotti leader sul mercato;
  • ad essi si contrappongono le marche commerciali (prodotti a marchio) che appartengono ad associazioni commerciali e distributive e sono spesso qualitativamente prossimi ai prodotti leader, ma hanno prezzi inferiori”;
  • infine il Superbrand (o megabrand), che si può riassumere per ora nella manifestazione dei casi in cui il nome della marca cannibalizza la tipologia di prodotto, definendone generalmente anche i prodotti delle altre marche (ne sono esempi celeberrimi Coca Cola, Nutella, Martini, Sanbitter etc.).

(Def. da Il Dizionario dei termini di marketing & pubblicità – Ed. ItaliaOggi)

Ad oggi questa distinzione ha mutato il suo volto: la marca (Brand) deriva da un processo ben definito e strutturato, che passa per molte fasi salienti (brand strategy, awareness, development, Image, etc.), tra le quali la brand personality definisce “la somma degli elementi caratterizzanti una marca agli occhi del consumatore”, che costituiranno i tratti distintivi tramite i quali i neuroni specchio saranno in grado di riconoscere una marca in modo differenziato rispetto alle altre. La marca comunica come una persona: si basa quindi sugli asset del linguaggio prevalentemente simbolico, rifacendosi al contesto culturale proprio e dei propri target. Genera emozioni, positive o negative che siano, ricalcando fedelmente sé stessa in ognuno dei frangenti previsti strategicamente nel proprio piano di brand management.

Ai nostri giorni si è affermata la necessità di distinguere affermazioni su prodotti sostenibili da mere strategie di marketing, a tutela del consumatore, e non solo, si sono affermate alcune specifiche tecniche sul marketing etico ed il cosiddetto “Ethical Claim”:

la ISO / TS 17033 , “Dichiarazioni etiche e informazioni di supporto – Principi e requisiti”, stabilisce le modalità concordate a livello internazionale per presentare una rivendicazione etica credibile e fornisce alle organizzazioni un mezzo per corredare informazioni credibili, accurate e verificabili.

Essa trae informazioni dalla serie ISO 14020 sull’etichettatura e le dichiarazioni ambientali, nonché dalle linee guida ITC (International Trade Center) per la fornitura di informazioni sulla sostenibilità dei prodotti come parte del loro programma di informazione dei consumatori 10YPF. Completa anche le linee guida esistenti come le dichiarazioni ISEAL sulla  sostenibilità.

Per ulteriori informazioni:

https://www.iso.org/news/ref2423.html

Architettura?

«Beh, se mi posso permettere, spesso il termine utopia è la maniera più comoda per liquidare quello che non si ha voglia, capacità o coraggio di fare. Un sogno sembra un sogno fino a quando non si comincia a lavorarci. E allora può diventare qualcosa di infinitamente più grande». Adriano Olivetti

Ergo… se l’idea fosse venuta ad un comune mortale, gli avrebbero detto che “non si può fare”. Fortunatamente una visione contro-corrente, un pensiero creativo fuori dagli schemi, è finalmente passato dal cuore dell’Italia.

Come il genio creativo si vuole passi dal design, è soprattutto in un progetto architettonico che la fonte di ispirazione non deve derivare dall’idea del progettista, bensì dal credo della persona che ne verrà ospitata.

Nell’articolo di marketing “Momenti: prospettive” si è rimarcato il ruolo fondamentale e strategico di una cultura aziendale innovativa ed efficace. 

Parimenti è insito nel ruolo del buon progettista delineare le prospettive architettoniche nel rispetto della filosofia dell’impresa, come insegnano le esperienze di alcune aziende che si sono distinte sul panorama internazionale anche per merito degli edifici che le ospitano.

Il Kerakoll GreenLab ha una derivazione ingegneristica e stilistica tratta dai valori sui quali si fondano l’azienda stessa assieme alle caratteristiche del territorio, “ove affiorano le Salse di Nirano, caratteristiche formazioni collinari della zona, e rimanda alla memoria storica dei forni per la produzione della calce”.

Esso è divenuto presto un esempio di design italiano contemporaneo e di integrazione edificio/impianto. Un luogo avveniristico dedicato alla ricerca e allo sviluppo tecnologico nel campo dei materiali naturali da costruzione. Costruito in linea con la vision del gruppo di innovazione, di sostenibilità e di eccellenza architettonica, il laboratorio è la sintesi perfetta di sei temi strategici fondamentali, coniuga la riduzione dell’impatto di CO2 e di altri inquinanti indoor, attraverso lo sviluppo di materiali naturali alternativi al cemento, nell’attenzione alla sismicità che soprattutto negli ultimi anni ha investito la zona, promuovendo lo sviluppo di soluzioni per l’isolamento termico e l’efficienza energetica.

Tecnologia e natura si esprimono in un guscio asimmetrico che prende forma dalla terra e dalle acque sotterranee sospinte verso l’alto dai gas che lo perforano, elementi che simbolicamente si ritrovano nelle pareti massive e nella copertura leggera rivestita in trencadis di ceramica bianca, che appare sospesa e fluttuante. 

Le soluzioni progettuali che hanno portato il GreenLab ad essere una delle costruzioni più innovative in Europa sono state rivolate a Materiali Sani e Naturali, Efficienza Energetica, Fotovoltaico e Building Automation, Gestione delle Acque, Bioclimatica e Illuminazione Naturale.

In sintesi, con una citazione di Steve Jobs,

«design è una parola divertente. Alcune persone pensano che il design significhi come una cosa appare. Ma naturalmente, se si scava più profondamente, significa in realtà come quella cosa funziona».