Il contagio emotivo.

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Un cuore… di panna, negli anni ’80. Ed oggi?

Diverse piattaforme di social monitoring tengono traccia del sentimenti connessi ai contenuti basandosi spesso sulla ruota delle emozioni di Plutchik

Nonostante l’aiuto tecnologico di sistemi di analytics e reporting strutturati che permettono di raccogliere e analizzare in modo completo e sistematico le informazioni provenienti dai social, ulteriori sondaggi hanno tuttavia riscontrato la scarsa presenza di attività di analisi e di inclusione delle informazioni e dei feedback raccolti tramite social media all’interno dei processi decisionali aziendali. 

Uno dei social network comunemente utilizzato nel nostro Paese, Facebook, ha introdotto nel 2016 e tra i primi alcuni pulsanti, denominati ”Reactions” (ovvero “reazioni”), che consentono all’utente di esprimere le proprie emozioni relativamente ai contenuti postati ed agli eventuali commenti. 

Già agli inizi del 2012 i ricercatori del Data science center di Facebook avevano eseguito due esperimenti: nel primo test i soggetti del gruppo sperimentale erano stati esposti a contenuti positivi nel flusso delle notizie. In un secondo esperimento a contenuti negativi. 

Il risultato evidenzia un chiaro “contagio emotivo” tra persone. 

Inoltre è stata dimostrata la correlazione tra contenuti ad alto impatto emotivo, come le foto e i video, e la “viralità” nel social network.

Questo risultato ha avvalorato la strategia degli algoritmi, quali formule che condizionano sia le emozioni e il comportamento umano, che intere economie e strategie di marketing. 

L’algoritmo elabora quali contenuti mostrate nel flusso di notizie, determinando quali contenuti mostrare. Conseguentemente lo stesso influenza il budget delle aziende che usano il social network per farsi pubblicità.

Fanpage Karma, ottimo tool di analisi, permette una snella statistica delle emozioni più gettonate:

  • per le pagine di Facebook, la reazione “Love” è la più cliccata (45%) dopo il vecchio “Like”, seguiti da “Haha” 23%, “Wow” 13%, “Sorry” 10% e “Anger” 10%;
  • sul singolo post le reazioni si suddividono invece in “Love” 28% (ancora una volta la più utilizzata), ma a breve distanza segue il suo opposto, la rabbia “Anger” con ben il 27%; poi “Haha” 17%, “Sorry” 15% ed infine il “Wow” con il solo 12%.

La questione più interessante è che i post con reaction ottengono una portata di 2-3 volte superiore a quelli con solo i Like in termini di condivisione:

i post con i “Love” vengono condivisi 5.5 volte più spesso, i link con i “Sorry” 4 volte più spesso, i video con “Wow” e “Haha” vengono visti 6.5 volte più spesso ed i post “Angry” commentati il 50% in più.

E’ però importante notare che i Reactions hanno la pretesa di sintetizzare le emozioni riconosciute universalmente, dette anche “emozioni primarie” le quali, secondo vari studiosi, sarebbero sette, come già descritto nell’articolo “La scelta dell’emozione”.

Tuttavia i pulsanti in dotazione in Facebook ne escludono alcune, generalizzando il significato che l’utente vorrà esprimere:

  • Like: oltre a significare “mi piace” il contenuto, sovente viene utilizzato per segnalare all’autore del che quel post è stato visionato. Spesso quindi la reazione non giustifica l’effettiva lettura del testo.

L’elevato numero di like ad una pagina o ad un post, giustifica ormai nel panorama comune l’indice numerico di popolarità dell’autore e/o dell’azienda.

  • Love: esprime qualcosa di positivo e viene utilizzato in relazione a contenuti ritenuti particolarmente emozionanti, talvolta semplicemente per evidenziare un sentimento di gratitudine od affetto per la persona che ha postato un dato argomento;
  • Haha: la gioia esprime una reazione a diversi vissuti. Probabilmente quello più comune è di divertimento per una frase o un post piacevole, allo stesso tempo si è notato che più recentemente il suo impiego può rilevare, al contrario, una reazione satirica al contenuto.

Rispetto alle emozioni primarie, mancano infatti i bottoni della : per tale motivo le reazioni disponibili assumono significati talvolta opposti al loro senso originale.

  • Wow: la sorpresa, per definizione, è uno stato emotivo conseguente ad un evento inaspettato o contrario all’aspettativa di chi lo sperimenta. Dura pochi istanti ed è in genere seguita da paura o gioia. Il suo utilizzo in Facebook lega questa reazione frequentemente alla curiosità più che allo stupore;
  • Sigh: la psicologia illustra come la tristezza venga ancestralmente associata alla riflessione. Per questa reazione, semmai, il problema interpretativo risiede nel fattore “tempo” che ad essa viene dedicato: nella vita reale la tristezza si accompagna ad una chiusura della persona, che permette l’elaborazione della perdita o della speranza frustrata etc. Nel social network, per propria natura, il fattore temporale è determinato dal “Real Time”, periodo talmente breve da determinare una gestione anomala ed assolutamente inefficiente rispetto al reale sentimento connaturato nella tristezza. E’ quindi una reazione che nel network è difficilmente interpretabile.
  • Grrr: la rabbia è probabilmente è la reazione che si avvicina di più all’idea del “non mi piace”. Questa reazione viene fortunatamente utilizzata nella maggior parte dei casi rispetto al contenuto e non della pagina o del profilo dell’autore.

Le emozioni escluse sono, pertanto, il disgusto, il disprezzo e la paura, che, secondo gli psicologi del Data science center di Facebook, avrebbero potuto connotarsi, verosimilmente alla rabbia, quali espressioni del “non mi piace”.

Anche per questo motivo, la tendenza all’uso di emozioni positive segna maggiormente la condivisione dei contenuti e, con essa, l’indice di popolarità della pagina o del singolo post esaminato.