Pressione pubblicitaria

Esiste un rapporto preciso tra le spese pubblicitarie ed i ricavi totali dell’impresa: essa viene espressa dalla formula  “a/R“, dove a è l’indice della spese pubblicitaria e R sono i ricavi totali.

Nelle leggi economiche le spese pubblicitarie influiscono sullo spostamento della curva di domanda del bene da parte del mercato di riferimento.

Come fare quindi a determinare ipoteticamente quanto capitale investire nella pubblicità?

La tipologia del bene può orientare l’impresa a determinare la pressione pubblicitaria da investire; assumendo per ipotesi semplificativa che la spesa pubblicitaria sia fissa, alcuni beni rispondono meglio di altri all’investimento in comunicazione:

  • nei “beni di ricerca”, la domanda risulta “elastica” rispetto alla pubblicità. Ciò significa che all’aumento della pressione pubblicitaria seguirà un aumento della quantità richiesta di quel bene. La curva della domanda è dunque sensibile all’investimento pubblicitario.

Un esempio può essere ricercato storicamente nelle campagne pubblicitarie di Lagostina: che nel 1956 segna una rivoluzione in cucina: la pentola a pressione.

La svolta nell’innovazione di prodotto nasce dal fondo Thermoplan®, che permette l’abbandono del ferro stagnato in favore dell’acciaio inossidabile. Come racconta l’azienda, “(…) si intensificano gli investimenti pubblicitari e lo slogan “Più sapore in metà tempo” lancia un prodotto rivoluzionario per quegli anni e per il futuro dell’azienda: la pentola a pressione. Ma la pubblicità che più di tutte è entrata nella testa degli italiani è quella realizzata nel 1969 da Osvaldo Cavandoli. Un curioso “Omino”, insoddisfatto e brontolone, diventa protagonista di uno dei caroselli più amati di sempre: La Linea”.

Domanda elastica alla pubblicità
  • nei “beni di fiducia”, al contrario, la domanda è “inelastica” rispetto alla pressione pubblicitaria. All’aumentare della pressione pubblicitaria non corrisponde un pari aumento della quantità richiesta del bene.

Un esempio di facile intuizione può essere dedotto dal settore della produzione di cemento: probabilmente la storia di Rosacometta, almeno ai “non addetti ai lavori”, sfugge, sebbene essa esista fin dal 1904, “dapprima nella fabbricazione di piccole macchine manuali per la produzione di blocchi, successivamente attiva nell’innovazione tecnologica del mercato attraverso la ricerca e la produzione di  macchine a vibrazione dinamica, che contribuirono ad una continua espansione aziendale”.

La pubblicità di Rosacometta andò a diminuire via via nel tempo, non già perché si ridussero i ricavi aziendali, bensì perché il guadagno marginale derivante dalla spesa pubblicitaria non giustificò più, da un certo punto della storia nazionale datato dagli anni ’60 in poi, il continuo incentivo alla pressione pubblicitaria.

Domanda anelastica alla pubblicità

La formula analizzata a/R indurrebbe a pensare che le aziende tenderanno a spendere di più in pubblicità nei mercati in cui la curva di domanda è più sensibile alle spese

I due esempi esposti potrebbero sembrare confermare questa ipotesi.

Tuttavia formula e ragionamento sono ancora incompleti.

Nel prossimo articolo verranno introdotte ulteriori considerazioni in merito alla convenienza pubblicitaria.