Responsabilità ambientale

La costruzione del “Pirellone” sullo sfondo di Milano – 1959

Uno sviluppo edilizio che deve essere sempre più sostenibile: questa la priorità per il passato prossimo.

Nel dopoguerra, la voglia di riscatto, la grande volontà degli italiani e la necessità di ricostruire infrastrutture e tessuto economico danno un impulso senza precedenti alle costruzioni edili.

Nascono in Italia numerose imprese edili e di costruzione con organizzazioni via via sempre più complesse in grado di combinare assieme qualità costruttiva, tecnologie e specializzazione.

Società private e cooperative edili, assumono così dimensioni importanti e capacità di intervento di assoluto rilievo e vengono impegnate da subito per il ripristino delle grandi infrastrutture viarie e degli edifici strategici.

All’interno di queste società si sviluppano professionalità sempre più elevate in grado di affrontare e vincere sfide tecnologiche dedicate alla progettazione e realizzazione di opere infrastrutturali moderne e edifici di maggior qualità abitativa. 

Purtroppo in Italia, a fronte di una spinta senza precedenti nella costruzione di edifici e infrastrutture, non sempre è corrisposta un’adeguata politica  urbanistica, che non è stata in grado di guidare la veloce crescita degli aggregati urbani e industriali, integrandoli con il territorio circostante. 

Col passare degli anni si è cercato di rimediare a questo errore intervenendo a livello di pubblica amministrazione con norme che regolano lo sviluppo urbano nel rispetto del contesto ambientale e sociale.

Oggi vi è la consapevolezza che è necessaria non solo una adeguata pianificazione urbana, ma anche uno sviluppo sostenibile del settore delle costruzioni, che va perseguito analizzando e governando le ricadute degli interventi e delle trasformazioni sui piani economico, sociale ed ambientale, sia al momento della realizzazione degli interventi che durante la vita utile degli interventi stessi e durante la loro dismissione. 

Sono convinto che questo approccio, sostenuto fortemente da un punto di vista economico dall’Unione Europea e dal nostro Paese, possa diventare un’opportunità di crescita e sviluppo per le nostre imprese, portatrici di un patrimonio di competenze e professionalità unico, che ancora una volta si trovano a dover fronteggiare una crisi economica, questa volta generata da un’emergenza sanitaria senza precedenti.

Ringraziamo l’Ing. P. Bellotti del bel articolo che ci è pervenuto e che abbiamo deciso di pubblicare.

Responsabilità tecnologica

Tecnologie sottorranee nel 1955
Inaugurazione della metropolitana, Roma – 1955

Verrà un giorno, e non è molto lontano, in cui potremo concludere affari, studiare, conoscere il mondo e le sue culture, assistere a importanti spettacoli, stringere amicizie, visitare i negozi del quartiere e mostrare fotografie a parenti lontani, tutto senza muoverci dalla scrivania o dalla poltrona.

Bill Gates

Gli scenari che si sono aperti nel mondo della tecnologia con l’avvento della #BUL, ovvero Banda Ultra Larga, sono spesso sottovalutati e non vengono presi in considerazione gli aspetti che essa porta a beneficio del nostro lavoro, del modo che abbiamo di svolgerlo e della sostenibilità dello stesso.

Da quanto tempo abbiamo nelle nostre teste la parola Cloud? E da quanto tempo stiamo provando a utilizzarlo con insuccesso? Probabilmente da tanto e troppe sono state le delusioni nello scoprire che questa tecnologia, spesso è risultata acerba. Lo stato di “inutilizzabilità”, però, non è stata solo colpa della pioneristica avventura nel mondo della nuvola ma spesso è o è stata data dalla mancanza di infrastrutture. I sogni visionari di Bill Gates si sono avverati solo grazie al raggiungimento di un livello di connettività tale da rendere realmente fruibile la condivisione dei dati, non solo in ottica social, ma anche in ottica aziendale: esempio agli occhi di tutti oggi è lo smart working.

E’ pronta un’azienda per adottare questo strumento? Il bisogno di un’analisi dell’infrastruttura informatica è ovviamente doverosa, al fine di garantire il corretto metodo di utilizzo, di fruizione e soprattutto la protezione dei dati che vengono veicolati attraverso i canali utilizzati.

E’ pronto l’utente por poter entrare in questo metodo di lavoro? Purtroppo spesso la risposta è no. Non ci siamo fatti trovare pronti, culturalmente parlando, per adottare il lavoro agile. Certo, le recenti vicissitudini hanno obbligato molti datori di lavoro ad adottare questa tipologia di svolgimento dell’attività lavorativa che è anche un potentissimo strumento sia in ottica di sostenibilità che di welfare aziendale, ahimè obbligato come unica soluzione nonché alternativa.

Poter usufruire dei propri dati, siano essi documenti, disegni, progetti, non solo trovandosi in ufficio ma anche “da remoto”, come può per esempio essere “il cantiere”, consultando un disegno che l’utente ha elaborato in ufficio o “da casa”, piuttosto che la possibilità di interconnettere due sedi fisicamente separate, è solo ed esclusivamente possibile grazie alla larghezza di banda che oggi, finalmente, abbiamo a disposizione.

La speranza che questo metodo, entrato forse nel modo sbagliato negli uffici delle aziende e nelle case dei lavoratori, continui a trovare utilizzo e terreno fertile per essere applicato in tutte le sue declinazioni, è forse uno dei grande auspici che può aiutare a pensare in maniera positiva al metodo di lavoro che ci attenderà quando il triste momento in cui ci troviamo ora, sarà finito.

Ringraziamo per la collaborazione nella stesura di questo articolo, il Per. R. Postinghel, di Right Plan.

Confraternite italiane

Il valore delle #relazioni

La comunicazione si trasforma in cultura, la cultura si diffonde: cambia il modo di pensare, cambia il modo di parlare, il mondo diventa una rete.

La relazione è innovazione e l’innovazione amplifica le relazioni, le quali producono conoscenza, oggi condivisa ed in tempo reale.

La pratica di creare una rete di relazioni è molto diffusa tra le imprese e i professionisti da molto tempo prima della nascita di internet. Una pratica che si perde nella notte dei tempi, quando il commercio era circoscritto a comunità locali e si basava sulle relazioni personali all’interno della comunità. Ma con l’industrializzazione, la globalizzazione e l’apertura dei mercati a livello internazionale si è venuti a creare un contesto di lavoro nuovo e diverso in cui la competizione la fa da padrona. Contesto che abbiamo dovuto imparare a conoscere, attraverso un continuo apprendimento, che non ha mai fine.

In questo contesto imprese e professionisti si trovano a operare in situazioni in cui la relazione e la conversazione sono in grado di determinare il successo o il fallimento di un’attività, proprio perché la conoscenza, vera o falsa che sia, si diffonde molto rapidamente attraverso il mondo virtuale.

Attraverso la rete virtuale le conversazioni circolano inevitabilmente con un flusso di informazioni che prescinde dalla volontà dell’impresa. La conversazione non è più controllabile tramite le classiche azioni di pubbliche relazioni. Ora non sono più sufficienti a creare il consenso attorno ad un marchio, un prodotto, un servizio.

L’impresa non è più al centro di un sistema, ma è parte di una rete.

Costruire relazioni per il proprio business, come agire?

Le relazioni di business riguardano le persone, riguardano l’attività di un gruppo che si riconosce e agisce attorno ad obiettivi comuni.

In questo contesto mutevole e fragile ci muoviamo insieme … dai valori di Prossemica è nata la volontà di creare una Confraternita in stile Made in Italy.

Lo scopo è quello di creare conoscenza ed opportunità attraverso la condivisione di competenze, esperienze e relazioni reciprocamente proficue per esaltare le proprie peculiarità e condividere nuove iniziative, nuove collaborazioni, nuove interazioni, nuove conoscenze, nuovi supporti, nuove idee. 

Costruire relazioni di business non è solo per le grandi imprese, ma è per tutti.  Come in ogni relazione, ascoltare e partecipare sono gli elementi essenziali. La partecipazione diventa ancora una volta uno scambio di stimoli, risposte e proposte tra le parti, sia degli individui come singoli che come rappresentanti di un’azienda. 

Al centro ci sono sempre le relazioni.

Le relazioni generano capitale sociale, che è determinato dalla condivisione e dal dialogo, dall’ascolto e dalla partecipazione di ciascuno dei membri. Il rapporto si basa sulla reciprocità ed equità tra le parti. 

Un nuovo contatto si trasforma in relazione quando si sviluppa fiducia e credibilità. Questo è ciò che accade nella Confraternita.

Nella Confraternita le relazioni creano valore nell’ecosistema dell’innovazione, ma attraverso lo stile che conosciamo meglio, il Made in Italy.

Per il resto del mondo l’Italia è un vero e proprio enigma, perchè è l’unico sistema Paese nel quale si riesce a generare valore nonostante le situazioni di caos”  – Philip Kotler

L’Italia è un grande team, creativo, personale, con la propensione alla “personalizzazione”, flessibile, comunicativo, mobile, ma legato alle tradizioni e al territorio; innovativo e risolutivo, “geniale” in tal senso: vi si trovano sempre soluzioni (anche bizzarre) per affrontare ogni tipo di situazione.

Lo stile italiano è quello di tessere relazioni che creano conoscenze e attraverso la collaborazione nascono i maestri dell’innovazione. Lo sviluppo dell’innovazione parte con l’identificazione di un’opportunità e oggi le opportunità  si muovono attraverso la Confraternita, un’infrastruttura sociale esclusiva tutta italiana.

“La persona vive sempre in relazione. Viene da altri, appartiene ad altri, la sua vita si fa più grande nell’incontro con altri. E anche la propria conoscenza, la stessa coscienza di sé, è di tipo relazionale, ed è legata ad altri che ci hanno preceduto.” – Lumine Fidei, 2013 – Papa Francesco.

Native Vs. Digital

Insieme al prodotto, al suo prezzo, alle modalità di distribuzione, alle iniziative di promozione, la pubblicità costituisce una delle ‘leve’ del marketing mix, cioè di quella combinazione di variabili che le imprese decidono di adottare per agire con efficacia sul mercato.

Uno spot televisivo tende ad incrementare la credibilità di un’azienda e promuove il prodotto ad una “platea” molto vasta di persone: solitamente il target delle persone che guardano la tv è estremamente trasversale, tuttavia è bene ricordare che le reti televisive, fanno la differenza.

Anche il contenuto di uno spot ed il linguaggio adottato segnano un confine nella pubblicità televisiva: quello delle televisioni locali solitamente è molto più indirizzato al prodotto, mentre aziende di respiro internazionale preferiscono formule più istituzionali, magari secondo schemi non solo italiani.

Uno dei motivi apparenti per cui le aziende edili scelgono di non avvalersi della pubblicità massiva è rintracciabile nella grave crisi che sta attraversando il settore, alla politica sempre più rituale del massimo ribasso dei prezzi e delle logiche devianti che scatenano una forbice sempre più ampia tra preventivo e consuntivo dei costi.

E’ infatti convenzione comune pensare che la pubblicità in TV sia onerosa.

Tuttavia i costi non sono fissi, ma dipendono da molti fattori, ad esempio:

  • canale
  • fascia oraria
  • popolarità del programma
  • numero di telespettatori
  • posizione (uno spot mandato per primo costa di più che uno mandato dopo 2 minuti e mezzo)
  • periodo di programmazione (mese o stagione)

Palinsesti pubblicitari, alcuni esempi

Oltre ai canali tradizionali, l’avvento delle piattaforme digitali a pagamento sta ridisegnando i confini della pubblicità in TV: Nielsen ne esplicita i dati in un bell’articolo intitolato “Play, rewind, replay: la funzione dei video nel 2017”, da cui trarre il segante estrapolato:

“(…) Nel mese di novembre 2017, gli utenti italiani tra i 18 e i 74 anni che si sono collegati almeno una volta sono 30,3 milioni, il +13% in più rispetto al pari periodo dell’anno precedente (fonte: Audiweb powered by Nielsen). Il 92% degli intervistati fruisce di film, telefilm e spettacoli sintonizzandosi sulle emittenti “tradizionali”, in chiaro o a pagamento. Questo consumo di base viene però integrato dall’accesso ai contenuti disponibili online. L’89% dichiara infatti di fruire abitualmente di contenuti disponibili su una o più piattaforme digitali”.

Statistiche Native Advertising Italia, dati Nielsen

In merito ai canali in streaming on line, il caso di attualità di Netflix, sta facendo scalpore per la  sperimentazione su campioni randomici di utenti anglofoni dell’inserimento di pubblicità tra un episodio ed un altro. Non si tratta di spot pubblicitari esterni, ma dell’inserimento di trailer promozionali relativi a prodotti Netflix, che vengono casualmente inseriti tra un episodio e un altro di una stagione.

Il dibattito verte proprio su tali contenuti, in quanto l’offerta del colosso è disponibile previo abbonamento e perciò contraddistinta dall’assenza di spot pubblicitari.

Ciò consente di analizzare il concetto di Native advertising.

Nell’ultimo quinquennio infatti si assiste all’esponenziale crescita di un’altra forma pubblicitaria, per la quale il contenuto viene sponsorizzato, promosso e visualizzato all’interno dei contenuti offerti al lettori. La pubblicità nativa ha come caratteristica fondamentale quella di non essere assolutamente interruttiva per gli utenti in quanto il messaggio pubblicitario assume le stesse sembianze del contenuto diventandone parte, con l’obiettivo di catturare l’interesse dei lettori.

Nielsen ha misurato per Outbrain, player attivo nel content discovery, 18 campagne di native advertising lanciate in Italia. Questo tipo di advertising consiste in una serie di formati in cui il contenuto sponsorizzato viene proposto con un taglio giornalistico e impaginato con uno stile grafico in linea con quello della sezione o rubrica del sito che lo ospita. Le piattaforme di content discovery, grazie ad appropriati algoritmi, segnalano tali contenuti ai target selezionati.

Il native advertising si propone quale luogo di accrescimento della conoscenza di prodotti e servizi, ma soprattutto come luogo di rilancio del dialogo con il consumatore da parte della marca.

Le performance dipendono ovviamente dalla qualità dei contenuti proposti, intesa secondo una duplice accezione:

  • sia come qualità formale del contenuto (la sua dimensione “estetica”),
  • sia come qualità informativa (a sua capacità di suscitare interesse nei confronti del consumatore).

Il native advertising è pertanto considerato uno strumento che integra efficacemente le altre forme di advertising generali, la cui vocazione è quella di raggiungere ampie audience, supportando sia i KPI (Key Performance Indicator) di brand, sia il livello della stessa comunicazione pubblicitaria.

Le principali forme di Native Advertising che siamo abituati a vedere ogni giorno sono ad esempio i True View di Youtube, i Tweet sponsorizzati e i post sponsorizzati di Facebook, di cui parleremo nei prossimi articoli.

Per ulteriori approfondimenti sui principali listini pubblicitari:

http://www.raipubblicita.it/listini/

http://www.publitalia.it/listini/homeListini.shtml

http://www.skypubblicita.it