Semantica globale?

Nel concetto di “rivoluzione” che si insediò in modo incisivo nelle culture europee di fine ‘800 è altresì insito il significato di “invenzione, scoperta”, con particolare riferimento alle due rivoluzioni del motore, prima e vapore e poi a scoppio, e di “investimento” secondo parametri economici, metodi matematico-statistici e limiti giuridici. 

Ad iniziare dalla fine della prima guerra mondiale in poi, il mondo ha conosciuto in vari frammenti storici e culturali una progressiva e sempre più incalzante tensione verso il concetto di “globalismo commerciale”, sfociato in modo irrevocabile nel “globalismo di produzione”. Importazione ed esportazione sembrano termini divenuti ormai chiave determinante del successo aziendale, complici di questa “rivoluzione globale” che sta interessando tutte le logiche dei processi politici ed economici dei Paesi industrializzati.

 

Molti analisti del marketing, economi anche di fama mondiale e taluni imprenditori di spicco, tuttavia, hanno recentemente messo in critica il concetto di “global”, ritornando un passo indietro. E’ necessario anzitutto illustrarne il gergo per poterne poi analizzare le logiche:

 

per “globalizzazione” si intende un processo d’interdipendenze economiche, sociali, culturali, politiche e tecnologiche i cui effetti positivi e negativi hanno una rilevanza planetaria, tendendo ad uniformare il commercio, le culture, i costumi e il pensiero. E’ importante stabilire che il termine è un neologismo utilizzato dagli economisti per riferirsi prevalentemente agli aspetti economici delle relazioni fra popoli e aziende multinazionali;

  • aspetti positivi della globalizzazione: la velocità delle comunicazioni, l’opportunità di crescita economica per Paesi a rimasti ai margini dell’economia, la riduzione dei costi per l’utente finale grazie all’incremento della concorrenza su scala internazionale;
  • gli aspetti negativi: la guerra di prezzo nei vari mercati con il depauperamento delle risorse e delle proprietà intellettuali dei beni offerti, la perdita delle identità locali, la riduzione della sovranità nazionale e dell’autonomia delle economie locali, la diminuzione della privacy, nonché il degrado ambientale ed il rischio dell’aumento delle disparità sociali.

Con il termine “glocalizzazione” (o glocalismo), introdotto dal sociologo Zygmunt Bauman per adeguare il panorama della globalizzazione alle realtà locali, così da studiarne meglio le loro relazioni con gli ambienti internazionali, vengono affermate:

  • la creazione o distribuzione di prodotti e servizi ideati per un mercato globale o internazionale, ma modificati in base alle leggi o alla cultura locale;
  • l’uso di tecnologie di comunicazione elettronica, come internet, per fornire servizi locali su base globale o internazionale (a titolo di esempio,Craigslist e Meetup sono esempi di applicazioni web glocalizzate);
  • la creazione di strutture organizzative locali, che operano su culture e bisogni locali, al fine di diventare multinazionali o globali. Questo comportamento è stato seguito da varie aziende e corporation, ad esempio dall’IBM.

Per “localizzazione” (o localismo) in economia è un insieme di filosofie politiche che danno priorità alle realtà locali, sostenendo ad esempio la produzione locale e il consumo locale di beni, il controllo locale del governo, e la promozione della storia, della cultura e dell’identità locale. Il concetto di localizzazione si oppone sostanzialmente al concetto di globalizzazione.

(Def. Wikipedia)

 

Global, glocal, local: tre accezioni economiche che determinano in modo univoco le variabili del marketing aziendale e della comunicazione, con particolare riferimento al target destinatario, come illustreremo in modo più approfondito nei prossimi articoli.

Valutare la qualità

 

La misurazione della qualità di un prodotto (o servizio) è uno degli argomenti più dibattuti nel marketing.

Negli ultimi trent’anni i sono sviluppati una miriade di modelli, spesso poco connessi tra loro.

Una prima distinzione che possa favorire la dialettica su tali valutazioni è nella differenza tra la definizione di

qualità percepita” e quella di “valore percepito”.

Una delle più citate definizioni di “customer statisfaction” è di Rust ed Oliver (1994), secondo i quali la soddisfazione riflette il grado con cui una persona ritiene che un’esperienza gli abbia evocato un’emozione positiva. Per quanto riguarda la “qualità percepita”, essa può definirsi come il giudizio globale del cliente riguardo all’eccellenza  o la superiorità di un prodotto o di un servizio. Essa è quindi frutto di una valutazione soggettiva del cliente e perciò difficilmente indagabile in termini quantistici e predeterminati.

 

La sequenza operativa per la valutazione della qualità oggettiva del design, soprattutto industriale, analizza il processo secondo i seguenti punti:

  • l’individuazione delle esigenze che devono essere soddisfatte dal manufatto. Una preliminare sintesi delle valutazioni aziendali in termini di marketing ed in particolare della mission, della vision e della promise permette di pre-selezionare una ristretta gamma di proposte nel design. La strategia di marketing e l’immagine aziendale rispondono alle necessità del cliente di disporre delle condizioni adeguate allo svolgimento di una determinata attività, per la quale l’azienda offerente si candida a risolutore del problema;
  • la traduzione delle esigenze in termini tecnici, o requisiti. In questa fase avviene la traduzione dell’esigenza in termini architettonici, strutturali, artistici e psicologici;
  • stabilire quali prestazioni debbano offrire le singole parti dell’oggetto per rispondere ai requisiti richiesti. La prestazione, in tal senso, è definita dal comportamento funzionale dell’elemento o dell’unione degli elementi conferita all’azienda di produzione;
  • la scelta dei materiali che posseggano le proprietà necessarie per ottenere le prestazioni desiderate. La ricerca delle caratteristiche che un materiale, o un semilavorato, deve avere affinché il prodotto finito sia conforme ad una determinata prestazione alla quale tende la mission aziendale ed i processi di produzione (tecnologici, meccanici ed umani) a disposizione della stessa. 

Normative e certificazioni chiariscono gli aspetti giuridici dei prodotti commercializzati nei vari mercati.

Dal punto di vista del marketing, la qualità percepita risulta ovviamente più interessante rispetto alla qualità reale del prodotto, in quanto l’assunto dal quale ogni analisi di marketing parte è una citazione di Groth e Dye (1999), secondo cui “la qualità è qualità solo quando è qualità per il cliente”.

Uno degli strumenti del marketing che consente  di valutare e di orientare la strategia al fine di orientare a priori la valutazione della qualità percepita, è il mapping semiotico dei valori di consumo:

Dal mapping semiotico è facile interpretare in parte l’attuale crisi del settore edile, generata da guerre di prezzo in un mercato ampiamente globalizzato nella produzione degli elementi: 

il prodotto ed i manufatti edili, gli impianti e, di conseguenza, le materie prime, le consulenze ed il lavoro da cantiere sono ancora profondamente intaccate dalle dinamiche storiche del valore del “mattone”, inteso come bene strettamente necessario e funzionale, di ordine critico-pratico.

Fortunatamente gli arredi e gli oggetti di design, legati alla storia ed alla percezione internazionale di “alto valore artigianale del Made in Italy”, appartengono all’asse degli aspetti ludici dell’individuo. Per tale motivazione la loro richiesta esula dagli attributi dello scomparto edile.

Innovare il mercato edile significa anche inventare e riscoprire le connotazioni naturali del nostro Bel Paese: le materie prime, gli aspetti estetici e ludici dei manufatti dovranno prevedere un trasferimento della percezione dell’immobile dal quadrante critico all’asse ludica, oppure al valore utopico del bene.

La pubblicità

Informazione, persuasione o segnalazione?

 

In economia la strategia di comunicazione è strettamente legata alla natura del bene che si intende veicolare. Esistono tre tipologie di beni:

  • di ricerca”: beni le cui caratteristiche possono essere accertate dal consumatore prima dell’acquisto. Ne sono un esempio gli articoli per la casa, dalle vettovaglie fino alla biancheria, dove i sensi di vista e tatto, in particolare, possono predeterminarne l’accertamento e di conseguenza l’acquisto;
  • d’esperienza”: beni per i quali le caratteristiche possono essere accertate solo all’atto dell’acquisto. Un buon esempio può essere tratto dal mercato degli arredi e degli imbottiti, per il quale la verifica delle caratteristiche declamate del prodotto passa dal momento della consegna e della quotidianità domestica. 
  • di fiducia”: per questa tipologia di beni le caratteristiche non possono essere accertate nemmeno dopo il loro consumo od acquisto. Ne fanno parte gli immobili fino allo stadio avanzato, che considera anche le finiture quali pavimenti e rivestimenti, ed alcuni articoli dell’impiantistica, sia elettrica che termoidraulica. Per queste categorie merceologiche il cliente può determinare la bontà dell’opera solo con il passare del tempo ed in base alle proprie aspettative pregresse, giacchè le caratteristiche di tali beni promosse in fase commerciale rimangono difficilmente quantificabili in senso oggettivo.

 

A seconda della tipologia del bene, da parte del consumatore finale cambiano radicalmente le dinamiche di percezione del prodotto, del suo prezzo e delle logiche che conducono o meno al suo acquisto. Per tale motivo è indispensabile per le aziende di produzione concentrare le proprie indagini esplorative anzitutto sul bene che intendono immettere o mantenere sul mercato, in seconda battuta sulla natura del messaggio di comunicazione di cui si dovranno avvalere, data l’importante variazione di costo tra pubblicità classica o tabellare Above The Line rispetto alla pianificazione Below The Line (si veda l’articolo “Introduzione alla comunicazione”).

 

Una prima identificazione della linea di comunicazione da ipotizzare è riconducibile alla distinzione tra informazione e segnalazione:

  • la pubblicità informativa descrive l’esistenza del prodotto, le sue caratteristiche e le condizioni di vendita;
  • la pubblicità persuasiva, invece, si propone come obiettivo l’alterazione delle preferenze del consumatore.

La terza tipologia pubblicitaria è caratterizzata da messaggi impliciti:

  • nella segnalazione, infatti, la quantità di messaggi pubblicitari è più importante del contenuti dei messaggi stessi. Non vengono veicolate informazioni specifiche del prodotto, tuttavia possono essere trasmesse in senso indiretto. Il messaggio realmente percepito dall’utente è quindi: “Stiamo spendendo molti soldi per informarvi che stiamo facendo pubblicità!”.

Unendo le classificazioni suddette di beni con la frammentazione delle tre tipologie pubblicitarie, un esempio che permette di comprendere appieno le logiche potrebbe riguardare i beni di esperienza:

  • nel tempo T1 (tempo attuale, presente) un certo numero di nuove varietà di uno stesso genere di prodotto viene lanciato sul mercato. In questo momento i consumatori potenziali sanno che alcuni beni saranno di buona qualità, mentre altri di bassa qualità. Per le scelte di consumo serve quindi una verifica;
  • se un’azienda vende già nel tempo T1, allora la sua qualità sarà nota ai consumers già al tempo T2 (futuro prossimo);
  • in caso contrario regnerà incertezza da parte del target, con conseguente leva al ribasso sul consumo di quel marchio.

 

Nella percezione del consumatore tipo, campagne pubblicitarie pressanti e molto costose determinano l’idea che prodotti di alta qualità si permettono un’alta pressione pubblicitaria (e quindi un alta spesa), mentre prodotti di bassa qualità, che nell’immaginario collettivo dovrebbero peraltro disporre di margini unitari più alti, un’altrettanto bassa spesa in comunicazione.

Il meccanismo psicologico è incentrato sul pensiero che le aziende che vendono prodotti di alta qualità guadagnano dall’indurre i consumatori a provare i loro prodotti poiché pronte alla verifica dell’esperienza post acquisto del bene, mentre per i prodotti di bassa qualità la pubblicità rimane bassa perché non supererebbero il verdetto nell’esperienza diretta dell’acquirente.

 

La conclusione è pertanto che il vantaggio informativo indiretto della pubblicità può essere maggiore del suo costo. Tale considerazione giustifica uno dei punti chiave esaminato nell’articolo “Aspetti fisiologici l’edilizia” sulle dinamiche del Ciclo di vita del settore.

 

Per ulteriori approfondimenti:

“Economia industriale”, di Luis Cabral – Edizioni: Carocci

 

 

 

Fare comunicazione

Comunicare significa letteralmente “mettere in comune” messaggi che esprimono intenzioni, sensazioni, pensieri, sentimenti ed informazioni.

La prima istanza della comunicazione è che esista un emittente ed un destinatario del messaggio, che attivano tra loro una relazione. In questa accezione le “pubbliche relazioni” sono tutte quelle attività che consapevolmente vengono realizzate da un’organizzazione per entrare o rimanere in sinergia con i suoi pubblici influenti.

L’attività di comunicazione, dunque, deve essere consapevole e programmata, trasparente e corretta. Sono ormai tantissimi gli strumenti di comunicazione a disposizione di un’azienda.

 

Una suddivisione logica, utilizzata fino a poco tempo fa, divideva gli strumenti di comunicazione in due grandi categorie, suddivise da una linea: Above The Line e Below The Line.

Sopra la linea (Above the line), le azioni che abbisognano delle operazioni di addizione e sottrazione tra le entrate e le voci di spesa, il profitto lordo che è il risultato dell’attività operativa.

Sotto la linea (Below the line) solitamente vengono poste le spese di bassa entità con scarsa incidenza sul conto economico, le quali possono dunque essere aggiunte in un secondo momento pur non essendo state messe in preventivo.

La attuale necessità delle aziende di integrare piani di azione Above e Below the line ha generato un terzo neologismo, il cosiddetto “Through the line”, che sintetizza tutte le azioni di comunicazione in un “Piano editoriale”, il quale modula i contenuti (“Content strategy”) a seconda degli strumenti e canali adottati, secondo le strategie più opportune a seconda del medium e dei relativi contenuti che vi si vogliono mediare.

 

Il che NON significa dunque spalmare il medesimo argomento lungo tutti i canali di comunicazione a disposizione!

Redigere un piano editoriale significa anzitutto avere svolto analisi aziendale, tenendo presente mission e vision dell’azienda committente, aver inteso correttamente i piani di marketing mix e strategico PRIMA della pianificazione della comunicazione.

 

In seconda battuta la redazione del piano editoriale esige una buona conoscenza di tutti gli strumenti di comunicazione, dei loro utenti e delle modalità di relazione che ognuno di essi attiva. Delle tempistiche impiegate per il loro aggiornamento, dello stile di comunicazione che ognuno prevede, della forma mentis con la quale i messaggi vengono interpretati a seconda della forma di meta comunicazione impiegata, quale semantica, semiotica e linguistica.

Ognuno di questi canali di comunicazione pertanto dovrà essere vagliato scrupolosamente in termini di targettizzazione, velocità, misurabilità, acquisizione di contatti.

 

A tal fine un buon piano editoriale deve prevedere un numero adeguato di strumenti di comunicazione, quantificati e determinati a seconda dei contenuti e delle reali esigenze dell’impresa, favorendone inoltre la cosiddetta “immagine coordinata” sia off che on line.

Di contro all’azienda va ricordato che ogni campagna di comunicazione  incrocia non solo chi è interessato in quel preciso istante all’offerta, bensì soprattutto chi al momento non ha tale esigenza. Per tale motivo un intervento di comunicazione efficace prevede un investimento costante con la finalità di catturare anche l’attenzione di consumatori potenziali anziché, fattore purtroppo assai comune, il mero consumatore reale, che andrà invece fidelizzato.

 

Ulteriori approfondimenti:

nell’immagine di copertina l’agenzia pubblicitaria brasiliana Moma ha creato questi poster dei principali social network di oggi, come sarebbero stati pubblicizzati negli anni ’60 e ’70.   https://momapropaganda.com.br