Emozioni condivise.

Fiducia e condivisione: due aspetti di fondamentali per la gestione del content marketing.

Gli stessi algoritmi dei principali motori di ricerca invitano alla pubblicazione di contenuti altamente condivisibili, contraddistinti da utilità, qualità ed interesse, nonché dal loro grado di emozionalità.

Queste le “regole” per permanere attivamente nel web.

Come definire quindi tali contenuti, soprattutto a scopo pubblicitario ed aziendale?

Anzitutto definendo l’emozione primaria più prossima ai valori che guidano l’identità dell’impresa.

Successivamente gestendo in modo appropriato e frequente le interazioni:

numerose ricerche hanno evidenziato come a determinati contenuti corrispondano dei pattern emozionali, che dipendono dagli argomenti e dalle parole utilizzate.

E’ certo, inoltre, che i partner di conversazione possano influenzare le emozioni e gli argomenti degli altri, soprattutto in considerazione che ad ogni emozione è connesso un vocabolario di riferimento che scatena una o più azioni a seconda del gergo utilizzato.

Ne consegue un approfondimento delle emozioni secondarie: esse sono complesse e hanno bisogno di più elementi esterni o pensieri eterogenei per essere attivate.

Esse si definiscono in:

  • allegria, sentimento di piena e viva soddisfazione dell’animo;
  • speranza, tendenza a ritenere che fenomeni o eventi siano gestibili e controllabili e quindi indirizzabili verso esiti sperati come migliori;
  • perdono, sostituzione delle emozioni negative che seguono un’offesa percepita (es. rabbia, paura) con delle emozioni positive (es. empatia, compassione).
  • Gelosia, stato emotivo che deriva dalla paura di perdere qualcosa che appartiene già al soggetto;
  • invidia, stato emozionale in cui un soggetto sente un forte desiderio di avere ciò che l’altro possiede;
  • offesa, danno morale che si arreca a una persona con atti o con parole;
  • vergogna, reazione emotiva che si prova in conseguenza alla trasgressione di regole sociali.
  • Rimorso, stato di pena o turbamento psicologico sperimentato da chi ritiene di aver tenuto comportamenti o azioni contrari al proprio codice morale;
  • ansia, reazione emotiva dovuta al prefigurarsi di un pericolo ipotetico, futuro e distante;
  • nostalgia, stato di malessere causato da un acuto desiderio di un luogo lontano, di una cosa o di una persona assente o perduta, di una situazione finita che si vorrebbe rivivere;
  • rassegnazione, disposizione d’animo di chi accetta pazientemente un dolore, una sfortuna;
  • delusione, stato d’animo di tristezza provocato dalla constatazione che le aspettative, le speranze coltivate non hanno riscontro nella realtà.

Lo psicologo R. Plutchik arriva quindi a ipotizzare le relazioni fra emozioni rappresentandole con un modello strutturale tridimensionale a forma di cono: 

  • la dimensione verticale rappresenta l’intensità delle emozioni
  • la circonferenza definisce il grado di somiglianza fra emozioni
  • la polarità è rappresentata dalle emozioni opposte nel cerchio.

Il collegamento delle emozioni tra loro si può stabilire sulla base di tre caratteristiche: 

intensità, somiglianza e polarità. 

Uno dei suoi postulati include anche l’idea che alcune emozioni siano primarie e altre siano derivate o miste, nello stesso senso in cui esistono colori primari e colori misti.

Plutchik scrive:“(…) Per molte parole nel lessico delle emozioni, in genere è possibile trovare altre parole che suggeriscono una versione più intensa o più debole di quell’emozione. (…) la maggior parte delle emozioni si collocano in punti diversi lungo dimensioni implicite d’intensità”.

Un secondo punto da sottolineare è che le emozioni variano nella somiglianza reciproca. 

Questa caratteristica è chiaramente evidente nel caso di sinonimi quali paura e spavento (che possono semplicemente riflettere punti vicini lungo la dimensione dell’intensità), ma vale anche per le dimensioni principali. La dimensione di rabbia, per esempio, è più simile alla dimensione di disgusto (antipatia, disprezzo) che alla dimensione di gioia (allegria, entusiasmo). 

In generale, si presume che gli stati emozionali siano sensazioni suscitate da modificazioni immediate di una situazione (per esempio, vincere a una lotteria, essere minacciati, perdere il lavoro), o da modificazioni fisiologiche temporanee (per esempio, avere molta fame, avere un gran mal di testa, farsi massaggiare). 

Una recente ricerca americana (Liu et al., 2017), condotta su 181 studenti universitari tra i 18 e 20 anni, conferma come la pubblicazione di aggiornamenti, tweet e hashtag sui propri profili siano collegati allo stato emotivo del momento

Un’altra ricerca, stavolta condotta da M. Guerini e J. Staiano, ha indagato il rapporto fra la viralità e le emozioni

I risultati sembrano aver accertato che le persone hanno le stesse probabilità di commentare o votare un post a prescindere dall’emozione positiva o negativa che questo può suscitare. 

L’ipotesi è che ciascuna emozione abbia una valenza, sia essa positiva o negativa, un livello di eccitazione, che è elevato per emozioni come la rabbia o basso per emozioni come la tristezza, e dominanza, ovvero il livello di controllo che una persona ha su questa emozione. 

Da una parte si trovano emozioni travolgenti quali la paura, mentre dall’altra abbiamo emozioni che le persone possono scegliere di provare, quali l’ispirazione.  

Guerini e Staiano spiegano che:

  • i post tendono a generare più commenti quando sono associati ad emozioni di eccitazione (quali felicità o rabbia) ed emozioni di impotenza (quali paura e tristezza); 
  • al contrario, le valutazioni sullo stato emotivo trasmesso da un articolo sono più frequenti quando il contenuto è associato ad emozioni che i lettori sentono di poter controllare maggiormente. 

In ultimo, i fondamenti della condivisione, obiettivo del content marketing, si possono così sintetizzare:

  • alla base della condivisione ci sono le emozioni primarie (gioia, fiducia, paura, sorpresa, tristezza, attesa, rabbia e disgusto);
  • per stimolare la condivisione è preferibile utilizzare i termini connessi alle emozioni che si vogliono comunicare (nel titolo, nel corpo del testo, nel copy per la condivisione) e un visual affine;
  • i contenuti positivi solitamente hanno un maggiore grado di influenza sugli altri, pertanto si prestano maggiormente alla condivisione e meno al commento;
  • le persone condividono contenuti utili per rimarcare la propria intelligenza;
  • le persone condividono contenuti interessanti per stringere o rafforzare i propri legami sociali.

Per ulteriori approfondimenti:

Plutchik, R. (2002). Emotions and Life: Perspectives from Psychology, Biology, and and Evolution. Editore Amer Psychological Assn 

Plutchik, R. (1995). Psicologia e biologia delle emozioni. Editore Bollati Boringheri. 

Psicologia del consumo

La psicologia “del consumo”, con l’ausilio delle neuroscienze, si occupano di analizzare i meccanismi psicologici attraverso i quali l’uomo sceglie tra una gamma di proposte sempre più illimitata, tra prodotti in competizione tra loro, nella realtà reale ed in quella virtuale.

Trattando il rapporto tra il comportamento d’acquisto e le motivazioni sottostanti, l’analisi riporta alla dialettica tra conscio ed inconscio, quindi tra aspetti controllati ed aspetti automatici e tra libero arbitrio e necessità di acquisto.
Lo studio del comportamento d’acquisto mette in gioco la rilevanza strategica della psicologia e, più in generale, della scienza della decisione.

 

Le decisioni rischiose sono determinate scegliendo tra alternative con esiti probabili o a lungo termine. Ne è un esempio l’acquisto dell’immobile. La misura del rischio è indicata dalla probabilità necessaria, ovvero da quell’indice di incertezza che si può calcolare in maniera corretta (nell’esempio dell’immobile, il tempo e l’importo di un mutuo agevola la definizione suddetta). In questi casi il rischio viene espresso dalla misura dell’incertezza, denominata “probabilità frequentistica”. Questa nozione di probabilità si basa sull’assunto che i processi che si sono manifestati in passato continueranno a manifestarsi nel futuro (ad esempio la fluttuazione dei tassi bancari ed i periodi storici del mercato immobiliare). Più il decisore nelle precedenti esperienze ha classificato in diverse categorie le situazioni da affrontare, maggiori saranno gli automatismi osservati nella decisione, i quali garantiscono un risparmio di risorse cognitive e di tempo nel prendere una decisione.

Emozioni in tempesta - foto di Jean Pierre Brungs

Sono note inoltre alcune strategie nel consumo razionale, quale ad esempio la “regola congiuntiva”, per la quale ad ogni attributo del prodotto o servizio desiderato viene attribuito un valore e fissato un limite di soglia per il rifiuto dell’offerta, o la strategia dell”eliminazione per aspetti”, per cui vengono eliminate tutte quelle alternative che non contengono quell’aspetto. Altre tattiche cognitive sono l’euristica, la procedura per esclusione e la focalizzazione, il principio di massimizzazione dell’utilità attesa e la regola della somma.

Anche le emozioni tuttavia hanno un ruolo paritario di primo piano nei processi d’acquisto:

possono favorire una semplificazione del dilemma, scartando le alternative che provocano qualche stato di malessere o che non rappresentano il massimo della felicità desiderata.

In secondo luogo le emozioni accompagnano ed influenzano ogni momento del processo decisionale; anche post acquisto, nella considerazione che la scelta effettuata procuri o meno piacere.

(Testo di approfondimento: R. Rumiati, Decidere – Ed. Il Mulino)

Il viaggio dei valori

 

Nel numero 1164-5-6 anno 23 del settimanale Internazionale, questa volta dedicato ai viaggi, Giovanni De Mauro illustra argutamente nel sommario il concetto di “pianificazione”, intesa come “l’obbligo a prefigurare, anticipare, immaginare, fantasticare ciò che di buono e di bello ci si aspetta”, citando Mark Twain, che diceva: “Il viaggio è fatale al pregiudizio, al bigottismo ed alla ristrettezza mentale (…)”.

 

In merito alle tematiche del pregiudizio “geografico” è noto un articolo di Teju Cole, fotografo e scrittore statunitense di origine nigeriana, che sul The New York Times Magazine descrive la propria esperienza di un recente viaggio in Svizzera traendo spunto dall’opinione condivisa secondo la quale “la Svizzera evoca in ognuno di noi una serie di facili associazioni mentali (…) quali i paesaggi da cartolina, il segreto bancario e la puntualità dei treni”. Per gli stessi motivi sono di facile associazione iconica Londra con il suo parlamento ed una cabina telefonica rossa, Parigi con la Tour Eiffel, di Rio De Janeiro la statua del Cristo Redentore. Le metonimie riducono il Kenya al safari, la Norvegia ai fiordi e la Svizzera alle montagne.

Tuttavia il pregiudizio è considerato nella psicologia del consumo come il primo fattore di scelta dell’uomo, perlopiù nella attuale società occidentale ed industrializzata.

Per chi ci abita da sempre, il nostro Paese, l’Italia, è indefinibile, data la variegata cultura geografica, storica, letteraria e soprattutto artistica. Ma nel panorama globale il nostro Stato fu definito dal periodo del rinascimento e del barocco come culla della cultura artistica, esattamente nello stesso momento in cui molti artisti dell’Europa del nord attraversavano i confini montani per giungere a Venezia e Roma e tornavano a casa estasiati e pregni del vissuto che avevano sperimentato nell’arte nostrana.

 

Nel suo articolo Teju Cole analizza la comune esperienza del viaggio anche in senso storico: dal 1861 in Svizzera con l’avvento della stampa e delle guide, “l’intrepido viaggiatore poteva muoversi in terre straniere senza bisogno di persone al seguito o di contatti sul posto. (…) I viaggiatori tendono ad andare dove altri sono stati prima di loro, e forse è anche per questo motivo che la fotografia di viaggio rimane relegata all’ordinario. Se si visitano Zurigo, Città del Capo o Bangkok si scopre che sono molto simili: tra i parchi di divertimenti ci sono somiglianze impressionanti, nei caffè si suona la stessa musica, i centri commerciali sono intercambiabili, i bambini sugli scuolabus si somigliano tutti e gli interni delle case (suddivisi per classe sociale)  rispettano tutti gli stessi standard”.

 

Da queste premesse la nostra analisi tende a ri-cercare le chiavi di lettura dei fattori sociali, economici, politici e strutturali italiani più attuali al fine di ridefinire l’identità valoriale che potrebbe costituire un nuovo punto di partenza dal quale innovare la proposta Made in Italy nell’architettura della nostra ormai passata “Dolce Vita”.

Il galateo antico

Il galateo antico esimeva dalle regole medioevali di comunicazione i dettami del comportamento a tavola; esso rappresentava una griglia filosofica senza tempo per la ricerca della felicità, determinante, come vedremo in altri articoli, per la psicologia dell’individuo.

Da Platone (La repubblica) ad Aristotele (La politica; Etica nicomachea), fino a Kant, molti pensatori, poeti ed artisti si sono interrogati intorno a cosa sia degno per l’uomo. Alcune grandi parole ci hanno accompagnati lungo la storia (felicità, verità, giustizia, saggezza, fortezza, temperanza …), ed hanno condizionato tutto l’agire umano.

Anche se le risposte sembrano oggi evanescenti, tuttavia abbiamo sempre avuto un’idea, una tendenza, elaborata in forma di concetti (mente), parole (suoni), segni (scrittura, affreschi, sculture), doni, comandamenti, massime.

Dante Alighieri - Domenico di Michelino

Le virtù cardinali professate dal galateo antico erano così riconosciute ed espresse:

Giustizia

(morale, senso civico)

Saggezza

(prudenza, sapienza)

Fortezza

(coraggio, magnanimità)

Temperanza

(moderazione, disciplina)

Beneficienza, solidarietà, dare a ciascuno il suo, generosità, sincerità, bontà, onestà, liberalità, socievolezza. Conoscenza, intelletto, verità, sapienza (cose di dio), scienza (cose umane), ben deliberare, conoscenza eccelsa. Saldezza, spirito sublime, animo invitto, fermezza, abnegazione, costanza. Moderazione, modestia, compostezza, contegno, continenza, misura, moderatezza, rispetto regola.

Prerogativa dell’Anima

Anima razionale

Anima emotiva

Anima concupiscente

A queste si aggiungono le virtù teologali come la fede, la speranza, la carità, la pace e la libertà.

 

Sull’altro fronte, rispetto alle virtù, si collocano i vizi. La separazione netta fra virtù e vizio considera che in contrapposizione a ciascuna virtù ci siano uno o più vizi. Sembra che gli antichi fossero più attenti allo studio delle virtù, interpretando i vizi come la negazione della virtù, secondo una visione speculare e contrapposta (Aristotele).

Superbia

Avarizia

Lussuria

Invidia

Gola

Ira

Accidia

Con l’avvento della scolastica i vizi vengono esaminati dettagliatamente, in relazione al peccato, ed assumono una propria autonomia ed una differenziazione rispetto alla semplice negazione delle virtù.

Vengono pertanto aggiunti i vizi di vanagloria, crudeltà, discordia, tirannide, cupidigia e negligenza.

Se le virtù portano l’uomo alla felicità, per contrapposizione i vizi assegnano l’essere umano all’infelicità.


A tale dialettica filosofica verrà demandato il compito di delineare e contribuire alla semantica ed alla semiotica del linguaggio l’assegnazione di segni e costrutti che possano eticamente informare ed indirizzare il potenziale consumatore a scelte felici (vd. articolo di “Introduzione alla psicologia del consumo”).

(In tributo al mio professore di estimo, con stima, B. Gretter).