Responsabilità tecnologica

Tecnologie sottorranee nel 1955
Inaugurazione della metropolitana, Roma – 1955

Verrà un giorno, e non è molto lontano, in cui potremo concludere affari, studiare, conoscere il mondo e le sue culture, assistere a importanti spettacoli, stringere amicizie, visitare i negozi del quartiere e mostrare fotografie a parenti lontani, tutto senza muoverci dalla scrivania o dalla poltrona.

Bill Gates

Gli scenari che si sono aperti nel mondo della tecnologia con l’avvento della #BUL, ovvero Banda Ultra Larga, sono spesso sottovalutati e non vengono presi in considerazione gli aspetti che essa porta a beneficio del nostro lavoro, del modo che abbiamo di svolgerlo e della sostenibilità dello stesso.

Da quanto tempo abbiamo nelle nostre teste la parola Cloud? E da quanto tempo stiamo provando a utilizzarlo con insuccesso? Probabilmente da tanto e troppe sono state le delusioni nello scoprire che questa tecnologia, spesso è risultata acerba. Lo stato di “inutilizzabilità”, però, non è stata solo colpa della pioneristica avventura nel mondo della nuvola ma spesso è o è stata data dalla mancanza di infrastrutture. I sogni visionari di Bill Gates si sono avverati solo grazie al raggiungimento di un livello di connettività tale da rendere realmente fruibile la condivisione dei dati, non solo in ottica social, ma anche in ottica aziendale: esempio agli occhi di tutti oggi è lo smart working.

E’ pronta un’azienda per adottare questo strumento? Il bisogno di un’analisi dell’infrastruttura informatica è ovviamente doverosa, al fine di garantire il corretto metodo di utilizzo, di fruizione e soprattutto la protezione dei dati che vengono veicolati attraverso i canali utilizzati.

E’ pronto l’utente por poter entrare in questo metodo di lavoro? Purtroppo spesso la risposta è no. Non ci siamo fatti trovare pronti, culturalmente parlando, per adottare il lavoro agile. Certo, le recenti vicissitudini hanno obbligato molti datori di lavoro ad adottare questa tipologia di svolgimento dell’attività lavorativa che è anche un potentissimo strumento sia in ottica di sostenibilità che di welfare aziendale, ahimè obbligato come unica soluzione nonché alternativa.

Poter usufruire dei propri dati, siano essi documenti, disegni, progetti, non solo trovandosi in ufficio ma anche “da remoto”, come può per esempio essere “il cantiere”, consultando un disegno che l’utente ha elaborato in ufficio o “da casa”, piuttosto che la possibilità di interconnettere due sedi fisicamente separate, è solo ed esclusivamente possibile grazie alla larghezza di banda che oggi, finalmente, abbiamo a disposizione.

La speranza che questo metodo, entrato forse nel modo sbagliato negli uffici delle aziende e nelle case dei lavoratori, continui a trovare utilizzo e terreno fertile per essere applicato in tutte le sue declinazioni, è forse uno dei grande auspici che può aiutare a pensare in maniera positiva al metodo di lavoro che ci attenderà quando il triste momento in cui ci troviamo ora, sarà finito.

Ringraziamo per la collaborazione nella stesura di questo articolo, il Per. R. Postinghel, di Right Plan.

Quarta dimensione

La ricerca dedicata al design intende dare importanza ai valori dell’impostazione filosofica della fenomenologia, a riconoscimento dell’intenzionalità con la quale la coscienza conduce alla nozione di una “spazialità umana”, non geometrica ma vissuta, che non può essere esplorata al di fuori del rapporto costitutivo con il mondo.

La prossemica vuole essere una semiologia dello spazio in quanto individua in esso un vero e proprio canale di comunicazione e, nei modi differenti del suo essere organizzato, scopre una serie di messaggi interpretabili con un codice antropologico che, stabilendo regole di equivalenza tra significanti e significati, attribuisce alle varie distanze un diverso valore semantico, sul quale influiscono determinate condizioni di ordine etnologico e psicosociologico. In questo senso si può sostenere che la prossemica riconosce, accanto alle tre note dimensioni dello spazio, l’esistenza di una quarta dimensione di natura culturale (Cit.: Umberto Eco, 1996).

Umberto Eco - foto di Alessio Jacona

Il mapping semiotico degli oggetti aiuta a definire la trama del racconto del prodotto di marca (Brand), secondo quattro tipologie di genere:
Missione: la convergenza dei valori critici e utopici porta alla volontà di superare il presente, di proiettarsi nel futuro, di andare verso il nuovo;
Progetto: mantiene la dimensione volontaristica della missione, ma il precedente impegno collettivo è sostituito dalla ricerca individuale di emozioni;
Euforia: sono i discorsi positivi, rassicuranti. L’euforia contraddistingue le marche che si focalizzano su qualità intrinseche dei loro prodotti e che divertono con l’effetto sorpresa;
Informazione: discorsi legati alla qualità prodotti proposti; solitamente vi si posizionano marche con grandi reti distributive.

Il definirsi della psicologia del consumo e della percezione (degli oggetti) rappresenta le basi dalle quali verrà assunta l’analisi del Made in Italy attuale, con l’obiettivo condiviso di creare una nuova identità, autenticamente innovata.

Open Space: sì o no?

Gli edifici aziendali sono il risultato di un compromesso tra i bisogni effettivi di un’organizzazione e le caratteristiche funzionali degli spazi. Il successo di questo compromesso dipende da una corretta considerazione delle relazioni tra: le attività lavorative nel quotidiano, le risorse umane  e l’ambiente.

Il modo di lavorare è differente per ogni organizzazione e questo dipende ovviamente dalle attività, dal settore, ecc. però è innegabile il fatto che molto spesso nel corso degli anni gli spazi rimangono e vengono considerati sempre nella stessa modalità con cui erano stati progettati inizialmente, a prescindere dalle diverse culture d’impresa, a prescindere dai cambiamenti nel tempo nelle modalità di lavoro, ecc.

La relazione tra l’ambiente di lavoro e il comportamento delle risorse umane appartiene alla tradizione scientifica della psicologia sociale e ambientale, ma in tempi recenti ha indotto a ulteriori approfondimenti e indagini, dettate per esempio dalle imposizioni legislative in tema di sicurezza, dalla crescente consapevolezza e conoscenza da parte dei propri collaboratori in tema di comfort ambientale, dalla crescente ricerca della produttività da parte delle organizzazioni. A tutto ciò inoltre si aggiunge anche l’approccio organizzato del facility management.

Questi elementi inducono in qualche modo a dover soffermarci per fare un approfondimento sul tema della RELAZIONE INDIVIDUO-AMBIENTE-COMPORTAMENTO, che va al di là delle proprietà fisiche del luogo, ma che invece abbraccia ambiti psicologici e comportamentali. 

Il tema diventa dunque complesso, perché da un lato include concetti fisici e psicologici, ma dall’altro necessita di una forte attenzione sul tema gestionale.

La risposta alle esigenze di FLESSIBILITÀ’ e RAZIONALITÀ’ nell’utilizzo degli spazi, ha portato alla diffusione di SOLUZIONI OPEN SPACE all’interno delle organizzazioni, orientate alla CONDIVISIONE e alla COLLABORAZIONE. 

Infatti, per diversi motivi, la collaborazione tra le persone è diventata il PRINCIPALE MOTORE DI PROGRESSO e INNOVAZIONE. 

Gli Open Space portano con sé aspetti positivi, ma anche negativi, come per esempio un eccesso di interazione e l’assenza di privacy pagano un pesante tributo in termini di creatività, produttività, coinvolgimento e benessere dei lavoratori. La mancanza di privacy è uno dei più frequenti motivi di insoddisfazione delle persone, anche a seguito del sempre più diffuso ricorso all’open space per l’organizzazione dello spazio. 

A priori non è possibile dire se gli ambienti Open Space siano negati o meno all’interno della propria realtà organizzativa, per poter favorire ambienti produttivi e performanti, nonché attrattivi per le proprie risorse umane. E’ sempre necessario effettuare una valutazione strategica che possa indicare la strada da seguire per “perfezionare le modalità di collaborazione”.

Le organizzazioni non sono tutte uguali, ognuna ha le proprie peculiarità e caratteristiche e sulla base di questo sarà  necessario creare spazi in cui le persone si sentono a proprio agio nella modalità di lavoro, condivisa e non. 

Nel mondo del lavoro la correlazione tra relazioni umane e performance è sempre attivo e il ragionamento su come strategicamente disegnare gli spazi aziendali è d’obbligo se si vuole sviluppare il proprio business aziendale. 

OPEN SPACE o UFFICI SINGOLI? POSTI ASSEGNATI o POSTI FLESSIBILI?

OPEN SPACE & POSTI ASSEGNATI:

Efficienza nel lavoro di gruppo 

Produttività nel team

Focalizzazione sul lavoro di gruppo

Sviluppo di progetti

OPEN SPACE & POSTI FLESSIBILI

Scambio e interazione

Serbatoio di idee

Creatività

Contaminazione

Maggiore innovazione

UFFICI SINGOLI & POSTI ASSEGNATI

Produttività individuale

Concentrazione

Rispetto dei tempi

Focalizzazione sui compiti

UFFICI SINGOLI & POSTI FLESSIBILI

Sviluppo e creazione di prototipi

Creatività 

Brainstorming

A differenze dei classici spazi aziendali, gli Open Space nascono soprattutto con l’obiettivo di favorire CONDIVISIONE, COLLABORAZIONE e SCAMBIO DI IDEE. 

E allora … 

perchè SI agli OPEN SPACE?

E’ più facile percepire la vicinanza dei propri colleghi costruendo integrazione, pur mantenendo ruoli e responsabilità, destrutturando gerarchie e aumentando la motivazione.

Possibilità di scambio tra team di lavoro diversi. Competenze, attività, esperienze di differenti comparti aziendali diventano un valore condiviso.

Prossimità e condivisione dello spazio favoriscono l’interazione e la socializzazione tra le persone.

Apertura degli spazi = aumento del senso di fluidità e dinamismo, le comunicazioni sono facilitate, le informazioni e le idee circolano più velocemente;

perchè NO agli OPEN SPACE?

Assenza o scarsissima protezione della privacy

Sovraccarico sensoriale: la condivisione dello spazio sottopone le persone a continui stimoli sonori e visivi

Difficoltà di concentrazione, facilità a perdere tempo e aumento dello stress

Possibilità di attriti, le mura separano ma a volte possono svolgere un ruolo di protezione e mediazione tra le persone.

A prescindere però dalla tipologia di spazio strutturato in azienda, una cosa è certa: la condizione che influenza significativamente il COINVOLGIMENTO e l’IMPEGNO delle proprie risorse umane e, quindi di conseguenza, il loro livello di SODDISFAZIONE per il proprio posto di lavoro e l’ATTACCAMENTO alla propria azienda è a volte legato, non tanto alla tipologia di spazio, ma alla mancanza di poter scegliere la modalità di lavoro, volta a trasmettere SERENITÀ’ e CONCENTRAZIONE ottimale.

Architettura?

«Beh, se mi posso permettere, spesso il termine utopia è la maniera più comoda per liquidare quello che non si ha voglia, capacità o coraggio di fare. Un sogno sembra un sogno fino a quando non si comincia a lavorarci. E allora può diventare qualcosa di infinitamente più grande». Adriano Olivetti

Ergo… se l’idea fosse venuta ad un comune mortale, gli avrebbero detto che “non si può fare”. Fortunatamente una visione contro-corrente, un pensiero creativo fuori dagli schemi, è finalmente passato dal cuore dell’Italia.

Come il genio creativo si vuole passi dal design, è soprattutto in un progetto architettonico che la fonte di ispirazione non deve derivare dall’idea del progettista, bensì dal credo della persona che ne verrà ospitata.

Nell’articolo di marketing “Momenti: prospettive” si è rimarcato il ruolo fondamentale e strategico di una cultura aziendale innovativa ed efficace. 

Parimenti è insito nel ruolo del buon progettista delineare le prospettive architettoniche nel rispetto della filosofia dell’impresa, come insegnano le esperienze di alcune aziende che si sono distinte sul panorama internazionale anche per merito degli edifici che le ospitano.

Il Kerakoll GreenLab ha una derivazione ingegneristica e stilistica tratta dai valori sui quali si fondano l’azienda stessa assieme alle caratteristiche del territorio, “ove affiorano le Salse di Nirano, caratteristiche formazioni collinari della zona, e rimanda alla memoria storica dei forni per la produzione della calce”.

Esso è divenuto presto un esempio di design italiano contemporaneo e di integrazione edificio/impianto. Un luogo avveniristico dedicato alla ricerca e allo sviluppo tecnologico nel campo dei materiali naturali da costruzione. Costruito in linea con la vision del gruppo di innovazione, di sostenibilità e di eccellenza architettonica, il laboratorio è la sintesi perfetta di sei temi strategici fondamentali, coniuga la riduzione dell’impatto di CO2 e di altri inquinanti indoor, attraverso lo sviluppo di materiali naturali alternativi al cemento, nell’attenzione alla sismicità che soprattutto negli ultimi anni ha investito la zona, promuovendo lo sviluppo di soluzioni per l’isolamento termico e l’efficienza energetica.

Tecnologia e natura si esprimono in un guscio asimmetrico che prende forma dalla terra e dalle acque sotterranee sospinte verso l’alto dai gas che lo perforano, elementi che simbolicamente si ritrovano nelle pareti massive e nella copertura leggera rivestita in trencadis di ceramica bianca, che appare sospesa e fluttuante. 

Le soluzioni progettuali che hanno portato il GreenLab ad essere una delle costruzioni più innovative in Europa sono state rivolate a Materiali Sani e Naturali, Efficienza Energetica, Fotovoltaico e Building Automation, Gestione delle Acque, Bioclimatica e Illuminazione Naturale.

In sintesi, con una citazione di Steve Jobs,

«design è una parola divertente. Alcune persone pensano che il design significhi come una cosa appare. Ma naturalmente, se si scava più profondamente, significa in realtà come quella cosa funziona».